Questo articolo di Riccardo Rossotto è idealmente inserito nella discussione aperta da Andrea Rapaccini con la sua intervista e rappresenta la seconda parte del discorso iniziato qui.
Anche gli economisti si pongono obiettivi analoghi a quanto già espresso nel commento di ieri.
Modificano la lettura del modello capitalistico e studiano risposte al malessere ormai insostenibile di milioni di persone.
Carlo Cottarelli, in libreria con il suo ultimo saggio “All’interno e ritorno – per la nostra rinascita sociale ed economica”, Feltrinelli, 2021, cerca di immaginare il mondo che verrà abbinando giustizia sociale, meritocrazia e crescita sostenibile.
Ricorre alla metafora della gara dei 100 metri in atletica leggera, per spiegare le diverse visioni politiche che esistono sul concetto di giustizia sociale e soprattutto di uguaglianza.
L’uguaglianza “giuridica” è la prima e pretende una gara vinta da chi arriva primo a prescindere dalle sue origini o dai suoi titoli sportivi.
La seconda è l’uguaglianza “delle opportunità” e cioè che tutti gli atleti in gara possano partire dagli stessi blocchi di partenza, posti nello stesso punto della pista, e poi … vinca il migliore, il più bravo, il più veloce.
La terza è quella dell’uguaglianza “di fatto” o dei punti di arrivo: una società è giusta se tutti i concorrenti tagliano il traguardo tutti insieme.
Nel primo caso, lo Stato deve garantire che la “legge sia uguale per tutti” e che vinca chi è arrivato correttamente primo.
Lo Stato non si occupa però di controllare se tutti i concorrenti abbiano avuto le stesse chance di vittoria.
Nel secondo caso (“l’uguaglianza delle opportunità”) lo Stato deve garantire una pari opportunità di accesso al punto di partenza della gara.
Nel terzo caso (“l’uguaglianza di fatto”) lo Stato garantisce l’arrivo di tutti insieme al traguardo, intervenendo sul riequilibrio del più veloce verso i più lenti.
Queste sono le scelte politiche, scrive Cottarelli, che, aggiunge, anche la sua preferenza per il secondo criterio, quello di offrire a tutti lo stesso accesso. Poi sarà il talento o l’impegno o la fortuna a determinare il percorso della vita dei partecipanti.
L’economista cita Luigi Einaudi per evidenziare le ragioni di questa sua preferenza: “Quante invenzioni utili, quante scoperte scientifiche, quanti capolavori di scultura, di pittura, di poesia, di musica, non poterono mai giungere a perfezione, perché l’uomo, il quale vi avrebbe dar nascimento, dovette sino dai primi anni addirsi a duro brutale lavoro, che gli vietò di far germogliare e fruttificare le qualità sortite da natura?”
L’uguaglianza del punto di partenza è l’obiettivo prioritario della modifica del modello economico: l’uguaglianza si basa su uguali opportunità per tutti, almeno all’inizio del percorso.
“Si è puntato troppo sul reddito di cittadinanza – scrive Cottarelli – e troppo poco sull’opportunità di cittadinanza. E si è lasciato troppo spazio alle relazioni clientelari e al nepotismo, a scapito del merito tanto nel settore pubblico quanto in quello privato”.
Il rispetto e la tutela del merito è l’altro pilastro sul quale investire per cambiare il modello di coesistenza tra i cittadini.
La medicina di Enrico Giovannini
Lo va ripetendo da anni.
Lo ha scritto a chiare lettere nel suo ultimo libro “Quel mondo diverso”, realizzato a quattro mani con Fabrizio Barca.
Bisogna ripartire da una applicazione rigorosa dell’art. 3 della nostra Costituzione: “… il quale richiede che la Repubblica, non semplicemente lo Stato, ma tutte le componenti della società, rimuovano “gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
In più bisogna, secondo il neo ministro del Governo Draghi, integrare il principio della giustizia Intragenerazionale con quello della giustizia Intergenerazionale, assente nella nostra Costituzione.
Come mai tale lacuna nella nostra Carta?
“Non è una dimenticanza – scrive Giovannini – quando il testo è stato scritto si ipotizzava uno sviluppo economico sostanzialmente continuo e infinito, che avrebbe fatto sì che le nuove generazioni sarebbero state per definizione meglio di quelle adulte e anziane. Oggi sappiamo che non è così e lo sappiamo soprattutto nel nostro Paese, in cui la condizione delle giovani generazioni è andata deteriorandosi nei decenni senza che la politica e la società assumessero seriamente l’impegno a invertire tale tendenza”.
Lo Stato e tutti gli stakeholder devono collaborare a costruire un futuro in cui gli ostacoli allo sviluppo delle persone siano rimossi
La storia recente, secondo Giovannini, dimostra che la logica neoliberista ha consolidato un mantra antistatalista: “salvo poi vedere i privati chiedere proprio allo Stato robusti aiuti quando il mitico mercato va in crisi (si pensi alla grande recessione del 2008-2009 indotta dalla bolla dei subprime)”.
Non possiamo, però, fare a meno della politica: ma abbiamo bisogno di quella “buona”.
Con il Next Generation Plan ci viene offerta, per Giovannini, una sfida vitale per il Paese e per la nostra classe dirigente politica: “Come Papa Francesco ha scritto nell’Enciclica Fratelli tutti, “il politico è un realizzatore, è un costruttore con grandi obiettivi, con sguardo ampio, realistico e pragmatico, anche al di là del proprio paese”.
Questo è il monito-augurio che dobbiamo cercare di seguire.
Cambia il contenuto del PIL (Prodotto Interno Lordo): nasce il Seea
In queste ore alle Nazioni Unite sta per compiersi una rivoluzione statistica: l’Assemblea dell’ONU sta per approvare il System of Environmental Economic Accounting (Seea).
Nella formula del PIL deve essere incluso anche il “capitale naturale” al fine di stimolare le nazioni verso uno sviluppo sostenibile.
“Le risorse naturali – ha dichiarato il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres – ancora non figurano all’interno dei calcoli sulla ricchezza delle nazioni. Il sistema attuale delle contabilità nazionali favorisce la distruzione, non la conservazione”.
Nel dopoguerra l’economia del pianeta ha quintuplicato la propria ricchezza, se ci limitiamo a guardare i valori del PIL, così com’è strutturato oggi.
Ma il costo in termini di impoverimento dell’ambiente è stato enorme e non si riflette nelle statistiche.
“Più di metà del PIL mondiale – ha precisato Guterres – dipende dalla natura e il capitale naturale del pianeta si è impoverito del 40% in soli 20 anni”.
Il lavoro di messa a punto del nuovo sistema statistico Seea ha coinvolto 500 esperti in una consultazione mondiale.
Anche questo è un segnale forte di una nuova cultura che pone alla base dello sviluppo una sostenibilità ambientale certificata.
L’economia della biodiversità
Concludiamo questa carrellata sui “giacimenti di pensieri” che stanno nascendo in tutto il mondo sul come “cambiarlo in meglio”, con uno studio inglese che arriva dall’Università di Cambridge con il titolo “L’economia della biodiversità”.
Il presupposto del lavoro è che all’origine della pandemia ci sia stata la distruzione degli ecosistemi e delle biodiversità del pianeta.
Tra pochi anni sulla Terra saremo 10 miliardi di esseri umani, se vogliamo evitare altre pandemie è necessario cambiare le nostre abitudini assai poco rispettose della natura e delle sue componenti ritenute finora risorse economiche inesauribili.
Il prof. Dasgupta, promotore del documento, con questa monumentale opera (606 pagine scritte da biologi, chimici, medici, economisti, giuristi, sociologi, psicologi, letterati, filosofi) vuole illustrare come siamo giunti all’attuale livello di distruzione della biodiversità e quali azioni dobbiamo intraprendere per ricostruirla.
Il pianeta Terra è allo stremo: bisogna intervenire al più presto.
Lo studio offre numerose risposte al quesito: “Come?”.
Insomma senza avere la presunzione di voler tirare delle conclusioni, rispetto all’omologazione culturale della massimizzazione del profitto che ha caratterizzato gli ultimi trent’anni della politica economica mondiale, qualcosa si muove in senso contrario.
Un’onda culturale e filosofica distinta e distante da un modello economico che ha portato alle attuali, inaccettabili, disuguaglianze.
Forse … ci siamo: voltiamo pagina, cambiamo paradigma e rilanciamo i nostri sogni e le nostre speranze.
Riccardo Rossotto