Le cosiddette “scuole paritarie” sono in enorme maggioranza quelle cattoliche, istituite per assicurare agli allievi un’educazione strettamente religiosa. Il nostro Governo aveva inizialmente stanziato 65 milioni di euro a sostegno di tali scuole per il mancato pagamento delle rette da parte di molte famiglie a causa dell’epidemia.

Le scuole paritarie ne chiedevano addirittura 230. Nello scorso aprile la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) aveva chiesto stanziamenti straordinari per le scuole cattoliche a causa della sospensione delle attività didattiche, per cui non avevano più incassato le rette. In maggio la presidenza della CEI aveva inviato una nota in cui, ribadito il concetto di servizio pubblico caratterizzato da un progetto educativo e da un programma formativo, chiedeva al Governo e al Parlamento un impegno finanziario che riconoscesse il valore costituito dalla rete delle paritarie senza sperequazioni di trattamento rispetto alle scuole statali (che costano un miliardo e mezzo di euro allo Stato).

Per sollecitare l’accoglimento delle richieste, il 19 e 20 maggio le scuole cattoliche hanno scioperato interrompendo per due giorni l’attività didattica a distanza. Uno sciopero per dire che “siamo invisibili per questo governo” e che “senza aiuti si chiude”, ma anche un’avvertenza alle famiglie morose che non pagano le rette.

Dopo altre polemiche da parte dell’Unione superiori maggiori d’Italia (USMI) e della Conferenza italiana superiori maggiori (CISM) il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nell’ultima versione del “Decreto Rilancio” firmato dal presidente della Repubblica Mattarella, ha stanziato altri 70 milioni di euro cui vanno aggiunti 15 milioni del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e istruzione.  Così in totale le scuole cattoliche riceveranno ben 140 milioni di euro per i circa 900 mila suoi allievi (rispetto ai 7 milioni di allievi delle scuole statali).

Il raddoppio dei fondi per le scuole cattoliche primarie e secondarie (con la previsione di altri 100 milioni come incentivo alle scuole che accettino alunni affetti da disabilità) sembra eccessivo. Infatti l’amministrazione di tali scuole prevede una retta mensile abbastanza elevata, distinta a seconda del tipo di scuola (materna, infanzia, ecc.). Ad esempio, 460 euro al mese per i bambini del nido di un anno, 400 per i bambini del nido di due anni, 350 per i bambini di 3-5 anni. Tali rette sono state ridotte e rateizzate nel periodo di sospensione dell’attività didattica, dovendosi pagare gli stipendi dei docenti e del personale amministrativo.

Se il totale delle rette non risulta sufficiente perché in parte non pagate dai genitori morosi, non sembra ammissibile che la Repubblica debba raddoppiare l’onere iniziale dei 65 milioni di euro per accontentare le richieste della CEI. Lo Stato Città del Vaticano è talmente ricco da realizzare investimenti immobiliari all’estero (circa 200 milioni di dollari dell’Obolo di San Pietro pagati dalla Segreteria di Stato vaticana nell’acquisto di vari palazzi a Londra). Dunque potrebbe destinare un po’ di milioni alle scuole cattoliche. Il gettito fraudolento dell’8 per mille IRPEF nella dichiarazione dei redditi (ora propagandata nella pubblicità RAI-TV) potrebbe largamente sovvenzionare l’attuale deficit delle scuole cattoliche. La Repubblica dovrebbe colmare tale deficit sborsando milioni di euro che sono necessari alla lotta contro il virus? È una situazione inaccettabile. Cicerone ammoniva nelle “Arringhe Catilinarie”: “Quousque tandem abutere patientia nostra?” (Fino a quando abuserà della pazienza nostra?).

Bruno Segre

Bruno Segre

Avvocato e giornalista. Fondatore nel 1949 de L'Incontro

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