Si parlava di orti fuori città.
Sento: “Un mio amico ne ha uno bellissimo e grande appena fuori Milano, si è fatto anche lo Studio di registrazione perché è un cantautore”.
Non potevo lasciar cadere il discorso. E chiedo: “Renato Pareti…ma sì! È autore di tante canzoni di successo”. Scorro febbrilmente l’archivio della mia memoria.
Sotto la “P” trovo Herbert Pagani e Oscar Prudente.
Quindi curioso, non mollo e cerco
E chi cerca trova. Bisogna saper cercare.
Primo passo fatto. Secondo passo: voglio conoscerlo, quindi un incontro. Terzo passo: articolo per l’Incontro. Incontro Renato Pareti un sabato a Milano.
Trovo qualcosa di immediatamente familiare. Ecco, ci sono!
Nella parlata e nella mimica assomiglia a GianLuca il mio compagno di banco del liceo, che sento ancora adesso. Di lui mi interessa tutto. Milanese nato a “Porta Cica” (Porta Ticinese) appena nel Dopoguerra. Casa di ringhiera.
Genitori operai che lavorano a Cinisello, a nord di Milano.
Arrivarci è un viaggio.
… nessuno studio di musica
“Scighéra” (nebbia) d’inverno, sudore che cola d’estate.
Diploma di grafico, servizio militare in aeronautica a Linate. Intanto lavora “di straforo” per portare qualche soldo a casa. Nessuno studio di musica.
Solo motivetti “tirati fuori” con una fisarmonica che gli è stata regalata da ragazzino.
Va ad orecchio e si diverte come un matto. Non scrive sul pentagramma.
Registra su nastro, su un fido registratore di marca Geloso. Sorrido tra me e me: io la Geloso me la ricordo come marca di megafoni… Gli presentano un Roberto Vecchioni all’inizio della carriera e da lì parte un proficuo sodalizio.
Musiche di Renato Pareti, testi di Roberto Vecchioni, esecuzione dei Nuovi Angeli.
È subito successo
Il primo “botto” è nel 1971: “Donna Felicità“.
Racconta divertito dei tentativi di censura (poi aggirati) di una pudibonda Rai.
Eh…sì…quella “rosa” che viene richiamata qua e là fa storcere il naso ai bacchettoni.
Quella “rosa” che io non posso che immaginare rorida di rugiada.
La canzone viene bocciata a San Remo, ma è un grande successo. E avanti con un Disco per l’Estate e col Festivalbar. Racconta con un filo di commozione che con quei primi guadagni trova casa per i genitori: una casa moderna con riscaldamento ed ascensore.
Divertito, racconta di aver fatto il trasloco in una giornata con un amico senza dirlo ai suoi. Rientrati dal lavoro da Cinisello doppia sorpresa: non c’è più la casa di prima ma c’è una casa nuova, proprio dietro l’angolo. Vien proprio da dire: è un’altra musica!
Mentre racconta queste cose penso che siamo ai primi anni ’70.
È come se mi scorressero davanti le storie e la Storia di quegli anni.
La sua è una storia di quartiere
Una storia proletaria che, però, non si intreccia con le tensioni, le rivendicazioni e le visioni che hanno segnato quelle generazioni e le successive. Fino alla mia.
Racconta poi del suo primo lavoro nel mondo della produzione musicale: edizioni musicali Warner Chappell, un gigante del settore. Per lui è come entrare nel Paese delle meraviglie. Lavora a due passi da Piazza Duomo e in ufficio ha un pianoforte con il quale prende confidenza. Intanto avanti alla grande con altri successi, come “Singapore” (con testo di Vecchioni) e “Anna da dimenticare” (con testo di Paolo Limiti).
Quando Vecchioni decide di scrivere per sé, è lui il produttore dei suoi primi tre LP.
Produce lui la nota, stranota, arcinota “Luci a San Siro”. Sono andato a cercare la versione cantata da Renato Pareti. Ascoltatela! La trovo infinitamente più bella di quella cantata da Vecchioni con quel suo tono piagnucoloso. Nel 1974 viene concepito un concept album per i Nuovi Angeli, “Stasera clowns”. È in sostanza la storia di tutto quello che succede ad un gruppo di musicisti che viene ingaggiato per una serata.
Le musiche sono sue e l’esecuzione è arricchita da importanti e prestigiosi contributi.
Come qualche volta succede stranamente nel mondo dell’arte, l’album viene poco promosso e molto dimenticato. Nel 1975 passa dai Nuovi Angeli agli Homo Sapiens: ci penso e sorrido.
Dal cielo alla terra
Mi sono dimenticato di chiedergli se ci abbia mai fatto caso, se abbia mai ragionato sulla formula di questo cambiamento. Se sia stato un caso o se abbia colto qualche messaggio subliminale. Con “Bella da morire” vincono San Remo e poi ancora tanto successo con “Tornerai, tornerò “. Inizia a produrre dischi per sé. Nel ‘78 concepisce un progetto innovativo con una suite di 15 minuti. All’epoca quello schema era in voga tra artisti di tutt’altro ambiente: pensiamo ad “Aria” o “Come un vecchio incensiere all’alba di un villaggio deserto” di Alan Sorrenti nella sua fase alternativa e sperimentale. Ma pensiamo soprattutto a quel capolavoro di “Ho visto anche degli zingari felici” di Claudio Lolli…
Il suo disco si intitola: “Ansio Lexo Dormipoc”. Racconta e racconta, lui, in modo coinvolto, coinvolgente e brillante, di sé e dei suoi compagni di avventura.
È come se nella testa mi si aprisse un libro. Penso a quello che succedeva in quegli anni nel mondo che frequentavo io e tanti come me. Penso alle stragi, ai tentativi di golpe, alle manifestazioni, agli scontri, al rapimento Moro. Come mondi paralleli.
Musica, parole, canzoni e cinema…
Poi ha lavorato anche nel cinema, con prestigio, con impegno, con successo.
Si è occupato della colonna sonora de “Il futuro è donna” di Marco Ferreri con la Muti e …udite…udite Anna Schygulla, all’epoca sicuramente la più nota attrice tedesca.
Il simbolo femminile della cinematografia di impegno dei cosiddetti nuovi registri tedeschi, Fassbinder, Wenders, Herzog… e la grandissima, immensa Margarethe Von Trotta. Ma il grande botto, il grande successo che persino io ricordavo, avviene in occasione del Festival di Sanremo del 1984. Il brano è: “Come si cambia”, interpretato da Fiorella Mannoia che ne fece una svolta per la sua carriera.
È uno dei pochi Festival che ricordo: gli operai dell’Ansaldo che manifestano.
Inoltre esordiva Eros Ramazzotti, del quale mi avevano parlato per vie traverse e quindi, incuriosito, lo avevo seguito: vinse tra i giovani con “Terra promessa”.
Secondo me la vittoria assoluta l’avrebbe meritata la Mannoia, perché la canzone era davvero bella e lei davvero brava.
Albano e Romina primi e Toto Cutugno secondo. Evvai!
Grande e bravissima la Mannoia, già allora e adesso ancora ancor di più.
Ma provate a cercare la versione cantata da lui, da Renato Pareti: ha tutta un’altra impronta, ma certo non meno intensa e forte. I racconti si fanno incalzanti e senza muri: canzoni di successo per lo Zecchino D’Oro. Musicista a tutto tondo. E alcuni film con Verdone e coi fratelli Vanzina. Artista a tutto tondo.
Corre intanto il mio archivio: luce e controluce. È un caleidoscopio in cui si alternano contenuti, emozioni, progetti, ambizioni, aspirazioni. Online si trova molto materiale Renato Pareti è molto attivo e sta riproponendo in modo sistematico la sua variegata e monumentale produzione. Qualcosa ho già cercato, qualcosa ho già esaminato con curiosità ed interesse. Qualche volta con sorpresa. Pareti senza muri.
Ma a volte le pareti sono mondi.
Claudio Zucchellini