Nel 1974 è successo di tutto nel nostro Paese. La strage di Brescia e quella del treno Italicus di stampo terroristico fascista. Il Referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio, nel quale il Paese reale si è dimostrato più progressista dello schieramento politico di maggioranza. Il salto di qualità nelle azioni delle Brigate Rosse con il rapimento del Giudice Sossi.
L’esplosione dello scandalo Sindona con la nomina a Commissario Liquidatore dell’Avv. Giorgio Ambrosoli (grande figura per l’Avvocatura e per la società civile tutta), poi assassinato da un killer prezzolato da Sindona. A Torino il processo allo psichiatra Coda che diede un significativo contributo al dibattito sui manicomi, oggetto del docufilm “Portami su quello che canta. Storia di un libro guerriero” (cfr. Il Libro Guerriero e lo Psichiatra combattivo). Di quel 1974 mi sono cari due LP, che ho apprezzato sempre di più con il passare degli anni. Si tratta di Stanze di vita quotidiana di Francesco Guccini e Canzoni di rabbia di Claudio Lolli. Il primo, riascoltato di recente, aiuta a comprendere appieno le dichiarazioni rilasciate da Guccini a proposito di quel suo lavoro. Si tratta di un disco prodotto in un momento personale e professionale piuttosto delicato.
Ascoltato oggi, non solo i testi, ma anche lo stesso modo di cantare di Guccini lascia intravedere uno stato latente di depressione. “Poi tutto è andato e diciamo siam vecchi (…) mi ritrovo questo vuoto immenso e per rimedio soltanto il dormire” … “lo sai cosa vuol dire stare giorni interi a buttar via nel niente solo il niente” (Canzone per Piero)… “La vita quotidiana Ti ha visto e già succhiato come il caffè che bevi appena alzato e l’acqua fredda in faccia cancella già i tuoi sogni e col bisogno annega la speranza” (Canzone della vita quotidiana)
Tutte le canzoni (tra l’altro quasi tutte lunghe sei o sette minuti, chiara anomalia) fanno davvero pensare a un disamore per la vita. Guccini è nato nel 1940 e si sentiva già vecchio a 34 anni… Vederlo oggi lucido e spiritoso a 84 anni nelle frequenti interviste lascia, invece, una scia di ottimismo. La canzone bandiera del disco è indubbiamente Canzone delle osterie di fuori porta, meraviglioso affresco di uno sguardo caleidoscopico tra passato e presente.
La struttura musicale è impreziosita dalle straordinarie percussioni di Tony Esposito e dal delicatissimo arpeggio di Deborah Kooperman. A proposito di quest’ultima l’ho vista all’opera nel film – nelle sale per pochi giorni – Fra la Via Emilia e il West. Nel bellissimo concerto di quel 21 giugno 1984 in Piazza Maggiore compare e dà grande prova di sé, cantando un brano che pare avvolto da quello straordinario sguardo color acqua marina. Anche con Canzoni di rabbia Claudio Lolli con grande lucidità si occupa del segmento tra personale e politico, tra individuale e collettivo.
Era proprio lo “spirito del tempo”, se consideriamo che proprio nel volgere di quegli anni Roland Barthes teneva al College de France le sue lezioni su “Come vivere insieme”. Claudio Lolli passa dal ricordo di una delicata storia d’amore (Donna di fiume) alla canzone dedicata al massimo disamore concepibile, cioè la guerra. Al Milite ignoto esaurisce l’argomento “guerra” in una dimensione più ampia de La guerra di Piero di De André (precedente) e Il caduto di Guccini (di oltre vent’anni successiva). Tutti e tre capolavori assoluti.
Ma Claudio Lolli, secondo me, ha una marcia in più. Viaggio e Viaggio di ritorno sono canzoni che ho iniziato ad apprezzare pienamente giunto alla soglia dei miei 40 anni. “Vivere è perdersi e ritrovarsi, corrersi dietro e lasciarsi andare una volta di più, vivere è una tela di cose con cui riempire lunghi intervalli tra un momento e l’altro di felicità” non è roba da ventenni (ma lui all’uscita del disco di anni ne aveva 24).
La prospettiva curva del tempo e dell’esperienza mi è balzata dalla memoria allo stomaco improvvisamente, sentendo: “E invece dopo ogni esperienza, ogni viaggio, ogni avventura, c’è una triste partenza, ritorno che fa paura”; “e invece dopo ogni sogno, ogni dolce speranza, c’è un viaggio di ritorno, la porta di una stanza, che apre cose già viste, cose morte di rabbia, le passate conquiste, i buchi nella sabbia (…)”.
Claudio Lolli mi aveva raccontato di aver inciso questo disco a Roma pernottando accampato in una tendina canadese in un campeggio in prossimità della Capitale. La casa discografica gli aveva, però, posto a disposizione un grande arrangiatore come Ettore De Carolis e l’effetto è straordinario. Quando oggi leggo del dramma che si consuma nelle nostre carceri, dei suicidi di carcerati e secondini, immancabilmente mi torna in mente il ritornello di Dalle capre: “Se a casa noi non ci torniamo più, dentro tutta la vita ci sei anche Tu”. Claudio Lolli ha sempre la straordinaria, incantevole capacità di cambiare registro, dal privato al pubblico, dal personale al politico. Indubbiamente la canzone-bandiera dell’album è Compagni a venire.
Parte da un agghiacciante “interno” di famiglia e poi gli amori delusi con la “ragazza grande” e la “ragazza piccola”, le incomprensioni con gli amici e in particolare con quello “diventato un bel Fascista biondo”. Non poteva naturalmente risparmiare un passo alla “gente perbene” cui non perdona di “aver amareggiato le (…) bandiere rosse” (sì, proprio “amareggiato”) fino a non perdonarsi la sua rabbia “immensa, tempestosa, crudele come un mare, che travolga le navi, che affoghi i pescatori che trovino il coraggio di volerlo tentare”.
E quindi? Ecco che riemerge la visione: dalla solitudine alla piazza alla comunità. “Potrò mai ringraziarti, compagno sconosciuto, per il vino che hai offerto senza chiedermi il nome, senza informarti troppo da dove ero venuto, di quanto sangue usciva dalla mia situazione (…) Potrò mai ringraziarvi, compagni sconosciuti, disponibili sempre a offrire amore e vino, sperduti in questo mondo non a grandezza d’uomo e neppure di donna e neanche di bambino, provincia di una vita che dovrà pur finire (…) Potrò mai ringraziarvi, compagni a venire”. Ma io potrò mai ringraziare abbastanza Claudio Lolli?
Claudio Zucchellini