A mia memoria, mai la cerimonia inaugurale di una manifestazione sportiva ha creato tanto scalpore e tante polemiche come quella organizzata sabato 27 luglio per le Olimpiadi parigine. Come sempre, non mi pronuncio nel merito. Non dò giudizi di valore sulla scelta di immergere l’evento in un’atmosfera a metà tra mondo Lgbt e riminiscenze pagane. Evito anche di commentare l’opportunità di burlarsi di una Regina di Francia sottoposta a ogni tipo di umiliazione prima di essere decapitata.
Intendo affrontare la questione dal punto di vista di tecnica della comunicazione, materia in cui ho qualche rudimento. Mi riferisco a quella che è stata definita “La parodia dell’Ultima cena”. Una sequenza di drag queen a tavola, è stata interpretata da molti come una messa in scena blasfema del Cenacolo. Gli organizzatori e in particolare il direttore artistico della cerimonia Thomas Jolly hanno dichiarato che non intendevano dileggiare una delle rappresentazioni più sacre della Cristianitá, bensì citare scene della mitologia ispirate a Dionisio (ndr: divinità spesso associata al caos satanico in contrapposizione all’armonia apollinea).
Dal punto di vista della comunicazione e in particolare della semiotica visiva figurativa, queste giustificazioni sono di totale irrilevanza. Come scriveva, tra gli altri, nel 1997 Umberto Eco, le operazioni di riconoscimento si basano su schemi visivi mentali degli oggetti del mondo. Sono i “tipi cognitivi” che ci siamo creati e che abbiamo in memoria. Se molte persone e la maggioranza dei media hanno letto nel testo visivo messo in scena alle Olimpiadi una rivisitazione dell’Ultima cena, quella è l’Ultima cena. I distinguo degli organizzatori si traducono (sempre dal punto di vista della comunicazione) in un vaniloquio. Anzi, rischiano di essere un boomerang, perché “Una smentita è una notizia data due volte”.
In conclusione che si sia trattato di libertà di pensiero e laicismo o di irrisione e discriminazione contro una religione, non sta a me dirlo (almeno nella veste di direttore de L’Incontro). Che quella di Jolly resterà nella storia della comunicazione come una rappresentazione dell’Ultima cena, sono pronto a scommetterci. Che poi ci fosse anche Dionisio e i partecipanti fossero 16 e non 13 (Nostro Signore e i 12 apostoli) non è significativo ai fini del riconoscimento della scena da parte del pubblico.
Milo Goj