Il documentario che abbiamo realizzato con Marino Bronzino sul “libro guerriero” di Alberto Papuzzi ha ripreso a circolare nel corso di quest’anno dopo le sospensioni pandemiche.
Una vicenda che fece epoca
Viaggia con noi, in coerenza con la formula che abbiamo scelto come registi e produttori: sempre gratis, sempre alla nostra presenza a scopo formativo e didattico. Le repliche si sommano e via via le situazioni sono andate al di là di quelle “canoniche”: formazione per avvocati o associazioni che operano sui territori. Stiamo portando il docufilm “Portami su quello che canta – Storia di un libro guerriero” via via nelle Scuole e nelle Università. Veniamo contattati e volentieri portiamo questo contributo all’attenzione e alla riflessione dei più giovani. Il processo allo psichiatra Giorgio Coda per maltrattamenti ai pazienti ricoverati a Collegno e Grugliasco fu celebrato a Torino nel 1974. La vicenda fece epoca e diede un importante impulso al dibattito e all’approvazione della cd. Legge Basaglia. Il processo riveste interesse sul piano storico e sul piano giuridico anche in chiave di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.
Il procedimento finì “a schifìo”
Il tema è di grande attualità, considerato il diffondersi del disagio psichico e psicologico e la carenza di adeguate risorse e strutture. È una situazione che viene costantemente rimarcata da operatori e docenti. Ma ci siamo accorti con piacere che gli Studenti vanno anche oltre. Appaiono infatti notevolmente stimolati da una prospettiva particolare di grande importanza alimentata da una circostanza verificatasi, per la verità, al di là del processo ed estranea al libro di Papuzzi. Come viene ricordato nel documentario dall’avvocato Gianpaolo Zancan (che, insieme all’avvocato Guidetti Serra, assisteva le Parti civili in questo processo così difficile, delicato e senza precedenti) il procedimento finì “a schifìo”.
Nessuna pena fu scontata
Il Dottore Giacomo Venditti – Presidente del Tribunale che decise il primo grado di giudizio – spiega le ragioni che portarono alla maturazione della prescrizione. Nessuna pena fu scontata e la vicenda processuale finì in un nulla di fatto. I principi affermati nella sentenza di primo grado e il dibattito che ne seguì hanno, però, lasciato il segno nella coscienza civile e giuridica del Paese. Il professore Coda dopo la condanna subita in primo grado nel luglio del ’74, in particolare tre anni dopo la condanna, nel dicembre del ’77 fu vittima di un “gruppo di fuoco” che lo legò a un calorifero (come era suo uso fare con i bambini indisciplinati ricoverati e sottoposti alla sua autorità) e “gambizzato”. Gli autori del fatto aderivano all’organizzazione clandestina di lotta armata “Prima Linea”.
Un docufilm che ha lasciato il segno
Quando il documentario arriva su questo punto in sala si avverte un brusio.
Ecco, gli Studenti si pongono domande e ci pongono domande sul rapporto tra una giustizia formale che avanza a fatica, poi incespica e a volte finisce per dissolversi e una “giustizia illegale” (un autentico ossimoro) che colpisce nel segno. Il dibattito che ne scaturisce è sempre molto interessante perché coinvolge i sentimenti profondi delle persone, i rapporti nella collettività, la professione di avvocato come professione “di vocazione”, le scelte difensive e il dovere costituzionale di garantire il diritto di difesa.
Gli avvocati per legge e per codice deontologico hanno il dovere di vigilare sull’effettività dell’esercizio dei diritti, sul rispetto dei diritti fondamentali della persona, sul rispetto della legge e sulla tutela dell’affidamento non solo dei propri assistiti ma anche dei terzi, cioè della collettività.
Lo Stato deve garantire l’applicazione effettiva della Legge
E quindi? Ecco, qui viene il bello. Bello e stimolante sentire gli Studenti, bello e stimolante ragionare sulla necessità di interrogarsi sul proprio senso di giustizia e sulla garanzia costituita dalle regole.
Un senso di giustizia che va costruito, nutrito, rispettato e che deve confrontarsi con la vita quotidiana nelle cose grandi e nelle cose piccole. Le regole, lo Stato di diritto, la giustizia dello Stato che deve funzionare. Riforme che si susseguono con l’obiettivo di una giustizia più efficiente e convincente con il contorno di annunci del Ministro di turno.
Su questo argomento torneremo al cospetto del pacchetto della cd. “Riforma Cartabia” e vedremo che cosa succederà realmente. Bello vedere gli Studenti che ragionano sullo Stato di diritto. Giovani che di questi tempi sono esposti a tanti rovesci.
Claudio Zucchellini