Il tragico stupore che ci ha colti tutti quanti per il Covid-19 è figlio di svariate e, spesso, volute miopie.
Non esiste peggior cecità di chi non voglia leggere e vedere la realtà.
Quindici anni prima di David Quammen e del suo Spillover, passato quasi inosservato o comunque subito archiviato in soffitta al momento della sua pubblicazione, altri due scienziati americani, Roger Lewin e Richard Leakey avevano lanciato un altro grido di allarme preciso all’umanità.
Avevano scritto a chiare lettere nel loro saggio “La sesta estinzione” (Bollati Boringhieri, 1998, l’anno della pubblicazione della traduzione italiana) che il continuare a mettere sotto pressione “gli altri esseri viventi” avrebbe provocato il passaggio di nuovi patogeni dalla fauna all’uomo.
Esattamente cosa è successo per il Coronavirus!
Pipistrelli, cioè, costretti a lasciare i loro nidi nelle foreste o nelle caverne distrutte dalla mano dell’uomo, emigrano e lasciano “in dono” i loro virus da cui sono immuni agli esseri umani che sono invece privi di specifici e adeguati anticorpi
Tutte le previsioni, subito ……ovviamente sottostimate, della coppia Lewin e Leakey, si sono puntualmente avverate.
Quelle che erano le profezie nate dagli studi e dalle ricerche scientifiche dei due esperti americani sono diventate l’incubo dei nostri giorni, di questo tragico ed inedito 2020.
Ma c’è di peggio: se non facciamo attenzione e non cambiamo drasticamente il nostro rapporto con l’ecosistema che ci circonda, rischiamo davvero di estinguerci o, comunque, di subire altri e sempre più tremendi attacchi pandemici.
Provo a sintetizzarvi il pensiero, le riflessioni e soprattutto i suggerimenti di Richard Leakey, il primo scienziato che lanciò nel 1995 l’allarme per la scomparsa di troppe specie animali.
Il paleoantropologo, keniota di nascita e divenuto un guru di fama mondiale nel suo settore, si è battuto negli ultimi 25 anni per la conservazione delle specie animali minacciate dall’estinzione.
Intervistato nei giorni scorsi dal Washington Post proprio sul tema delle sue nefande previsioni del 1995, divenute oggi una tragica realtà, ha dichiarato: “Un enorme numero di specie animali sta via via scomparendo. Non solo elefanti e rinoceronti, ma anche molte altre specie, grandi e piccole, che abitavano le foreste e le profondità marine. Dovremo convivere con una situazione che è persino peggiorata rispetto alle nostre previsioni. Se rimarremo seduti a guardare, continuerà a peggiorare perché non abbiamo risolto il problema centrale: la nostra pressione sull’ambiente. Non possiamo più ritornare ad alcun equilibrio con la natura. Il processo è irreversibile: siamo in troppi e vogliamo troppo. Quello che dobbiamo fare è, prima di tutto, ricordare che noi siamo parte della natura, non entità separate. Molti credono che Dio abbia creato il mondo a misura di uomo: sì, ma per viverci, non per distruggerlo”
Leakey è convinto che l’essere umano del 2020 non abbia la reale consapevolezza dei disastri che sono stati realizzati negli ultimi decenni: “Dobbiamo correggere la nostra arroganza e riconoscere che non abbiamo abbastanza risorse per nutrire tutti. Non possiamo aspettarci che la popolazione mondiale arrivi a 8 o 9 miliardi e viva con le risorse che abbiamo, che sono già di per sé scarse, visto che il clima è meno stabile, c’è più freddo, più caldo e non abbastanza acqua.
La pandemia di Covid-19 deriva proprio dal fatto che stiamo mettendo sotto pressione il mondo animale e obblighiamo certe specie a spostarsi in nuovi habitat. Se mangiamo i pangolini che ospitano il virus e interferiamo con la vita degli animali che fanno da serbatoio a questi patogeni, le malattie si diffonderanno sempre di più.
La verità che non abbiamo ancora metabolizzato è che noi dipendiamo dalle stesse leggi da cui dipendono tutti gli altri esseri viventi”
Purtroppo Richard Leakey non è ottimista sul futuro: “Covid-19 non è l’ultima pandemia che vedremo. Per esempio noi sappiamo che le particelle di plastiche nell’acqua sono mangiate dai pesci: immaginiamo quali effetti potrebbe avere un patogeno che imparasse a legarsi alla plastica. Quando troveremo un vaccino, un minuto dopo ci sarà già un nuovo virus dietro l’angolo, pronto a trovare una via per contagiarci”.
Al di là dei suoi studi, delle sue ricerche, delle sue pubblicazioni in materia, lo scienziato di origine keniota sta covando un progetto apparentemente utopico: realizzare un museo dell’Umanità, proprio in Kenya. “Abbiamo bisogno di luoghi in cui le persone possano condividere fisicamente l’emozione, il dramma e la conoscenza dell’evoluzione, osservare i reperti ed entrare davvero in contatto con l’idea che noi siamo un’entità biologica, connessa a tutte le altre entità biologiche”
Visto che non ci sono grandi musei internazionali su questa tematica in Africa e che l’umanità, come ho scritto proprio di recente su queste colonne, viene dall’Africa e i pregiudizi che il mondo contemporaneo sta affrontando sono basati su un errore nel capire chi siamo davvero, dando vita ad un razzismo in tutte le sue forme: “Mi sembra – e questa è la proposta di Leakey – che possiamo raccogliere abbastanza soldi ed esperti per costruire un monumento che commemori l’umanità nel contesto in cui si è evoluta”.
Il progetto è in fase esecutiva con la collaborazione di Naturalis, il museo di Storia Naturale e centro sulla biodiversità di Leida, in Olanda, con l’aiuto dell’antropologa e designer museale Federica Crivellaro.
“Il denaro che serve non è troppo, se possiamo generare un impatto sull’umanità futura ed eliminare alcuni pregiudizi sul colore della pelle, sulla razza, sulla religione”.
Abbiamo già fatto troppe volte “orecchie da mercante” nel recente passato sulle vicende ambientali.
Abbiamo snobbato le grida d’allarme degli scienziati come Leakey e Lewin.
Chissà che lo straordinario progetto di un museo dell’Umanità non ci aiuti ad aprire gli occhi, ad uscire dal letargo delle nostre menti e ci induca ad occuparci davvero del nostro futuro su questo pianeta.
Riccardo Rossotto
Nella foto, progetto del Museum of Humankind dell’architetto Daniel Libeskind