Sull’editore Valentino Bompiani le testimonianze non mancano, sia quella scritta dalla figlia Ginevra sia attraverso il volume di corrispondenza con autori, collaboratori e colleghi pubblicato in “Caro Bompiani”. D’altra parte, è stato fondamentale il suo ruolo negli anni in cui ha fondato e diretto, dal 1929 al 1972, la casa editrice che porta il suo nome. Ma ancora prima se pensiamo che la sua attività editoriale comincia alla Mondadori, come segretario del grande Arnoldo. E quindi, nel 1928, come direttore della casa editrice Unitas, i cui uffici si trovavano nel retro di una libreria della Galleria Vittorio Emanuele a Milano i cui proprietari erano due ticinesi che si occupavano di procurare la pubblicità per il quotidiano “La sera”.
Il caso Guido da Verona
A riguardo c’è un interessante aneddoto relativamente a un affare concluso dai due ticinesi. Ovvero il rifacimento nella scrittura e nei costumi de “I promessi sposi” del Manzoni da parte di Guido da Verona, uno scrittore molto popolare tra le due guerre, campione di best sellers, che si atteggiava nelle pose a una sorta di D’Annunzio in sedicesimo. Anche lui con levrieri al guinzaglio, cavalli, donne e, alle spalle, una fama di peccaminoso. Ma Valentino Bompiani, direttore della casa editrice, spense subito gli entusiasmi dei due suoi datori di lavoro, rifiutandosi di pubblicare una simile parodia, certo com’era del suo fallimento. Ciò nonostante, il suo diniego non solo venne disatteso, ma finì con il procurargli anche il licenziamento, con tanto di notaio alla porta.
Un Don Abbondio che investe in Buoni del Tesoro
Sta di fatto che, come previsto da Bompiani, il fallimento dell’operazione Guido da Verone-Promessi sposi si verificò con il sequestro di tutte le copie. D’altra parte, immaginatevi un don Abbondio che “aveva il suo piccolo patrimonio investito in Buoni del Tesoro; da probo cittadino egli si era tosto affrettato a convertirlo in Prestito Littorio…”. Oppure una Lucia che, sentito Renzo dirle del loro matrimonio “Per oggi tutto è a monte” e, senza scomporsi, rispondere: “‘Vuol dire che sarà per un’altra volta’, traendo dalla borsetta uno specchietto a mano per darsi un po’ di rosso alle labbra”.
Un testo editato nel catalogo di Ronzani
Questo e tanti altri aneddoti e confessioni, considerazioni sul lavoro e ritratti di editori, compaiono in un libro di cui è autore lo stesso Valentino Bompiani, scritto nel 1988, sedici anni dopo la cessione della casa editrice ad altri (oggi appartiene alla Giunti) e pubblicato dall’editore Ronzani con il titolo “I mestiere dell’editore” che segue il più autobiografico “Via privata” edito dallo stesso Ronzani, e che vale l’impegno di leggere anche per capire quanto l’editoria, nonostante oggi sia profondamente cambiata, abbia bisogno di una visione che affidi al tempo titoli duraturi, in grado di dare vita a un catalogo editoriale che costituisca un tesoro per la casa editrice.
I bestseller passano, i veri scrittori durano
Scrive Bompiani a riguardo: “La validità economica di un editore non può prescindere dalla validità culturale. I bestseller passano, i veri scrittori durano. Dicono gli inglesi: ‘Scegli un amico dieci anni prima del giorno in cui potrà servirti’. Questo è l’abc del lavoro editoriale. I libri scelti dieci anni prima del successo sono quelli che formeranno il catalogo e il vero patrimonio.”
Bompiani edtore fa incetta di scrittori clandestini e appartati
Bompiani, diventato editore in proprio, “fuor che la squadra di celebrità di Mondadori ” cominciò a fare incetta di quegli altri “scrittori clandestini o quanto meno appartati”, dei quali però riconosceva il valore. Così, a far parte della sua “scuderia” entreranno purosangue come Guido Piovene, Ercole Patti, Alberto Moravia, Corrado Alvaro, Bonaventura Tecchi e altri italiani, finché nel 1938 non scopre gli americani, dei quali aveva avuto notizia da un giornale americano. Lui e la moglie si fecero mandare i libri e lessero in originale in una notte “Uomini e topi” di John Steinbeck e “Piccolo campo” di Erskine Caldwell, che piacquero immediatamente.
Pavese e Vittorini traduttori d’eccezione
Era necessario per questo trovare due traduttori d’eccezione e spuntarono fuori i nomi di Cesare Pavese ed Elio Vittorini. Al quale ultimo commissionò anche la famosa antologia “Americana”, la cui prima edizione, passata al vaglio di Alessandro Pavolini, ministro della Cultura Popolare, fu proibita, a meno che non fossero cancellati alcuni corsivi “inopportuni al momento attuale e criticamente discutibili e unilaterali”.
Un editore tra editori e librai
Ma Bompiani si rifiutò di aderire alle indicazioni della cosiddetta Commissione per la Bonifica libraria. Ma non era il solo editore ad essere fatto di questa pasta e risalenti all’800. “Il mestiere dell’editore” si apre, infatti, con una galleria di editori che lo avevano preceduto. Come il francese, poi fiorentino Felice Le Monnier “innamorato della libertà”, il modenese Nicolò Zanichelli, e Adriano Salani, Emilio Treves o il cavalier Giulio Cesare Sansoni e altri, per poi arrivare ai suoi coevi, a cominciare da “La tribù Laterza”, come intitola il capitolo che riguarda questa famiglia, la cui casa editrice fu fondata dal figlio di Giuseppe Laterza, Vito, quand’era ancora minorenne e che l’avrebbe amministrata, mentre il fratello Giovanni “che Vito fece tornare da Milano” sarebbe stato il vero editore.
Vito avrebbe provveduto all’amministrazione, mentre “altri fratelli, nipoti e pronipoti costituiranno nel tempo quella singolare federazione unitaria (…) in cui ciascuno ha la sua autonomia con patriarcale divisione degli oneri quotidiani e dei guadagni a fine anno, dove l’uno controlla, corregge e integra il vicino”. Bompiani arriva fino ai “più giovani Giuseppe e Alessandro” che “oggi crescono sotto la guida di Vito” e sono tuttora esempio di aver bene appreso gli insegnamenti.
Scelse un passaggio del testimone soft e si mise a scrivere
Naturalmente non mancheranno i ritratti dei due grandi Arnoldo Mondadori e Angelo Rizzoli che per anni dominarono il mercato editoriale, finché, purtroppo, l’impero – soprattutto del secondo – “è crollato travolgendo i protagonisti”. Valentino Bompiani, invece, capì quando fu il momento di uscire di scena, passando la mano e permettendosi di scrivere questo libro che egli, seppur ancora in vita, definì postumo perché, come scrisse nella introduzione “raccoglie cose del passato e perché chi l’ha scritto e ordinato sta alla ribalta di se stesso con le parole tirate fuori dalle viscere, a futura memoria”.
Diego Zandel