La situazione geopolitica di Israele e Paesi arabi del Vicino Oriente si è complicata recentemente per l’acuirsi della tensione fra di loro a causa del destino della Cisgiordania, all’attenzione anche dei Governi degli Stati Uniti, dell’Egitto e del Qatar. Particolarmente incerto appare infatti il destino di questo territorio, le cui drammatiche vicende meritano pertanto una pur sommaria rivisitazione.

Lunga 583 km e larga (nel suo massimo punto) 14, la Cisgiordania conta oggi circa 3 milioni di abitanti e confina a nord, sud e ovest con Israele e a est con la Giordania e il Mar Morto, senza alcun sbocco al Mar Mediterraneo. Città principali sono Jenin, Tulkarem, Kalkiyya, Nablus , Betlemme e Hebron. Capitale formale è Gerusalemme, ma di fatto, è Ramallah, sede del Governo dell’Autorità Nazionale Palestinese (A.N.P.) sotto la presidenza di Mahmud Abbas alias Abu Mazen. Storicamente le Cisgiordania aveva fatto parte ,dal V secolo d.C., dell’Impero bizantino ed era passata sotto gli Assiri, i Babilonesi, i Persiani, i Greci e i Romani nell’VIII e IX secolo e sotto i Crociati tra l’XI e il XIII, sino a che fu assorbita, nel 1299, dall’Impero ottomano come parte della Palestina, Provincia della Siria.

Sotto quest’ultima dominazione la Cisgiordania rimase sino alla dissoluzione dell’Impero ottomano avvenuta con la sua sconfitta al termine (1918) della Prima guerra mondiale. A seguito di quanto successivamente stabilito nella Conferenza di Sanremo (aprile 1920) e nel Trattato didi Sèvres (agosto 1920) sulla spartizone dell’Impero ottomano tra le Nazioni vincitrici ( Impero britannico, Francia, Impero russo), la Società delle Nazioni affidò alla Gran Bretagna il “Mandato di governo” sulla Palestina , di cui la Cisgiordania faceva parte. Una imponente migrazione di ebrei ebbe inizio in quella zona dal 1930, con conseguenti frequenti scontri armati con gli arabi ivi residenti.

Nel novembre 1947 la Commissione O.N.U. (subentrata nel 1945 alla Società delle Nazioni nella spartizione dell’Impero ottomano) propose, con la Soluzione 181, la divisione della Palestina in due Stati, uno arabo e uno ebraico, ma la proposta non fu accettata dagli arabi e gli scontri continuarono. Quando, il 14/5/1948, ebbe termine il Mandato britannico sulla Palestina , il Capo della Organizzazione Sionistica Mondiale David Ben Gurion proclamò subito la nascita dello “Stato di Israele” nei confini stabiliti dall’O.N.U. nel 1947, scatenando la ribellione armata degli arabi contro gli ebrei (Prima guerra arabo – israeliana). Nel corso e in seguito di questo conflitto – vinto agli israeliani – la Cisgiordania passò, con l’armistizio di Rodi (24/2/1949) , sotto il governo dell’Emiro della Transgiordania Abdullah I e, l’anno dopo, fu annessa al neoformato Regno arabo di Giordania con lo stesso Abdullah I come sovrano.

La Cisgiordania venne successivamente occupata da Israele nel giugno 1967 con la “Guerra dei sei giorni”, ma la Giordania nel rivendicò il possesso sino al 1988, anno in cui ,in tale rivendicazione, si sostituì l’O.L.P. ( Organizzazione per la Liberazione della Palestina fondata nel 1964 ad Algeri dal leader palestinese Yasser Arafat). Dell’O.L.P. entrò a far parte, nel 1967, un’altra organizzazione per la liberazione della Palestina, “ Al Fathah” ( “la Giovane” fondata dieci anni prima sempre da Arafat) e, nel 1994, anche l’A.N. P. (Autorità Nazionale Palestinese ( fondata anch’essa da Arafat nello stesso anno in funzione antisionista). Nel settembre 1995, con gli accordi cosiddetti di “Oslo 2” intercorsi tra israeliani e palestinesi sulla Striscia di Gaza e la Cisgiordania, quest’ultima venne divisa amministrativamente in tre zone, la A (17% ) sotto controllo palestinese, la B ( 24%) sotto controllo congiunto israelo/palestinese, e la C (59%) sotto controllo israeliano.

Da quel momento Israele iniziò a introdurre irregolarmente suoi coloni anche nella zona B, impossessandosi di terreni arabi e cacciandone i legittimi proprietari. Per ritorsione, attacchi palestinesi iniziarono a verificarsi contro centri commerciali e autobus nella zona C israeliana e nello stesso territorio metropolitano di Israele. Questa situazione di guerriglia si protrasse sino al 2004 e nello stesso anno ,alla morte di Arafat, venne nominato Presidente dell’ O.L.P. ( e dell’A.N.P.) Abu Mazen. Nelle elezioni politiche generali che si svolsero in Palestina nel 2006, la organizzazione religiosa islamista H.A.M.A.S.( che era stata fondata nel 1987 da Almed Yassin in funzione antiisraeliana) si impose ampiamente nella Striscia di Gaza , confinando la concorrente “Al Fatah” in Cisgiordania e assumendo di fatto la rappresentanza dell’O.L.P.

Il 22/11/2912, con la Risoluzione 67/19, l’O.N.U. riconobbe la Palestina ( Gaza più Cisgiordania) come suo “Stato osservatore non membro”, riconoscendone la rappresentatività all’O.L.P. e la Presidenza a Abu Mazen. Nel gennaio 2913 l’O.L.P. adottò il nome di “Stato di Palestina” per Gaza e Cisgiordania nei suoi rapporti internazionali. Gli insediamenti abusivi di Israele nella zona B della Cisgiordania erano continuati nonostanti ripetute condanne emesse a suo carico dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’0.N.U. e , ancora nel 2021, il Governo israeliano ( Primo Ministro Benjamin Nethanyau) vi aveva messo in atto nove nuove colonie, causando violente sanguinose reazioni arabe con attentati nelle città ebraiche di confine Netanya, Qityat e Tiv’en.

Questa situazione rimase tale sino al 7/10/2023, giorno in cui H.A.M.A.S. sferrò un attacco con le sue Brigate militari “Ezzedin al Qassam” contro il kibbutz israeliano di Re’im nel sud dello stato ebraico ,causandovi oltre 1500 morti e la cattura di 150 ostaggi civili. Le I.d.F. (Israeli Defence Forces, Forze di Difesa israeliane) reagirono invadendo la Striscia di Gaza con ripetute azioni terrestri e aeree che causarono a loro volta oltre 35.000 morti civili palestinesi e bombardando strutture palestinesi a Nablus e Jenin in Cisgiordania. Le azioni di Israele vennero sospese il 19/1/2025 a seguito di un accordo di tregua intercorso a Doha (Qatar) con H.A.M.A.S. sotto gi auspici di Stati Uniti, Egitto e Qatar. Tale accordo prevedeva tre fasi nel corso di ciascuna delle quali avrebbero dovuto avvenire fra i due contendenti scambi reciproci di ostaggi israeliani e di prigionieri palestinesi ( che si iniziarono il 30/1). L’ 8/10/2023 anche i miliziani di “Hezbollah” ( “Partito di Dio”, 0rganizzazione terroristica islamista antisionista situata nel Libano, fondata nel 1982 da Abbas al-Musani) attaccarono le Fattorie della città di Shebaa – città libanese sotto controllo israeliano dal 2000 – in appoggio all’azione di H.A.M.A.S. a Re’vim.

Un secondo fronte di guerra si era così aperto per Israele nel Vicino Oriente alla sua frontiera nord col Libano. Quivi, già dall’ottobre 2024, era in corso una operazione di polizia delle forze dell’A.N.P. (“Operazione Protezione della Madre Patria”) contro le milizie di H.A.M.A.S. e della “Jihad islamica “ (“Guerra santa” di ispirazione fondamentalista khomeinista fondata nel 1981 da Aziz Awda) da tempo attive nel Libano. Il fronte libanese si arrestò per Israele nel novembre 2024 grazie a un altro accordo di tregua di 60 giorni intervenuto tra Israele e Hezbollah (capo Naim Qassem) con l’intervento di Stati Uniti e Francia, in virtù del quale Israele avrebbe ritirato le sue truppe dalle zone invase del Libano meridionale e Hezbollah avrebbe attestato le sue a nord del fiume Litani , sotto Il controllo di forze dell’O.N.U. e di quelle regolari libanesi del Presidente Michel Aoun.

Ma anche questo accordo non resse e il 21/1/2025 le I.d.F. irruppero in forze (Operazione “Muro di ferro”) nel nord della Cisgiordania con l’obbiettivo di “sradicare il terrorismo nella regione e proteggere i coloni che vi vivevano”. Occuparono Jenin, roccaforte di Hezbollah nella Zona A palestinese e i coloni compirono puntate offensive anche a Nablus e Tubas nella stessa Zona, cui i miliziani di Hezbollah risposero con attentati nelle città israeliane metropolitane ( Tel Aviv 29/1/2025). In queste condizioni la situazione della Cisgiordania e , in generale, dei territori del Vicino Oriente appare oggi di difficile rapida stabilizzazione, avuto riguardo alla fragilità ripetuta delle varie tregue e dei vari accordi sinora stipulati, nell’auspicio di interventi più incisivi nella zona da parte dell’O.N.U..

Gustavo Ottolenghi

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