Julian Sinanaj salì alle cronache nel 2014, quando venne arrestato a causa di una soffiata che avrebbe interrotto la sua lunga attività di killer su commissione, tanto spietata quanto condotta con incredibile discrezione. Il giovane, fino al momento del suo arresto, non aveva nessuna pendenza a carico, neppure una multa per eccesso di velocità o reati minori di altro genere, tanto stava attento a non dare nell’occhio con atteggiamenti che potessero tradirlo. Se guardiamo le immagini dei telegiornali albanesi, visibili su You Tube, che lo riprendono al momento del suo arresto e del processo, scopriamo nell’uomo ammanettato attorniato da un nugolo di poliziotti un giovane con la faccia del bravo ragazzo senza troppi grilli per la testa.
In realtà dovrà rispondere di almeno 35 omicidi (ma si suppone che ne siano altri ancora da addebitargli).
È la storia di un giovane che, da piccolo delinquente che era, viene instradato alla professione di sicario. Andrea Galli, già autore di storie di mafia, ne fa una ricostruzione avvincente, da quando, poco più che bambino, in un’Albania dilaniata dalla guerra civile seguita alla morte di Enver Hoxha, fugge con l’odiato padre in Grecia, dove raggiunge Salonicco. Qui si stacca dal padre per vivere di espedienti e piccoli crimini con un amico. Un colpo in particolare che i due effettueranno metterà in allarme la banda di georgiani che controlla Salonicco e che da quel momento in poi li terrà d’occhio, in particolare Julian, che sarà avvicinato a modo loro (una scarica di botte per fargli capire chi comanda in città) subito dopo la morte dell’amico per overdose e la vendetta di Julian che non ha esitato a uccidere il pusher che gli aveva venduto la droga.
Poco dopo, eccolo davanti al boss della banda, un vecchio chiamato il “Reduce” perché sopravvissuto a un attentato che lo aveva fatto finire in una discarica, dove una povera donna con i figli, in cerca tra le immondizie di cibo, lo aveva trovato riportandolo in vita (la famigliola, per riconoscenza, sarà sistemata in un bel appartamento con una rendita a vita). Il “Reduce” gli spiegherà la sua filosofia, affidandolo poi alle mani di un istruttore, Ioseb, che gli si affezionerà come un padre, un uomo mutilato negli arti per gli scoppi di alcune bombe, che gli insegnerà l’uso delle armi e degli esplosivi, dei quali Julian diventerà ben presto maestro.
Poi, il battesimo del fuoco, una bomba al Tribunale di Salonicco, per conto di una banda di estremisti di sinistra, la “cospirazione delle cellule di fuoco”, figli di papà (“ragazzi scemi” li definirà) che non volevano sporcarsi le mani né rischiare di essere presi. L’attentato però non avrà luogo per una soffiata dei terroristi stessi che faranno ritrovare l’esplosivo. Ma Julian intanto era riuscito a piazzarlo. Nessuno però, in questo, come in tutti gli altri casi di omicidio lo aveva riconosciuto, proprio in ragione della sua ricercata anonimità. Non solo, per restare sempre lucido e pronto ad ogni evenienza, fin dall’inizio aveva rinunciato a bere alcol, al fumo, a tutti i tipi di droga, in maniera talmente rigida da contrastare con la propensione agli eccessi dei georgiani (un aspetto, questo, che lo assimila al serbo Željko Ražnatović, meglio conosciuto con il soprannome di Comandante Arkan, come lui fregandosene della supposta virilità che l’uomo balcanico esibirebbe bevendo e dandosi agli eccessi). Tra l’altro stava sempre sul chi va là. Anche con la fidanzata, che nulla sapeva della sua attività, della quale in sua assenza controllava, nel caso l’avessero intercettata, la borsetta, il telefonino con l’ordine di non chiamarlo mai, la casa, la cui porta era collegata a un esplosivo di sicurezza che avrebbe ucciso gli incauti poliziotti che avessero voluto procedere a un’eventuale incursione.
A un certo momento però, nonostante tutto, l’arresto. Quell’unica volta che a lui, sicario solitario, hanno affidato un uomo che gli avrebbe coperto le spalle.
Diego Zandel
Andrea Galli, Sicario, Rizzoli, pag. 392, €. 19,00
Nella foto, Julian Sinanaj in tribunale