Una delle prime cose che si imparano in inglese è che ci sono due parole per casa: “house” e “home”.
L’Enciclopedia Britannica ci spiega la differenza, e la necessità linguistica nell’avere i due termini. House è fondamentalmente la struttura fisica in cui uno vive, dal tugurio alla reggia. Home è il posto in cui vive l’anima di una persona, spesso il posto in cui si è nati od in cui si è vissuti da piccoli. In questa distinzione linguistica si legge una cultura anglosassone che anticipa i frequenti spostamenti delle persone, dovuti ai casi della vita, allo studio, al lavoro, ai matrimoni, e li adotta nella lingua e quindi nel pensiero.
Più House che Home
Questa cultura anglosassone, oggi fortemente americana, valorizza il concetto di house rispetto a quello di home, e così facendo appoggia una cultura di spostamenti e di anti-radicamento delle persone. Di perdita delle anime, nell’acquisto delle cose.
House la puoi comprare. L’ Home… non è in vendita
È un qualcosa di cui parlo spesso con amici immigrati, non solo italiani. Tutti necessitiamo di una house naturalmente. Eppure, tutti agogniamo ad essere e sentirci home. La struttura vale meno. Il sentimento vale di più. Io, che sono in America da quarant’anni, ho la fortuna di essere spesso in Italia, dove tra l’altro ho tenuto la casa dei nonni in un borgo delle valli piacentine. E oggi, passeggiando in paese, riflettevo su queste due parole, e sul senso profondo di casa. Aria di casa. Il dialetto nell’aria. I paesaggi. Certi profumi. Un angolo conosciuto. Ricordi di persone e momenti. Una voce nota che ti chiama. E finalmente ho capito. House la puoi comprare. Home è nel cuore, e non è in vendita.
Antonio Valla