I cecchini salirono alla ribalta della cronaca nel corso della guerra nella ex Jugoslavia, in particolare durante l’assedio di Sarajevo, in Bosnia, il più lungo della storia, protrattosi dal 5 aprile del 1992 al 29 febbraio del 1996. Dai tetti dei grattacieli all’entrata della città e dalle colline circostanti, uomini armati di fucili Dragunoff miravano alle persone che entravano nel loro mirino e le uccidevano.

Non è stato diverso, forse lo è ancora, nella attuale guerra in Siria. Azad Cudi, un curdo iraniano, racconta la sua esperienza di cecchino in un libro “Nel mirino”, edito da Longanesi, che, dal mirino del proprio fucile, in questo caso un M16, e partendo dalla resistenza di Kobane all’assedio dell’Isis, allarga lo sguardo all’intera situazione siriana, ma con forti riferimenti alla più generale situazione politica nello scacchiere mediorientale.

Emblematica la storia personale dello stesso Azad Cudi. Nato e cresciuto in Iran, di etnia curda, ai confini con la Turchia, seguace di Abdullah Öcalan, sognatore come lui di un “Kurdistan libero, progressista e illuminato”, convinto che “milioni nel mondo seguiranno il nostro esempio, suonando la campana della libertà così forte da farne riecheggiare il suono nei secoli”, a diciannove anni era scappato in Inghilterra per sottrarsi alla leva nell’esercito iraniano. Nel 2014, di fronte  all’avanzare dell’Isis in medioriente, decise di opporsi al pericolo che questa organizzazione fanaticamente integralista rappresentava per tutta la regione, arruolandosi nel movimento di resistenza curdo, agli ordini, in un primo momento del generale Medya, una donna, “una veterana sulla trentina con alle spalle oltre un decennio di combattimenti” che così descrive: “Andava in battaglia con i lunghi capelli neri legati in una coda di cavallo e un fazzoletto verde abbassato sopra l’unico occhio azzurro”. Spiegherà poi come tra i curdi, almeno quelli che si rifanno a Öcalan, non c’è distinzione gerarchica tra uomini e donne, seppur combattendo in unità separate la YPI (Yekîneyên Parastina Jin) per le donne e YPG (Yekîneyên Parastina Gel) per gli uomini.

La prima operazione, compiuta con una squadra di quattro uomini e una donna, che impareremo a conoscere (oltre ad Azad stesso, Hayri, Herdem, Yildiz e Nasrin) sarà quella di conquistare la cima di una collina dalla quale aprire la strada poi agli altri compagni. Così fanno. E il compito da lassù è, semplicemente, quello di far fuori, uno ad uno, con operazioni di cecchinaggio, i nemici.

Il racconto di Azad Cudi è agghiacciante per il cinismo che ne emerge, quando descrive la sua prima vittima delle oltre duecento che egli farà nella sua carriera di cecchino. Dall’alto della collina vedono accampati quattro nemici. Non sa chi siano, naturalmente, ma può distinguerli dalla loro figura fisica. Li osserva parlare e Azad capisce che quello alto e magro, che dentro di lui chiamerà il Secco, è il capo (gli altri saranno lo Spilungone, il Medio e Tunica lunga). Leggiamo: “Cinquecentocinquanta metri sono una distanza ravvicinata per un cecchino, e non avevo bisogno di correggere il tiro per il vento. Con una pallottola che viaggia a 762 metri al secondo, il colpo avrebbe centrato il Secco tre quarti di secondo dopo essere fuoriuscito dalla volata. Anche il grilletto di un M16 è molto sensibile: basta tenderlo e spari. Mirai alla testa del Secco. Il calcio mi rinculò sulla spalla. Attraverso il mirino vidi la testa scattare all’indietro e le gambe aprirsi. Poi, come se fosse un palloncino scoppiato, il corpo si sgonfiò e ricadde inerte contro una roccia con la testa appoggiata al petto. Passai agli altri tre.”

Il libro è il resoconto fedele di questi omicidi, seppur, a capitoli alternati, accompagnato al racconto di altri momenti, autobiografici, famigliari, politici, geopolitici, anche della sue esperienza in Inghilterra. Emerge però anche come questa freddezza sia figlia di un lungo lavoro di preparazione dentro se stessi per trovare “risolutezza e concentrazione” al fine di un sempre maggiore adattamento alla vita e alla morte. Molta parte del libro è dedicata alla difesa di Kobane, forse la pagina più famosa della guerra in Siria, della quale sia la bella copertina del libro che un inserto al centro dello stesso, mostra significative fotografie scattate dall’autore nella città contesa.

Diego Zandel

Azad Cudi, Nel mirino, Longanesi, pag. 303, €.19,00

 

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