Avevo percorso il Passo del Tonale decine e decine di volte in ogni condizione di orario e di mezzi. Prevalentemente il mattino prestissimo diretto al Cevedale o al Gruppo di Brenta. In due occasioni per salire al Passo Paradiso, scendere al Rifugio Città di Trento al Mandrone e poi attraversare il ghiacciaio delle Lobbie verso il Rifugio. Con la scoppiettante Panda 30 e i suoi magnifici tettucci apribili in tela che rendono ogni tragitto una gita; con la paciosa Lancia Beta di mio papà; togliendomi qualche soddisfazione con la Golf GTI. Tre però le occasioni memorabili con l’amico Carlo, rallista, al volante: con la Porsche Carrera 4; con la muscolosa Delta Integrale Evoluzione e con la Toyota Celica GT4 ex “muletto” della Scuderia Grifone. Ma anche passando in orari normali i pascoli a nord del Tonale sembrano semplici pascoli. Da Passo Paradiso, guardando verso nord, verso l’Ortles e il Cevedale, incantati, si pensano i campi di battaglia alle spalle: gesta epiche di alpini che attaccano alla baionetta con gli sci ai piedi. Dall’altra parte della strada, a nord, pascoli fioriti d’estate e impianti di risalita per gli sciatori d’inverno.
E’ stato mio cugino a indicarmi la “città morta”. Ospizio San Bartolomeo, prendere il sentiero e salire. Su in mezzo ai pascoli. Dopo mezzora di cammino in mezzo ai fiori e alle marmotte cominci a renderti conto che la guerra non fu combattuta solo dall’altra parte della strada, a sud, oltre il Passo Paradiso, dal Castellazzo in poi. Sali in mezzo ai fiori e l’occhio ti cade sui pascoli. Dall’alto, i pascoli sembrano come percorsi da onde. Effetto ottico? Vento che accarezza l’erba? Nuvole che passano e modificano l’effetto del sole? Sali ancora. Linee spezzate in mezzo ai pascoli. Nette. Geometriche. Perfette. Ritmiche. E quelle onde nei pascoli non sono onde. Sono avvallamenti. I pascoli sembrano la superficie della luna come abbiamo imparato a conoscerla dalle fotografie dei satelliti. È il campo di battaglia. Quei pascoli sono stati il campo di battaglia. Quelle linee geometriche sono ciò che resta delle trincee astroungariche a protezione del confine. Più si sale e più la visione d’insieme si fa precisa e netta. Gli avvallamenti sono di dimensioni diverse. Cominci a distinguere i segni degli obici da 80, da 105 o da 149 italiani che hanno battuto le trincee astroungariche in preparazione e copertura. Attacchi, allo scoperto e in salita, dei nostri alpini sotto il fuoco spietato e incrociato delle Schwarzlosen da 450 colpi al minuto. Arrivi su un colle. A sud l’imponente parete nord della Presanella. Dietro le spalle, in un avvallamento, ciò che resta dell’insediamento di rincalzo delle truppe astroungariche, ben al riparo dal tiro dell’artiglieria italiana. La “città morta”, appunto. Qualche bacheca illustrativa e ciò che resta di costruzioni in pietra.
Si può salire ancora, verso ovest, incrociando le trincee della cresta fino alla croce in ferro con frammenti di reticolato in memoria degli Alpenjaeger che su queste montagne hanno difeso i loro confini. E poi su ancora a nord ovest, sentiero esposto, su, verso il Passo dei Contrabbandieri. Quando la luce si fa più morbida, si può rientrare al Tonale percorrendo però la Valle Strino, con il mormorio del torrente. All’inizio dell’estate tra rododendri fioriti. Poi si entra nel bosco, in piano, attraversando torrentelli di acqua cristallina. Improvvisamente, sulla destra, fuori dal bosco, le rovine di Forte Zaccarana, presidio blindato e armato delle Forze dell’Esercito Imperial Regio distrutto dai recuperanti. Le bacheche illustrano le caratteristiche originarie della struttura. Si può scendere in falso piano percorrendo un sentiero e poi comoda strada bianca. A sinistra cominciano a sentirsi i rumori delle auto sulla strada. A est il Sasso Rosso illuminato. Pascoli e campanacci. Il campo di battaglia neppure si immaginerebbe.
Claudio Zucchellini