I salti mortali della memoria. Dalle pietre raccolte “Dal Tonale al Carso”, alle pietre d’inciampo, a quelle delle rivolte di una generazione, alla canzone “Pietre”.
Era il 1967, Festival di Sanremo. L’anno orribile del suicidio di Luigi Tenco.
Sorvolo sulle polemiche, voglio ignorare le abnormità via via emerse.
Ma quel biglietto, quel biglietto che ha lasciato, manoscritto, che si può leggere ora anche online… Una denuncia della banalità e del conformismo.

Il conformismo dell’anticonformismo

Di più. Anche una denuncia del “conformismo dell’anticonformismo”.
Tenco era amareggiato per l’ammissione de “La Rivoluzione” e l’esclusione della sua canzone, “Ciao Amore, ciao”. Leggiamolo il testo de “La Rivoluzione”: si comprende l’amarezza di Tenco. È un testo che strizza l’occhio a tutti. Un “abisso di banalità in salsa novità”. È firmato Mogol, vedo. E la cosa non mi stupisce.

Tenco e quel testo antimilitarista

E pensare che a Tenco avevano fatto riscrivere il testo della sua canzone: quella originale si intitolava “Li ho visti tornare” ed era una canzone antimilitarista. Ma a quei tempi il controllo di opportunità era stringente e l’Alleato americano era fortemente impegnato in Vietnam… Tenco, bravo, aveva comunque scritto una canzone bella e amara sull’emigrazione-delusione e sul cupo ritorno (una decina di anni dopo Guccini ha scritto la bella “Amerigo” sulla stessa linea).

Della versione originale era rimasto solo il ritornello

A me viene da associare il tragico gesto di Tenco a quello che un anno dopo sarà il magico ’68. Anzi, pochi giorni dopo il tragico gesto, si verificarono le prime occupazioni delle Università. In fondo gli studenti si mobilitarono anche contro la banalità e il conformismo. Tenco aveva solo pochi anni più di loro. In quel tragico Festival del 1967 Gian Pieretti ed Antoine hanno interpretato “Pietre” di cui era autore anche Ricky Gianco.

C’è da dire che un paio di anni prima Bob Dylan aveva scritto “Rainy day Women”.
Sentendo prima Dylan e poi “Pietre” si coglie con chiarezza l’ispirazione (anzi, anche qualcosa in più…). In ogni caso toni, ritmo e arrangiamento la rendono una canzone da canticchiare sopra pensiero e rischiano di far evaporare il testo.

Non farai mai tutti contenti

Ma il testo non è da canzonetta e si presta, mi pare, a due chiavi di lettura. La prima più immediata: non farai mai tutti contenti, ci sarà sempre qualcuno che si lamenta di quello che sei, di quello che fai, che cosa vuoi farci? Rassegnati.
Con un po’ di buona volontà si può immaginare, sottinteso: al limite “fregatene”.
La seconda un pochino più complessa ed è quella che preferisco: vai per la tua strada, sceglila e vai. Non puoi piacere a tutti, non puoi fare contenti tutti. Scegli, decidi e vai per la tua strada.

Con quello sguardo che disse tutto…

Ecco, sì, questo mi piace: guardati allo specchio e decidi. Proviamo adesso a immaginarla eseguita più lenta, senza trombette e tromboni: chitarra e pianoforte, per esempio. Immaginiamola cantata dalla voce profonda di Luigi Tenco.
Tutto un altro effetto. Mi viene in mente quella foto sulla sua tomba, in quel piccolo cimitero di un paesino in mezzo alle vigne.  Quel suo sguardo profondo di chi si volta, torna allo specchio, si guarda. E decide che certe cose non fanno per lui.

Claudio Zucchellini

Claudio Zucchellini

Avvocato, Consigliere della Camera Civile di Monza, attivo in iniziative formative per Avvocati, Università, Scuole e Società Civile.

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