A volte, può bastare una serie televisiva ben fatta per obbligarci a ragionare sul nostro ruolo fondamentale di esseri umani protagonisti dei nostri destini? La domanda può apparire retorica o provocatoria o addirittura banale. La risposta, invece, a nostro avviso, è sì! Ed è “sì” proprio dopo aver visto su Netflix la serie intitolata “The Diplomat”. In un contesto internazionale che continuiamo a ripeterci ossessivamente quanto sia pericoloso, confuso ed incerto, questa serie ci porta dentro alla complessità della gestione di una crisi causata da un attentato terroristico di ignoti ad una nave da guerra inglese, nel Golfo Persico, con 41 marinai britannici uccisi. La trama è apparentemente banale e già vista tante volte: una spy story a cui siamo già abituati da anni.
Una storia dei nostri tempi
Invece, la sorpresa, arriva proprio dalla sceneggiatura, dall’abilità talentuosa di Debora Cahn (già nota per la famosa serie denominata Homeland) che combina con grande maestria diversi ingredienti, mischiandoli in maniera virtuosa e stimolante per riflessioni di vario genere. In particolare, i protagonisti della trama sono un uomo ed una donna entrambi impegnati ai vertici dell’amministrazione americana: il primo come uomo politico di fama internazionale ed ex ambasciatore degli Stati Uniti; la seconda come diplomatica, specializzata nelle zone calde, tipo Bagdad o Kabul, dove ha dato grandi prove di coraggio, professionalità e umanità. La loro storia privata (sono marito e moglie) ha sempre visto, fino all’inizio della prima puntata di questa serie, il “Lui” rivestire il ruolo di protagonista, il carismatico politico, regista delle grandi trattative diplomatiche mondiali con “Lei”, anche in situazioni di lavoro in comune, con un ruolo di spalla: importante, di grande supporto e lealtà, ma sempre di sussidiarietà.
Ebbene, la provocazione virtuosa di Debora Cahn è proprio quella di farci vivere una storia dei nostri tempi, in cui il maschio e la femmina si invertono i ruoli e per una serie di coincidenze politiche rivivono il loro rapporto personale e professionale da due posizioni opposte. Lei diventa ambasciatrice americana a Londra (proprio nelle ore successive al citato attacco terroristico alla nave da guerra britannica) e “Lui” ricopre il ruolo di “principe consorte” al seguito. Fedele e soddisfatto del successo di “Lei” ma, fin da quasi subito, molto a disagio nell’inedito ruolo di spalla… per poca abitudine. Come dicevamo, la sceneggiatura di Debora Cahn combina con grande maestria gli avvenimenti oggettivi (la crisi internazionale) con gli approcci soggettivi dei protagonisti, tutti intenti a cercare di evitare lo scoppio della 3° Guerra mondiale visto che il Primo Ministro inglese vuole immediatamente dar vita ad una ritorsione armata contro Mosca “apparente” responsabile dell’atto terroristico con Teheran come complice.
Il pregio di Diplomat è quello di farci capire la terrificante responsabilità dei protagonisti della diplomazia internazionale che devono gestire, anche e soprattutto grazie a delle relazioni personali conquistate “sul campo”, momenti di crisi in cui l’incubo atomico è davanti agli occhi di tutti. Ci siamo chiesti spesso se al posto di figure come Churchill o Eisenhower (citiamo questi due protagonisti in quanto i loro ritratti sono raffigurati in quadri che compongono l’arredamento della stanza dell’ambasciatore americano a Londra, nella serie) ci fossero stati degli altri soggetti e se quindi i destini della 2° Guerra mondiale e della lotta contro il nazismo sarebbero stati così positivi come Winston e Dwight due protagonisti li hanno gestiti.
Talento, coraggio e lucidità
Quando può incidere, nel bene soprattutto ma anche nel male, il talento, magari anche gaglioffo, di un essere umano, sia esso uomo o donna, nel determinare le sorti del mondo? Noi siamo favorevoli a ritenere che il singolo possa rappresentare la differenza, lo scarto per risolvere o non risolvere certe situazioni intricate. In una stagione della vita dell’umanità intera in cui l’implementazione rivoluzionaria della tecnologia sta ponendo seriamente il tema di chi assumerà domani le decisioni strategiche sul pianeta… ancora l’uomo oppure i robot…? La trama di questa serie ci rende consapevoli di come gli esseri umani, certo se talentuosi, coraggiosi ma ragionevoli, possano davvero rappresentare lo scarto qualitativo per cui certi eventi apparentemente disastrosi ed irreversibili, se gestiti con lucidità, professionalità e visione, possono anche trasformarsi in opportunità o situazioni virtuose.
Non ci sarà, in tal caso, nessuna macchina e nessun robot che seppur creato con la perfezione di un software partorito dall’intelligenza artificiale, potrà in qualche modo possedere l’empatia, “la chimica”, le suggestioni e l’umanità di un essere umano, di qualsiasi genere esso sia. Dobbiamo convincercene perché solo in questo modo potremo da un lato riportare ragionevolezza sui tavoli della politica internazionale, e dall’altro gestire e non subire la rivoluzione tecnologica in atto. Debora Cahn ci provoca e ci aiuta a ragionare su queste tematiche fondamentali della nostra convivenza pacifica su questo pianeta. Ci invita a concentrarci non tanto e non solo nei conflitti tra noi esseri umani o peggio tra i vari generi degli esseri umani tra di loro ma cercando, invece, una soluzione per esempio alle tematiche ambientali che, come ci dimostra quello che ormai accade quotidianamente, o le si affronta fin da subito con rigore, efficienza ed efficacia, oppure si risolveranno autonomamente e tragicamente a causa delle nostre imperdonabili distrazioni.
Riccardo Rossotto