Meno male che Camilla c’è. La consorte di sua Maestà Britannica Carlo III ha condannato la censura messa in atto dalla casa editrice Puffin books nei confronti dei racconti per bambini di Roald Dahl, purgati da espressioni messe al bando dalla asfissiante dittatura del politically correct.  Gli editori avevano tolto parole “non inclusive” (!?) come “grasso” o “pazzo”, per sostituirle con altre giudicate appropriate.

Camilla, da vera regina, non si è abbassata a citare direttamente il caso, ma, intervenendo nel secondo anniversario del club del libro on line “Reading Room”, ha esortato gli scrittori con queste parole: “Per favore, rimanete fedeli alla vostra vocazione, non fatevi ostacolare da coloro che vogliono frenare la vostra libertà d’espressione o imporre limiti alla vostra immaginazione”. Puffin books ha capito l’antifona e, pochi giorni dopo il discorso della Regina, ha annunciato che a fianco delle edizioni “stravolte”, continuerà a pubblicare quelle originali dell’autore di “La fabbrica del cioccolato” e “Matilde”. Questo quasi un mese fa.

Il politically correct miete un’altra vittima

Ma se l’editore di Dahl pare avere imparato la lezione, in queste settimane l’integralismo del politically correct sta continuando imperterrito a fare vittime. Altri autori, soprattutto di racconti per bambini, stanno per essere censurati. Ma anche nei libri di Ian Fleming dedicati a James Bond, sarà tolto ogni riferimento etnico. Come faranno con “Si vive solo due volte”, che si svolge in gran parte in Giappone? E il sessismo di 007, che appartiene al Dna del personaggio (e ha decisamente contribuito al suo successo), come sarà anestetizzato?

Se dal punto di vista legale, queste riscritture paiono essere lecite, per una questione di diritti, a mio avviso non lo sono dal punto di vista sostanziale, in quanto violentano la memoria degli autori scomparsi. I veri artisti non ammettono che si tocchino le loro opere. Conversando, nel 1982, con il Maestro Francis Bacon, lo stesso Dahl (morto a 74 anni nel 1990), disse chiaramente: “Ho avvertito i miei editori che se cambieranno anche una sola virgola in uno dei miei libri, non vedranno mai più una mia parola. Mai! Mai!”. E rincarò la dose con una minaccia suggestiva: “Quando me ne sarò andato, se ciò accadrà…manderò l’Enorme Coccodrillo a divorarli”.

Una violazione del diritto umano

Le vestali del politically correct quando modificano un’opera d’arte, sia visiva, sia narrativa, sia musicale, insomma di ogni genere, violano un diritto umano. Lo ha sancito, già nel 2005, la Convenzione europea di Faro. Recepita in Italia nel 2020, la Convenzione assimila appunto la tutela e l’integrità del patrimonio artistico-culturale a quella dei diritti umani. Un artista, poi, vive in una sua dimensione, dove le sue opere non sono soggette alla morale comune. E soprattutto sono svincolate dai cambiamenti di sensibilità dettati dal l’evolversi dei tempi. Se così non fosse, l’intera Divina Commedia non passerebbe al vaglio della censura.
A parte che non ho mai capito sulla base di quale diritto qualcuno si arroga la potestà di dire quando un’espressione sia o meno corretta, questa forma di cancel culture, se non contrastata ci porterà a mettere al bando tutto il nostro passato.

Da amante del paradosso e dell’iperbole, chiudo con una provocazione. Sperando che resti tale e non si trasformi in realtà. I tagli di Lucio Fontana, espressione più iconica della poetica spazialista del Maestro, erano stati preceduti dai fori (in alcuni casi, chiamati crateri). Attraverso questi “buchi”, la tela perdeva la sua bidimensionalita e apriva uno spiraglio per proiettarsi nello spazio immenso (scusate la sintesi un po’ rozza). Nel mondo dell’arte gira la voce che i tagli di Fontana, incorreggibile donnaiolo, fossero stati ispirati dalla forma della vagina. In particolare, secondo la leggenda, da quella di una nota artista, sua collaboratrice, nonché fidanzata di un altro celeberrimo Maestro. Se dovesse continuare questa deriva del politicamente corretto, correremmo il rischio di veder ritirare tutti i tagli di Fontana, per chiuderli.

Milo Goj

Milo Goj, attuale direttore responsabile de L’Incontro, ha diretto nella sua carriera altri giornali prestigiosi, come Espansione, Harvard Business Review (versione italiana), Sport Economy, Il Valore,...

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