Eraldo Mussa è un amico de L’Incontro, un pubblicitario, uomo di marketing e di creatività. Riparte dalle parole del fondatore de L’Incontro, Bruno Segre, e ne trae uno zibaldone di pensieri che riporta l’avvocato e noi dentro le celle del carcere di via Asti a Torino: uno dei luoghi più oscuri della storia contemporanea della città, dove si sono scritte pagine di segregazione e violenza nei confronti dei prigionieri politici e razziali.

Passo tutti i giorni  davanti alla caserma La Marmora  di via Asti, e  penso spesso di essere lì in quei giorni del 1944. Sono passati 78 anni è vero,  ma sono certo che il “genius loci”, la memoria del luogo,  ci restituisca  tutte  le emozioni, le sofferenze, le paure, i rumori, urla e risate comprese… Tutto, tutto  immutato come allora, forse più nitido e chiaro con la distanza  del tempo.

Così oggi – giorno della Memoria- prendo in mano  “Quelli di via Asti”  di Bruno Segre – Memorie di un detenuto nelle carceri fasciste nell’anno 1944 – e ne riporto fedelmente alcuni passi. Con l’idea di un viaggio a ritroso , prima di tutto dei sensi, cercando di aprire lo scrigno sensoriale della memoria contenuta in queste pagine, e in queste mura.  

Al di la’ delle porte ferree del carcere insonne; senza più sole, né stelle , senza né vita, né morte  

Giovanni Pascoli , alle “Kursistki” , da Odi e Inni

“Entravano ogni giorno a decine gl’italiani in quell’edifico e i pochi che ne uscivano conservavano il ricordo di crudelta’ viste o apprese, di scellerate rappresaglie… Il nome della strada (via Asti) ove sorgeva corse sulle bocche dei torinesi, accompagnato da una triste nomea, sinonimo di forsennata violenza… Ma se tutti i torinesi conobbero di fama quell’ignobile carcere mormorandone cupamente il nome della via, quanti sanno la realta’ di esso al di fuori di ogni deformazione fantastica ?” (pag 38)  

La luce 

“Un luminoso mattino di settembre. E’ mezzogiorno. Il sole domina un cielo così azzurro e terso da disperdere dai cuori ogni amarezza. I miei accompagnatori mi fan salire al primo piano. Poi, al fondo d’un corridoio, entro in una stanzetta affollata. C’è un tizio in borghese al tavolo: “Depositate gli oggetti di valore … “mi dice . … entra un fascista. Ha la camicia nera e il pistolone alla cintola. Sembra uscir fuori da una fotografia del 28 ottobre 1922 a Roma . Allora i fascisti erano proprio così nell’aspetto”. (pag 41) 

Le risate 

“Le ragazze mostravano un morale così alto ch’era per noi un esempio ed un incitamento. Durante il giorno ci giungevano le loro fresche risate. Alla sera le sentivamo cantare in coro . Diversamente da noi , trovavano nella disgrazia serenità sufficiente per passar le ore in un’allegria rumorosa e concorde. Su di esse tuttavia non incombeva la sorte riservata agli uomini : il loro numero era più ristretto, ed infine fruivano d’una maggior indulgenza” (pag 72)   

Le mani 

“La madre si avvicinò al giovanotto e piangendo gli prese le mani: “Oh fatelo per me, per una povera madre… siate buoni, non punitelo, non fategli del male. Avete anche voi una madre … vi scongiuro…. Mio figlio! E cadde in ginocchio scossa dai singhiozzi. Il figlio, in disparte, osservava la scena come se gli fosse estranea. Ma a guardare negli occhi si leggeva un odio terribile. Avrebbe fatto pagar cara a quei miserabili -solo che avesse potuto uscire – la sofferenza e l’umiliazione della madre” (pag 84)   

Gli occhi 

“Mentre “andiamo all’aria” , m’imbatto nel corridoio con Kappa Nove . Appena i suoi occhi incontrano i miei, il suo viso si spiana in un sorriso falsamente cordiale : 
“Ebbene -gli chiedo- quando uscirò? “
“ Te l’ho gia detto, – mi risponde con ipocrita cortesia – dipende soltanto da te. Dimmi il nome di quelle persone ed io, parola d’onore di ufficiale fascista, ti metto in libertà“ (pag 88) 

Il gusto     

“Verso mezzogiorno viene il Paoli ad aprire la camerata . E’ il pasto, ma per l’operaio della Stipel e per un contadino è anche la libertà’ . Prego il primo di fare a me la commissione ch’io dovevo fare per lui. Ci stringiamo la mano. Fugge via. Il contadino invece, un tipo miserabile , mezzo scamiciato, coi capelli in disordine, resta ancora lì. Ha visto che danno la minestra: la vuole anche lui. Così, quando sarà fuori, non dovrà più andare all’osteria. Un coro di improperi lo investe. 
Ciascuno di noi, pur di non restare un momento di più lì dentro, andrebbe via anche nudo o  patir la fame in libertà. 
Ma il contadino non dà ascolto: riempie la sua gavetta e mangia coscienziosamente il riso” (pag 99)   

Il fumo 

“La camerata era la sala d’aspetto d’una stazione dove il treno era, per ciascuno di noi, sempre in ritardo . Stesi sul letto o seduti, intenti a leggere o fumare, silenziosi o ciarlieri , davamo vita ad una scena cui un pittore avrebbe potuto ispirarsi”  (pag 101) 

Il canto 

“Qui ci attendeva un grosso autocarro Fiat, scoperto…
La vettura si mise in moto. Usci dal portone della caserma , infilando via Asti a discreta velocità . Rivedevo le case degli uomini e le strade, dove un tempo ero libero di circolare. Mi parve che i passanti fossero indifferenti o per l’abitudine all’altrui sventura o per egoism … Barretti e i suoi amici in camicia nera o in tuta mimetizzata si misero a cantare sguaiatamente l’inno dei “Battaglioni M” , quasi andassero in un’azione squadrista, anziché in prigione. 
Il canto volgare nell’intonazione , attirava lo sguardo di qualche pedone, perplesso di notare, dietro quegli energumeni cosi entusiasti , file di volti cupi ed angosciati. 
“Battaglion del Duce, battaglioni della morte creati per la vita a primavera s’apre la partita: I continenti fanno fiamme e fior…” Per ognuno di noi quel canto era uno schiaffo , una provocazione accolta in un silenzio forzato”. (pag 103)

Le sirene 

“Suonarono le sirene, un lungo suono di sessanta secondi . Cessato allarme . La sosta in rifugio era finita. Ognuno si avvio’ verso le scale , solo o con il gruppo degli amici. Poi , senza l’intervento dei carcerieri , tutta quella folla si sparse nei “bracci” verso le celle, tranquillamente, come se andasse a casa sua .
 La vita del reclusorio riprese il solito ritmo. Gente che andava e veniva , “scopini” indaffarati, guardie al tavolino”. (pag 140) 

Il segreto del cuore  

“Nei miei incontri con gli uomini ho imparato a conoscerli innanzitutto nello sguardo. E non mi sono mai ingannato. Gli occhi, a fissarli intensamente, dicono le parole dell’anima, il segreto del cuore. Perciò intuivo con sicurezza chi fosse Sessi e come sulla sua saldezza si sarebbe potuto contare in qualunque circostanza”. (pag 141) 

I cinque  sensi (Allievi e maestri)

“Dai tedeschi i fascisti hanno imparato la rappresaglia, la tortura, la deportazione, la tecnica della criminalità militare e poliziesca. E gli allievi si mostran degni dei maestri.Anzi, talvolta li superano in perversità e sadismo . E’ già successo che il tedesco intervenga a frenare il fascista che infierisce sull’italiano alla sua mercè …”. (pag 76)  

All’angolo con via Cardinal Maurizio porgo l’orecchio per sentire il rumore  ormai fievole delle mitragliate sui condannati a morte. 
La memoria va tramandata, e attualizzata , per non dimenticare, per non buttarla dalla finestra, come dice Schopenhauer.

Eraldo Mussa

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