Criticare il linguaggio, gli atteggiamenti e buona parte dei programmi di Trump, non ci trasforma automaticamente in sostenitori di Kamala Harris, dei “conservatori democratici” o dei “repubblicani rispettabili”. Se anche si condividessero i proclami di Trump, la speranza che si realizzino subito e completamente è debole.
Al più si può sperare in una politica estera meno dissennata. Ma è dubbio che i militari, l’intelligence e i produttori di armi lo permetteranno. Il tycoon, come viene dispregiativamente chiamato, subirà un’opposizione feroce da parte di tutti gli apparati del sottopotere. Il presidente eletto degli Stati Uniti è stato votato dalla maggioranza degli americani che si sono recati alle urne (circa il 60%), ma rappresenta un’esigua minoranza tra gli oligarchi (non meno tycoon di lui) che governano il Paese.
Gli oligarchi americani, o meglio euro-atlantici, sono indifferenti alla vittoria dell’uno o dell’altro partito. Da molto tempo ormai il complesso militare-finanziario – oggi completato da quello della comunicazione e delle ICT – governa il Presidente e il Congresso piuttosto che esserne governato in nome del popolo. Per qualcuno si tratta del famigerato Deep State. Ma con Trump l’oligarchia si è divisa.
Il presidente eletto si scontrerà con un’opposizione fortissima anche all’interno del suo stesso partito. Si troverà di fronte uno sbarramento continuo dove prevalgono forza e arroganza, se non proprio la violenza esplicita. Non dimentichiamo che Trump ha già subito due attentati da uno dei quali s’è salvato per miracolo. Nella città di Washington D.C., i cittadini hanno votato Harris per oltre il 90%, a dimostrazione di quanto egli sia un corpo estraneo nel sottogoverno. C’è persino da domandarsi se sopravviverà fino all’insediamento e se finirà il mandato.
Il dubbio dell’Europa
Gli europei dovrebbero domandarsi se – in prospettiva – conviene loro un’America divisa con un presidente debole ostacolato dagli stessi poteri forti che governano anche l’Europa. La domanda e la risposta sono aperte e richiedono approfondimenti. Un presidente americano debole e protezionista, come Trump, potrebbe favorire un distacco dell’Europa dagli Stati Uniti dal punto di vista economico e politico, e accrescerebbe l’identità europea.
Il processo, pieno di rischi, accelererebbe un cammino già avviato nella riformulazione del nuovo ordine geopolitico mondiale. Se prevalesse il vecchio establishment euro-atlantico, il processo rallenterebbe e gli Stati Uniti e i loro vassalli europei difenderebbero lo status quo, a costo di guerre militari, culturali e commerciali. Cosa sia meglio è discutibile. Va invece preso atto della battaglia in corso tra due schieramenti interni all’occidente.
Chi crede in una società giusta si indigna di fronte all’operazione di denigrazione sistematica promossa sistematicamente dai media euro-atlantici – la US/NATO della comunicazione – nei confronti del presidente eletto. Per quanto lo si possa detestare. La critica è legittima, l’insulto sistematico, non lo è se vogliamo restare civili anche di fronte all’inciviltà. L’ordine ricevuto da alcuni commentatori e comici (oggi talora è difficile distinguerli) dei media mainstream è di sbeffeggiare e delegittimare Trump. Si sono già messi di buzzo buono e siamo martellati da una volgare e servile (e forse controproducente) propaganda.
Per esempio, Robert Kennedy Jr., proposto come ministro della sanità, è definito tout-court un “cospirazionista no-vax”. Non si è ipotizzato che sollevare sospetti sugli affari delle case farmaceutiche in occasione della pandemia fa parte del dovere di controllare enormi potentati? Qualsiasi cittadino dovrebbe sentirsi garantito e non spaventato se qualcuno, estraneo alla lobby industriale, scientifica e farmaceutica, indagasse sui numerosi sospetti sollevati. L’allarme e gli attacchi preventivi al probabile futuro ministro alimentano i sospetti piuttosto che dissolverli. Comici e commentatori, invece, si sono attivati per fare passare comprensibili sospetti come sciocco “cospirazionismo”.
Trump dà voce alla contestazione del potere conservatore più radicato.Probabilmente strumentalizza a fini propri il malcontento e assume atteggiamenti indubbiamente volgari ma interpreta reali esigenze popolari che richiedono risposte.Aveva ragione Umberto Eco quando sosteneva che il presidente eletto rappresenta l’idea che il povero ha del ricco, quella che il debole ha del forte, quella dell’insicuro di un uomo deciso. Ma questo dimostra da una parte il degrado etico del popolo a cui nessuno cerca di porre rimedio; dall’altra l’insopportabile disprezzo di Eco e degli intellettuali per il popolo. Se fossimo davvero democratici (non attivisti Democratici), prima d’ogni cosa dovremmo rispettare il popolo.
I conservatori del “passato remoto” e i progressisti “en marche” verso il “passato prossimo”, ormai utilizzano gli stessi metodi antidemocratici e la stessa volgarità che criticano in Trump. Il presidente americano neoeletto (e Salvini, Orban, Le Pen, Wilders ecc.) solleva problemi reali. I cittadini europei e americani, se desiderano una sopravvivenza civile, dovrebbero riformulare diversamente le problematiche emerse nella società e offrire soluzioni più adeguate a globalizzazione, guerre, sovranismo, migrazioni e proporre modelli di società e democrazia adatte ai tempi correnti. C’è uno spazio politico e culturale per questo, ma per occuparlo servono tre cose clamorosamente assenti: intelligenza, impegno e sacrificio.
Corrado Poli