Ogni 10 minuti, in Italia, una persona muore per cause e complicanze di vario genere, ma tutte indissolubilmente legate a una patologia che l’opinione pubblica non considera nemmeno come tale, ma al massimo come un problema estetico: l’obesità. Il dato, di 4 anni fa, era stato presentato nel convegno scientifico “Obesità: malattia negletta”, svoltosi a Milano in collaborazione con l’Università degli Studi del capoluogo lombardo. Dato che secondo diversi esperti, è ulteriormente cresciuto.
Ho apprezzato il contributo di Alberto Franco per il suo approfondimento e la complessità del ragionamento, però tutto scende in secondo piano quando si tratta di sconfiggere obesità e sovrappeso. Una piaga che per alcuni autori è più nefasta del riscaldamento climatico. Non fosse altro perchè del secondo sappiamo poco, mentre i danni della grassezza (non me ne vogliano gli ayatollah del linguaggio politicamente corretto) sono assodati.
Come ha scritto Alberto Maria Drigani su The Map Report, “Obesità e sovrappeso sono la seconda causa di tumori dopo il fumo. Spianano loro la strada, ne accelerano il decorso, ne aggravano le conseguenze, ne esasperano i sintomi, ne incattiviscono la già malevola indole. I dati epidemiologici lo confermano. La FAO, l’organizzazione dell’Onu per l’alimentazione, ci dice infatti che in modo diretto o indiretto l’obesità uccide ogni anno, nel mondo, 3,4 milioni di persone.
E noi italiani siamo messi male, sotto questo profilo. Male per davvero. I risultati del rapporto presentato lo scorso anno a Roma in occasione del primo Summit italiano sull’obesità e redatto dall’Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation in collaborazione con l’Istat ci dicono che gli italiani in sovrappeso od obesi sono 25 milioni. Di questi, gli adulti sono il 46%, con le donne che se la cavano un po’ meglio (9,4%) rispetto ai maschi (11,8%).
Ma se ad allarmarci c’è anche il 24% di obesi tra gli under 18, il peggio è altro ancora. Perché nella triste classifica mondiale dell’obesità infantile i bambini italiani sono al quarto posto, con una situazione ben più desolante a livello europeo: con il 21%, ex aequo con Cipro, l’infanzia italiana è infatti la più obesa del Vecchio Continente, in percentuale quasi doppia – il 42% – tra i maschi (solo Cipro fa peggio con il 43%). E le bambine non sono da meno, con uno dei tassi più alti di obesità e sovrappeso, pari al 38 per cento. Del resto, che altro attendersi da un’infanzia che di fatto viene “tirata su” quotidianamente dai genitori – con l’inaccettabile giustificazione della comodità e del “non c’è il tempo per cucinare” – a base di merendine, creme, biscotti, budini e bibite dolci?
Eppure, chi sa, punta in modo inequivocabile il dito contro i pericoli. Lo hanno fatto per esempio i cardiologi dell’American Heart Association. Dalle pagine della loro rivista, Circulation, si è alzato forte e chiaro un grido: “Via lo zucchero aggiunto dalla dieta dei bambini!”Quell’esclamativo “Via!” va inteso come esclusione totale, assoluta, nel senso che nemmeno un granello di zucchero deve “corrompere” il gusto dei bambini nella fascia d’età da zero a 2 anni; e questo proprio per scongiurare il rischio di renderli amaramente dipendenti, in futuro, dalla più dolce e potente delle droghe. Studi di laboratorio dimostrano infatti che le caviette siano attratte dallo zucchero nove volte di più che dalla cocaina.
Nella fascia compresa tra i 2 e i 18 anni il consumo di zuccheri aggiunti non dovrebbe superare i 6 cucchiaini di zuccheri aggiunti al giorno, ovvero circa 25 grammi. Quanto alle bibite gassate, ma il discorso vale anche per tutte le altre “bombe” di zucchero come i thè pronti e i succhi di frutta industriali, la raccomandazione dei cardiologi americani è di non superare i 300 ml alla settimana (non al giorno!), il che significa più o meno una lattina”.
Non saprei come combattere questa battaglia contro il cibo spazzatura. Sarei tentato di proporne il divieto di vendita, ma la mia anima antiproibizionista me lo impedisce. Sono però convinto che opporsi a bibite zuccherate e in generale ai cibi processati, sia una delle sfide più importanti di questi anni. Anche perché, come emerge da uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’area di cui fanno parte Italia, Cipro, Spagna, Grecia e Malta, è obeso un ragazzo su cinque.