Ci sono realtà geopolitiche tanto grandi e importanti quanto poco conosciute, di alcune delle quali riceviamo echi lontani, tutt’al più qualche titolo nei quotidiani, magari quando scoppia una guerra con migliaia di morti, che riesce a infrangere, ma non sempre, il silenzio di quelle testate le cui pagine degli “esteri” si limitano a portare esclusivamente notizie dei paesi più potenti al mondo. Realtà delle quali, per informarsi, diventa necessario andare sui siti ad esse dedicate come l’Osservatorio dei Balcani e del Caucaso oppure l’Eastjournal.net o Diruz.
Ci sono poi i libri. E, tra questi, metterei senz’altro quelli di Erika Fatland, una scrittrice norvegese che si era già occupata, in “Sovietistan” un bellissimo libro di viaggio edito da Marsilio delle cinque repubbliche dell’Asia centrale che all’inizio degli anni Novanta avevano proclamato la propria indipendenza, ovvero il Turkmenistan, il Kazakistan, il Tagikistan, il Kirghisistan e l’Uzbekistan.
Adesso, sempre della Fatland, è uscito un altro suo libro, risultato di un altro lunghissimo viaggio, durato mesi, che si è svolto lungo il confine della Russia. Si tratta di “La frontiera”, sottotitolo “Viaggio intorno alla Russia”, anche questo edito da Marsilio, che partendo dal porto norvegese di Kirkenes, sul mare di Barents, arriva in nave al porto siberiano di Anadyr, sul mare di Bering, quindi, via terra fino in Corea del Nord, che confina con la Russia per soli 19 km, e da qui Cina, Mongolia, ancora Kirghizistan, Kazakistan, fino al mar Nero, in mezzo alla complicata realtà, dilaniata da guerre, dittatori, interessi petroliferi e quant’altro, comprese realtà identitarie etniche e religiose, che vedono in conflitto, ciascuno per la sua parte, paesi come la Russia, l’Azerbaigian, l’Armenia, il Nagorno Karabakh, la Georgia, il destino della Crimea, la Cecenia, l’Ossezia del nord e quella del sud, la Kabardino-Balkaria, la Karačaj-Circassia, l’Abcasia, l’Adighezia, per poi spostarci in Ucraina e la sua contesa a suon di migliaia di morti con la Russia, e la Bielorussia, e su su, dopo un giro nella storicamente sbranata terra di Polonia, fino alle ora più tranquille repubbliche baltiche, quindi la Finlandia e il ritorno, per la trentaduenne, oggi trentacinquenne autrice, a casa in Norvegia.
Un viaggio tanto straordinario quanto più reso tale dal fatto che Erika Fatland l’ha compiuto interamente da sola, correndo molti rischi, prima di tutto come donna in un mondo estremamente maschilista, in secondo luogo come scrittrice e giornalista, al punto, per poter entrare in Corea del nord senza destare sospetti, da mescolarsi a un gruppo di turisti, controllatissimi oltre che resi sordi, per non avere risposte, alle loro curiosità. E grande è stata la fatica della Fatland per ricavare notizie che non fossero quelle scontate della propaganda di regime con guide pronte alle menzogna, alla manipolazione delle informazioni, al controllo e alle minacce: una situazione che se in quel Paese è più tragica non lo è molto di meno negli altri Paesi che confinano con la Russia e che si portano dietro la cultura autoritaria e violenta e, insieme, ancora satellitare, della vecchia Unione Sovietica. La quale, negli anni del suo dominio su questi Paesi, e segnatamente quelli di Stalin (ma anche i successivi, compresi quelli del “mite” Gorbacev, pur con le debite differenze), ha fatto delle popolazioni che le abitano carne da macello. Il tutto con politiche economiche devastanti, spostamenti di popolazioni, milioni di morti ammazzati, servitù militari e nucleari che offendono non solo i principi del socialismo con i quali si giustificava tutto ciò, ma anche quelli elementari di umanità. Un conto aperto che, al pari di quello con il nazismo, dovrà essere prima o poi chiuso se vogliamo uscire definitivamente dai totalitarismi che hanno caratterizzato il secolo passato del quale molti di questi Paesi ancora pagano le conseguenze.
Non c’è capitolo, tappa dopo tappa della scrittrice che ha potuto parlare con centinaia di persone, alcune molto autorevoli, sia al potere che all’opposizione, quando non in esilio o in clandestinità, ma soprattutto uomini e donne comuni, non c’è capitolo che non si rifaccia, attraverso le più svariate testimonianze, a quelle fatali pagine della storia che Erika Fatland poi racconta, a nostro beneficio, con puntuale meticolosità ed esattezza.
Oggi, in alcuni di questi Paesi, si sta assistendo a fenomeni, seppur meno drammatici del periodo sovietico – tranne quando, come in Corea del Nord o in Bielorussia o nel Dombass e nelle altre zone di guerra al centro delle contese territoriali – non meno preoccupanti per la deriva che hanno imboccato: quella di un capitalismo monopolista, in mano al dittatore del Paese e ai suoi pochi zelanti fedeli, che intendono l’economia di mercato non come un libero confronto tra diversi competitori bensì come un uso personale della stessa. Questo ha portato in alcuni Paesi, compresa la leggendaria Mongolia ma anche l’Azerbaigian ed altri, ad essere una caricatura dei Paesi occidentali, legata com’è agli aspetti puramente esterni e modaioli che hanno portato a un traffico pazzesco, inquinamento, urbanizzazione eccessiva, droghe, alcol, squilibri sociali, e una visione della donna che appare moderna e avanzata nell’uso diffusissimo delle minigonne e dei tacchi a spillo, ma che nella realtà continua ad essere sottomessa.
Erika Fatland racconta tutto ciò con grande maestria e in maniera talmente approfondita, quanto appassionante, da uscire incantati dalla capacità che ha avuto nel mettere insieme tanti materiali i più diversi, tante informazioni, e con una capacità di sintesi tale da restituirci il quadro di un mondo che altrimenti resterebbe difficile da interpretare. Da non dimenticare che la suggestione del suo racconto sta anche nel fatto di accompagnarlo con le sue esperienze personali di viaggio, le sue emozioni, le sue paure, i rapporti personali nati negli incontri spesso occasionali nei quali si è imbattuta, insomma le sue esperienze, rendendo avvincente ogni singola tappa di questo suo straordinario viaggio.
Diego Zandel
La frontiera, viaggio intorno alla Russia, Marsilio, pag. 662, €. 21,000