“La ricchezza della diversità. Questa potrebbe essere la parola d’ordine della nostra testata. L’Incontro, fatto non consueto nella stampa italiana, ama mettere a confronto opinioni discordanti. È nel nostro dna: riteniamo che l’unico vero metodo democratico per una convivenza pacifica e costruttiva sia quello di saper ascoltare pareri differenti dai nostri. Anche se tutto il giornale è pervaso da questo principio, abbiamo creato da qualche mese una rubrica, In/Contro, dedicata specificamente a confrontare i pareri di due autori, non allineati tra loro, su uno stesso specifico tema. I due articoli della rubrica non sempre esprimono visioni contrapposte. A volte si tratta semplicemente di angolazioni diverse, di modi differenti con cui affrontare un argomento. Non è il caso di questa puntata di In/Contro. Sulle misure anti rave party, l’editore Riccardo Rossotto e il direttore Milo Goj, mostrano visioni opposte. Espresse oltretutto senza mezze misure. Speriamo che troviate stimolante leggere i due articoli almeno quanto i due autori hanno trovato stimolante scriverli”. La redazione
Il governo si è mosso con prontezza ed efficienza. Eravamo diventati il “paradiso dei rave party” di tutti i giovani europei ed ora ci siamo semplicemente allineati alla normativa esistente nella maggior parte dei paesi membri dell’Unione Europea. Fortunatamente il rave party di Modena si è concluso, dopo tante polemiche e dopo tante angosce, pacificamente, con una brillante gestione da parte sia delle forze dell’ordine sia dei responsabili dell’evento che ha evitato che il “festino del delirio“ (la traduzione letterale di rave party) non degenerasse in scontri o incidenti.
Un decreto necessario per porre fine a una situazione di incertezza
A mio avviso, con il decreto del Consiglio dei Ministri emanato il 31 ottobre, si pone fine ad una situazione di incertezza e di imbarazzo che si poteva già risolvere nel 2021, quando un’analoga “riunione“ tra giovani organizzata a Viterbo si concluse con un morto. Con un finale quindi che si sarebbe potuto evitare se, secondo il parere di molti italiani, il ministro degli interni dell’epoca non avesse evitato di intervenire per porre fine a quella pericolosissima situazione che poi degenerò nel peggio. La ministra Lamorgese spiegò allora che “per il raduno che si è tenuto tra il 13 e il 19 agosto, l’azione di forza era contro indicata perchè lo sgombero dell’area con il ricorso a idranti e lacrimogeni avrebbe creato rischi per ordine pubblico e salute, quindi visto l’alto numero di persone e la presenza di bimbi è stata ritenuta opportuna una attività dissuasiva.”
La moral suasion della ministra Lamorgese
Sarebbe bastato prendere atto che anche in quell’occasione (invece di farsi trovare impreparati dal numero dei partecipanti!) i protagonisti del raduno avevano già commesso una serie di reati che giustificavano l’intervento delle forze dell’ordine per mettere fine fin da subito all’evento (dall’occupazione abusiva di una proprietà privata, allo spaccio e alla detenzione di droga e così via). Invece si adottò una politica di moral suasion, con il drammatico risultato che ricordiamo bene tutti. La legalità è un valore prioritario in una comunità che crede nella giustizia e nella libertà. La coesione pacifica non significa fare ciascuno quello che si vuole ma rispettare la legge, avendo il dovere, da cittadini di farlo.
La destra riesce a fare le cose che la sinistra evita di fare
Probabilmente nel meccanismo perverso dell’organizzazione di questi eventi ci sono state anche varie complicità. Come quelle dei proprietari dei capannoni dismessi dove, in assenza delle più minimali misure di sicurezza, si svolgevano le feste “dello sballo“: un “bell’affitto” in nero potendo fare finta di non saperne nulla! In realtà si è sottovalutato il fenomeno e si è rischiato poi di diventare l’unico Paese in Europa dove si potessero organizzare tali tipi di manifestazione. Un vecchio adagio recita che “la destra riesce a fare le cose che la sinistra evita di fare“ e probabilmente ci troviamo di fronte proprio ad un esempio di questo genere.
In un eccesso di comprensione e giustificazione dei desideri di libertà e di divertimento delle nuove generazioni, le precedenti amministrazioni pubbliche hanno avuto un atteggiamento troppo accondiscendente verso iniziative che si caratterizzavano per un’interpretazione della libertà di riunione assolutamente eccessiva rispetto al perimetro della legge.
Il cambio di passo del governo Meloni
Dal 31 ottobre, anche l’Italia ha una norma che vieta questo tipo di eventi e quindi, nel caso di una replica, le forze dell’ordine potranno intervenire anche preventivamente bloccando il programma. Questo non vuol dire che non bisognerà comunque usare la giusta e corretta professionalità che pretendiamo sempre dai rappresentanti della polizia o dei carabinieri quando intervengono per prevenire o comunque reprimere manifestazioni pubbliche in cui i nostri giovani o protestano o comunque si lasciano andare a condotte non ammesse dal nostro ordinamento. È una materia delicata ma che deve avere come principio informatore la legalità, il rispetto della legge, il rispetto degli altri, la sicurezza dei cittadini…..null’altro!
La nostra Costituzione parla chiaro
Si è creata una polemica strumentale su questa tipologia di manifestazioni che doveva essere risolta, fin dall’inizio, qualche anno fa, semplicemente con l’applicazione della normativa esistente oppure, se ritenuta non adeguata, con l’adozione di un decreto come quello emanato dal governo Meloni. La nostra bella e invidiata Costituzione prevede il sacrosanto diritto di ciascuno di noi a poter esprimere le proprie opinioni e a riunirsi pacificamente, anche in luoghi pubblici, purché legittimamente autorizzati dalle forze preposte a tale compito.
Tutto qui: tutto il resto è strumentalizzazione politica che non deve interessare i tecnici.
Riccardo Rossotto