Il cuore del problema è uno solo: aver negato un diritto di scelta, non solo il diritto di decidere una interruzione di una gravidanza. Ogni donna del mondo, di qualunque colore o etnia, ricca o maledettamente povera, deve poter scegliere il destino della propria gravidanza sempre e ovunque. Senza vincoli o divieti. Nella sua più intima e privata sfera decisionale.
Il tema del diritto della scelta se abortire o meno deve essere solo suo, senza Se e senza Ma. Ciascuno di noi esseri umani deve aver sempre davanti a se, in un momento in cui sceglie il suo futuro o quello della sua progenie, un doppio momento di riflessione prima e di decisione poi. Un profilo etico e religioso, quando ciascuno di noi sceglie in base alle sue credenze e al suo sentire morale.
Lo Stato non si sostituisca alla persona
Poi, fatta quella scelta, qualsiasi essa sia, esiste un profilo giuridico, il momento in cui l’ordinamento pubblico dello Stato in cui si vive, ci deve permettere l’esecuzione materiale di tale scelta. In una nazione liberale e laica, lo Stato non si sostituisce alla persona, la mette in condizione di poter eseguire le sue decisioni, ovviamente lecite. Decisioni che rientrino nei valori di riferimento scelti dalla maggioranza di quel paese in quel momento storico. Lo Stato confessionale, invece, si sostituisce al cittadino e decide per lui, impedendogli di scegliere liberamente. Qui sta la differenza fondamentale tra la visione di uno Stato laico e liberale e quella di uno Stato confessionale.
Una decisione che aumenta la discriminazione sociale
La Corte Suprema americana, annullando la legge Roe vs Wade, ha voluto impedire alle donne americane di poter scegliere. Dopo quasi 50 anni di vita, la legge – una conquista civile e sociale – aveva messo fine ad una inaccettabile discriminazione tra donne ricche e donne povere. Una legge che ha permesso a tutte di poter scegliere, anche se dolorosamente, la via dell’aborto, e che oggi è stata cancellata.
Nelle ultime ore siamo stati tutti bombardati dai commenti provenienti dalle parti anche più diverse politicamente e ideologicamente su una sentenza che ha riaperto una questione fondamentale del nostro vivere insieme: la discriminazione sociale. Non stupitevi di questa affermazione apparentemente molto forte e apodittica: la conseguenza della sentenza della Suprema Corte americana è quella di ridare formalmente “il pallino” decisionale ai singoli Stati americani di legiferare in materia di aborto.
I diritti civili vanno tutelati e difesi sempre
In realtà fa ben peggio. Fa ribiombare l’America nelle tenebre di un passato in cui le donne ricche risolvevano in ogni caso il drammatico problema di una gravidanza da interrompere anticipatamente. Mentre, quelle povere, dovevano finire nelle mani delle “Mammane” facendosi massacrare il corpo fino a rischiare spesso la propria vita. Questa è la feroce ingiustizia sociale che immediatamente rinasce dopo la decisione dei giudici americani.
Dice bene Emma Bonino, una delle promotrici del vittorioso referendum sull’aborto in Italia, quando sottolinea che “I diritti non sono scritti nelle tavole della legge, se non li curi e non li difendi ogni giorno ti svegli una bella mattina e non li hai più. Sono stati dati un po’ per scontati. Poi spunta la legge Pillon e chissà cos’altro e ti devi svegliare per proteggerli.”
Serve una reazione positiva delle “persone perbene”
L’Incontro, fin dalla sua nascita, grazie alla passione civile, all’indipendenza e all’autorevolezza del suo fondatore, si è sempre battuta in Italia e nel mondo per la difesa dei diritti civili, per il raggiungimento di una giustizia sociale equa e condivisa. Noi abbiamo il dovere di continuare su quella strada con lo stesso spirito e la stessa volontà. La nostra generazione, quella dei diritti acquisiti, quella che se li è ritrovati già riconosciuti, troppo spesso ha dato per scontato che le cose sarebbero andate avanti così, per sempre. Così non è stato!
Dobbiamo fare in modo che ciò non succeda più. Dobbiamo risvegliarci da un torpore, consolidatosi negli anni per pigrizia e distrazione. E’ il momento di riprendere in mano le battaglie fondamentali per la tutela dei diritti civili di tutti noi. Oggi per le donne americane, domani per i cittadini di tutto il mondo.
Crediamo nella reazione positiva della “gente perbene“ di tutto il mondo.
Crediamo che la voglia di libertà, che la voglia di difendere i propri diritti, alla fine prevarrà.
L’Incontro sempre in prima fila in difesa dei diritti lesi
Vorremmo ricordare in futuro il 22 giugno 2022 come il più grande autogol storico, politico, giuridico e mediatico messo in atto dalla parte più conservatrice e reazionaria di questo complesso mondo in cui viviamo. Questa è la nostra speranza. Che da questa inquietante sentenza risorga un grande movimento pacifico internazionale che riprenda a difendere, coccolare e manutenere i diritti civili fondamentali per la nostra coesione non violenta.
L’Incontro con il suo potente messaggio contenuto proprio nella testata, sarà sempre in prima fila in queste battaglie, nel rispetto dell’opinione altrui ma nella difesa ad oltranza dei diritti lesi, delle vittime di provvedimenti legislativi che offendono la dignità degli essere umani, come in questo caso quella delle donne.
Riccardo Rossotto
Di seguito un commento della sentenza della Corte Suprema dal punto di vista giuridico e legislativo a cura di Riccardo Rossotto
Qual è la portata giuridica della sentenza della Corte Suprema
La sentenza della Corte Suprema americana sta dividendo la pubblica opinione mondiale. Tutti i media hanno le prime pagine piene di commenti contro o a favore della decisione. Ci pare doveroso soffermarci su quale sia veramente “la portata” della decisione dei giudici americani in termini giuridici e legislativi.
La situazione legislativa negli Stati Uniti d’America
Eccovi dunque il quadro della situazione legislativa in America dopo la decisione della Corte Suprema. Nella sostanza la scelta operata dai membri della Corte è stata quella di non considerare l’aborto un diritto costituzionale, rinviando ai Parlamenti dei singoli Stati americani la scelta legislativa da effettuare. I giudici hanno stabilito che a dover decidere “se” e “come” l’interruzione di gravidanza possa avvenire, debbano essere i cittadini (o meglio, i loro rappresentanti in Parlamento). E non i giudici. I cittadini attraverso il voto hanno la possibilità di mandare in Parlamento i propri rappresentanti, ovviamente affidandosi alle loro promesse elettorali a favore o contro l’aborto.
Saranno i singoli Stati americani a decidere cosa fare
La Corte Suprema americana si è mossa dunque all’interno di un quadro costituzionale, non rilevando che l’interruzione preventiva di una gravidanza sia uno specifico diritto previsto dalla costituzione americana. Adesso, la palla passa ai singoli Stati, o meglio, ai loro Parlamenti che sono formati dai rappresentanti democratici e repubblicani eletti dai cittadini dei singoli Stati. Ogni Parlamento avrà l’autonomia e l’indipendenza di decidere in merito alla legge da votare e deliberare sulla liceità o meno dell’aborto e sui suoi eventuali limiti e vincoli.
Non sappiamo se sia corretto affermare che “Il diritto all’interruzione di gravidanza passa di fatto da un diritto costituzionale ad un diritto amministrativo, non un diritto garantito, ma in balìa della temperatura e dalla politica di una certa amministrazione. Questo ha sancito la Corte, questa è l’ombra livida che si allunga su di noi” come ha scritto Chiara Valerio su La Repubblica.
Un diritto civile va sempre difeso
Certo, da oggi in avanti, la libertà della scelta delle donne in questa materia non è più tutelata a livello federale da un diritto protetto dalla Costituzione americana. In ogni Stato bisognerà iniziare o continuare quelle battaglie per la libertà di scelta delle donne finalizzate ad evitare anche una discriminazione sociale ed economica inaccettabile in una società civile e democratica. I diritti anche acquisiti, vanno continuamente “coccolati”, difesi, tutelati. Non si deve mai pensare che siano diritti acquisiti per sempre come ci dimostra la Corte Suprema americana, al di là di ogni valutazione politica.
R.R.