Lo ammetto, quando si parla di calcio sono un tifoso nel senso più pieno del termine. Sono schieratissimo e fazioso: guai a chi mi tocca il “Toro” Martinez o Mister Simone Inzaghi. Sono così tifoso, che il giorno del mio matrimonio, ho congedato velocemente gli invitati al pranzo di nozze e ho portato mia moglie a San Siro. C’è comunque da dire, a mia parziale discolpa, che si giocava una partita di Champions (per la cronaca, Inter-Spartak Mosca, finita 2-1). Fuori dal calcio, ritengo però disdicevole comportarsi da tifoso.
E ho cercato di portare questo modo di vedere ne L’Incontro, ritenendolo coerente con i valori e lo stile della nostra testata. Il vecchio vezzo di dividersi in guelfi e ghibellini, in “noi” e “loro”, rappresenta il contrario della cultura del confronto. Anche perché un tifoso segue la pancia, è viscerale, rifiuta di ascoltare le ragioni degli altri. Il più delle volte non articola le proprie argomentazioni, anzi si esprime in modo apodittico. “Chi non è con noi, è contro di noi”, è il suo motto.
E guai a non esaltare chi è “con noi” o a cercare di capire chi “è contro di noi”. In più non di rado, il tifoso scende anche nell’offesa personale. Il che in una discussione costruttiva rappresenta un peccato mortale. In questo sesto anniversario della “rinascita” de L’Incontro ho voluto ricordare questo nostro taglio editoriale. Una precisazione, a mio avviso, particolarmente attuale in questo periodo in cui il mondo paro vivere una fase di estrema polarizzazione. A continuare l’analisi della storia recente e del posizionamento de L’Incontro è il nostro editore, Riccardo Rossotto, nell’articolo qui di seguito.
Milo Goj
Sono passati 6 anni, 72 mesi, 2191 giorni da quel 19 marzo 2019 in cui battezzammo l’uscita de L’Incontro nella nuova edizione online. C’eravamo assunti l’impegno con Bruno Segre, che aveva dichiarato la sua impossibilità di continuare la diffusione dell’edizione cartacea della testata, di cercare di evitare che un foglio indipendente come L’Incontro potesse finire nel cassetto, in un Paese in cui il valore della stampa libera era fondamentale e non sempre rispettato e giustamente considerato.
Fin dalla sua fondazione la testata, promossa e diretta da Segre, aveva consolidato un posizionamento di assoluta autonomia e indipendenza rispetto alla partitocrazia italiana, pubblicando reportage o inchieste anche sgradite al potere o comunque politicamente “scorrette”. La nostra responsabilità era dunque quella di impegnarci a mantenere quel posizionamento, arricchendolo di nuovi autori che aiutassero il target dei lettori a leggere meglio un contesto internazionale e domestico, sempre più complesso e controverso, sempre più inquietante e angoscioso. Non ci eravamo dati dei traguardi temporali precisi, ma avevamo garantito il nostro massimo impegno sia in una raccolta fondi che permettesse la sostenibilità economica dell’edizione online sia nella costruzione di contenuti editoriali in linea con la storia e i valori de L’Incontro.
Tutto ciò in un contesto di mercato in cui, con una cadenza spaventosa, cadevano come birilli, chiudendo la loro diffusione, tantissimi quotidiani locali o nazionali del nostro Paese. Ormai Internet e la Rete avevano iniziato ad abituare i consumatori a fruire di una informazione online, veloce, continua e permanentemente aggiornata. Certo una informazione molto sintetica, a volte limitata ai titoli con al massimo degli “occhielli” di supporto, molto portata quindi alla semplificazione della complessità, a rischio di polarizzare le opinioni dei lettori.
Oggi festeggiando le 6 candeline, inimmaginabili il 19 marzo del 2019, possiamo, a nostro avviso, essere ragionevolmente soddisfatti. Abbiamo fatto sopravvivere la rivista, in un mercato dell’informazione online concitato, molto competitivo, animato da migliaia di blog o comunque di testate digitali, siamo riusciti a mantenere un certo posizionamento. Avremmo potuto fare di più? Sempre e comunque! Il nostro attuale direttore, Milo Goj, è diventato fortunatamente un altro “prigioniero de L’Incontro“: sì è man mano appassionato, mettendo a disposizione tutta la sua esperienza e competenza nel dirigere una testata di informazione in un mercato complicato come quello attuale.
Ha arricchito il panel degli autori, ha permesso sempre ai nostri contributori di esprimere le loro opinioni, anche le più diverse o quelle non condivise, purché non violente e non incitanti all’odio. Ha migliorato il format generale della rivista e in particolare della rubrica “In/Contro“ permettendo ai lettori di avere due opinioni ragionate a confronto sui grandi temi della contemporaneità. Insomma, ha tenuto la barra del timone dritta aiutato da un editore che non l’ha mai fatto sentire troppo solo.
Andiamo quindi avanti, in questo faticoso e complesso progetto, non nascondendoci la difficoltà di poter reperire dei nuovi finanziatori o comunque dei fondi per continuare a garantire la sostenibilità economica della testata. Sostenibilità economica che siamo riusciti a garantire in questi 6 anni e che salvo nuovi contributi finanziari, allo stato non esistenti, che dovremmo in qualche modo trovare per non dover prendere quella decisione che Bruno Segre aveva d’altronde già assunto 6 anni or sono. Se ci riusciremo lo dovremo anche a voi che ci avete supportato, anche criticandoci, confermandoci che era giusto investire tempo e competenze in questa intrapresa. Vi ringrazio dunque, cari lettori a nome di tutti i consiglieri di amministrazione, spegnendo le nostre prime 6 candeline con l’augurio di poterci ritrovare tutti il prossimo anno ad aggiungerne una a questa bella ricorrenza.
Continuiamo a essere convinti, soprattutto oggi in questo “bizzarro e angosciante spirito generale“ che anima il mondo, che il miglior farmaco contro le quotidiane manipolazioni o contro il mainstream della nostra politica, sia l’esistenza di testate come la nostra che aiutano i lettori a comprendere meglio che cosa ci stia capitando intorno e come ci stiano riempendo di fake news, verosimili ma false. Perché i nuovi ambasciatori della cosiddetta “post-verità”, sono spesso dei menzogneri, portatori di progetti poco trasparenti, molto personalizzati, tendenti, in modo subdolo, a consolidare delle posizioni autarchiche di potere. Tutto ciò che Bruno Segre e L’Incontro hanno sempre combattuto fin dal 1949. E noi continueremo a farlo… finché potremo!
Riccardo Rossotto