Non mi riferisco al presepe, è tutta un’altra storia. Quest’estate mio cugino mi stava accennando a una strana vicenda concernente una bella malga in Val di Non.
Ma eravamo in una tavolata, qualcuno aveva interrotto il discorso e non ci eravamo più tornati su. La questione è rimasta lì in fondo ai miei pensieri finché non mi è arrivato in mano questo bel libro: “Pascoli di carta – Le mani sulla montagna” di Giannandrea Mencini. Non sapevo nulla della questione che mi pare davvero stupefacente e grave.
Uso distorto dei finanziamenti europei destinati alla salvaguardia delle attività pastorali nelle “Terre Alte” e paradossale impoverimento degli operatori in quota.
Aziende a caccia di pascoli a discapito dei malgari
In sostanza si tratta di questo. Grosse aziende agricole di pianura per rispettare i parametri europei in materia di sversamento di reflui animali concorrono alle aste sui pascoli alpini, facendo così risultare di avere più terreno a disposizione.
Avendo economicamente le “spalle più grosse” dei malgari montanari, si accaparrano i pascoli e per di più accedono ai cospicui fondi europei. Dopodiché, “se va di lusso” subaffittano i pascoli ai genuini operatori locali che li curano mantenendoli con le loro bestie. Questi, tuttavia, finiscono per non percepire alcun sussidio e si vanifica la ratio delle normative europee. Se “non va di lusso”, il pascolo rimane sostanzialmente inutilizzato e quindi, appunto, “di carta”, cioè solo sulle carte del procedimento che zelanti addetti agli uffici preposti controllano minuziosamente al fine di erogare i contributi.
Dal Nord al Sud Italia tutti a caccia dei contributi comunitari
Magari qualche povero animale richiedente poco accudimento (tipicamente equini) viene lasciato giusto come “figurante”. In questo caso, beffa delle beffe, a rimanere senza pascolo è il genuino operatore locale. Il fenomeno risulta diffuso ed oggetto di indagini dell’Autorità Giudiziaria dal Piemonte alla Lombardia, dal Veneto all’Abruzzo fino alla Sicilia. Al sud sono stati accertati abusi particolarmente smaccati. Addirittura notai si sono prestati alla predisposizione di documentazione falsa in virtù della quale chi percepiva i contributi risultava aver ricevuto i terreni agricoli da soggetti defunti, inesistenti o ignari.
Incredibile, vero?
Eppure anche questo è successo e sta succedendo. Gli stanziamenti europei per il mantenimento delle zone montane sono giganteschi. È giusto che sia così. Esso è fondamentale sul piano della sicurezza del territorio, della tutela dell’ambiente in generale, delle tradizioni locali e non ultimo delle caratteristiche e delle produzioni agroalimentari in quota. Purtroppo con una certa frequenza finiscono, invece, per ingrassare le tasche degli speculatori, impoverendo proprio i soggetti che l’Europa intende tutelare. Leggo che i controlli sono sporadici, “a campione” e solo dopo che i fondi sono stati erogati. Eppure taluni elementi sospetti emergerebbero evidenti anche già “dalle carte”: uno fra tutti, la distanza chilometrica fra la sede dell’Azienda agricola e il pascolo montano.
Implacabile con i piccoli e onesti, assente con i grandi e i disonesti
Leggo inoltre che ci sono piccole, valorose aziende montane che subiscono annualmente oculatissime verifiche con l’ausilio di personale a terra e di droni. L’efficienza delle forze dello Stato… Implacabile con i piccoli e onesti, assente con i grandi e i disonesti.
È un copione che mi sembra di aver già sentito e già visto. Taluni gravi abusi non possono tecnicamente avvenire se non con la complicità di personale infedele all’Amministrazione dello Stato. Anche questo è un copione che abbiamo già visto e che si ripete ora qui ora là.
Finché non ne verremo a capo, saremo sempre come Sisifo. Incredibile che non si riesca a risolvere questo problema. Anzi, si ha talvolta la sensazione che ci sia un permanente, infallibile sabotaggio trasversale.
Vorrò andare in alcuni luoghi narrati dall’Autore
Privilegerò i dolci declivi dei pascoli alle pareti rocciose delle mie montagne. Dobbiamo farlo, andare e guardare con occhi diversi i pascoli e le malghe e renderci conto di che cosa sia amorevolmente tenuto, custodito, pascolato e che cosa no. Parlare coi malgari. Quest’estate in prossimità di Passo Rolle una mandria in rientro dal pascolo verso la stalla per la mungitura ha attraversato la strada. Traffico bloccato per un buon quarto d’ora. Mi sono fermato volentieri e col cuore che rideva ho filmato lo spettacolo. Le mucche sembravano gioiosi bambini in gita scolastica. Nessuna puzza di truffa. Solo sano odor di stalla.
Claudio Zucchellini