Circolano in questi giorni di vigilia elettorale in Germania voci molto preoccupate sul rischio di interferenze russe sui cittadini tedeschi, legittimati al voto. L’ex Commissario europeo, il francese Thierry Breton, ha dichiarato alla stampa che “L’Unione Europea ha gli strumenti per bloccare qualsiasi ingerenza straniera… come ha fatto in Romania e come dovrà fare, se necessario, anche in Germania”. Al di là delle polemiche che tale dichiarazione rilasciata all’emittente francese Rmc ha scatenato in Europa (in sintesi, si contesta a un cittadino europeo che non ha più nessuna carica istituzionale di formulare, ad avviso dei dissenzienti, delle minacce di violazione del Digital Services Act assolutamente infondate), l’ammonimento di Breton fa emergere una seria preoccupazione che quanto accaduto in Romania possa ripetersi anche in Germania.

Non so se Bruxelles abbia effettivamente la capacità e gli strumenti per bloccare le eventuali ingerenze straniere nelle elezioni dei vari stati membri (una circostanza tutta da verificare anche alla luce, fin dai tempi del referendum sulla Brexit, di tutti i precedenti che sono accaduti senza alcun intervento diretto dell’istituzione europea) ma certamente quanto accaduto a Bucarest ha sollevato preoccupazioni e incubi in molte capitali europee, di paesi che hanno in programma dei momenti elettorali nel breve e medio periodo.

Abbiamo potuto leggere il reportage del giornalista bulgaro Victor Ilie che ha studiato a fondo il contenuto dei documenti redatti dall’intelligence romena, quei documenti che hanno portato la Corte Costituzionale di Bucarest, dopo una serie di ricorsi depositati, ad annullare il primo turno delle elezioni presidenziali di quel paese lo scorso dicembre. Due sono gli scenari evidenziati dagli uomini dei servizi segreti rumeni. Il primo riguarda l’imprevisto successo del candidato, apparentemente indipendente e di estrema destra ma nella realtà filorusso, Calin Georgescu.

Il risultato da lui ottenuto non è stato un “risultato naturale” e non è spiegabile soltanto con la scelta antisistema dei tanti rumeni delusi dai partiti tradizionali. Secondo l’Intelligence rumeno il successo di Calin è il frutto di una campagna sui social orchestrata dalla Russia con la condivisione di messaggi identici e con l’utilizzo di importanti influencer. Il secondo scenario evidenzia come la Romania sia stata identificata da Mosca come uno “stato nemico” con la conseguente necessità di considerarla un obiettivo prioritario per quelle che sono definite dalla Corte “azioni ibride aggressive”.

Sono stati segnalati – scrive il giornalista Ilie – 85.000 tentativi di hackeraggio dei dati elettorali con l’intento di modificarne i contenuti anche il giorno stesso delle elezioni. Il reportage di Ilie ha identificato anche i finanziamenti russi effettuati a favore di siti, giornali e influencer rumeni negli ultimi mesi. È interessante notare come TikTok, social network rimasto largamente inattivo in Romania dal suo lancio nel 2016 fino a due settimane prima della data delle elezioni, quando l’intensità invece degli annunci “manipolati” è diventata rilevantissima.

Ma come si organizza una strategia di manipolazione dell’elettorato? Nel dossier di Ilie si trovano spunti per avere un quadro della situazione. Vengono ingaggiate, coinvolte, reclutate e coordinate, attraverso Telegram, delle persone apparentemente normali ma che, nella realtà, si prestano per denaro a svolgere un’attività di influenza sui loro concittadini elettori. I cosiddetti influencer sono stati contattati da una società sudafricana che si occupa di marketing online. Gli influencer erano liberi di scegliere modi e tempi di pubblicazione dei video che avrebbero però dovuto toccare alcuni argomenti cari alla campagna elettorale di Georgescu. Senza tali riferimenti nessun compenso!

I pagamenti, di circa 1000 euro cadauno, arrivavano attraverso una piattaforma abitualmente utilizzata dai piccoli influencer per monetizzare le visualizzazioni dei loro contenuti su Instagram e in particolare su TikTok. È stato poi identificato anche un account TikTok che avrebbe effettuato pagamenti in dollari in un solo mese dal 24 di ottobre, esclusivamente a utenti che promuovevano il candidato Georgescu. Victor Ilie ha poi denunciato la distrazione e indifferenza degli organismi di controllo rumeni su un fenomeno che era prevedibile: “Si è lasciato fare” scrive il reporter, presupponendo anche l’ipotesi della correità di alcuni corpi statali rumeni sulla strategia di manipolazione russa.

Ho avuto la prima soffiata – scrive Ilie – nel 2022: ho avuto accesso a documenti sui copiosi versamenti russi che arrivavano regolarmente ad una tv rumena. I soldi venivano versati da AdNow, una società di pubblicità digitale legata al Cremlino”. Ilie ha avuto una serie di problemi per queste sue investigazioni giornalistiche. Dopo aver pubblicato la prima puntata della sua inchiesta sulla rivista Snoop è stato minacciato di morte. “Sappiamo tutto di te e della tua famiglia” gli avrebbe detto un capo dell’organizzazione “Tracia Unita”, schierata a favore di Calin Georgescu.

Ilie ha continuato il suo lavoro scoprendo che almeno 2 milioni di euro erano stati indirizzati tra il 2016 e il 2024 da AdNow ad una serie di siti web di reti televisive come RTV e Realitatea Plus, e anche a degli influencer orientati all’estrema destra. Ilie ha fatto delle ricerche su chi ci fosse dietro AdNow e ha scoperto che il suo quartier generale è a Londra, nello stesso palazzo dove ha sede la società di un parente stretto di Vladimir Putin e dove sono domiciliate anche altre società legate al Cremlino. Inclusa la società Bunelu che ha poi aperto una filiale in Romania e coordina una rete di aziende attraverso un responsabile proprio di quella organizzazione Tracia Unita che ha poi minacciato pesantemente il giornalista.

I vertici di questo movimento frequentano l’ambasciata russa, organizzano comizi e dibattiti con il candidato Georgescu e alcuni militanti si sono candidati nelle liste del partito di estrema destra SOS. Dunque, la strategia è quella di finanziare “opinion maker” che, pescando nel malessere delle classi medio basse, favoriscano il successo di quei partiti populisti che in qualche modo propongono soluzioni politiche molto gradite a Mosca: la dissoluzione dell’Unione Europea e l’accrescimento del voto di protesta sul modello di quanto avvenuto in Ungheria a favore di Orban.

Quale è stata la reazione dei partiti politici rumeni? “Ci sono state pesanti interferenze – ha dichiarato il Vicepresidente del PPE, parlamentare europeo Siegfried Muresan, – siamo in attesa delle motivazioni della Corte Costituzionale ma da cosa emerge dalle relazioni dei nostri servizi segreti si parla esplicitamente dello zampino di Mosca. Il trionfo del candidato “venuto dal nulla” è frutto di un’azione ibrida aggressiva che viene dritta da Mosca”.

Muresan condivide anche l’opinione di Ilie sul fatto che le autorità governative non abbiano vigilato adeguatamente su cosa stesse succedendo nel paese: “In Romania una legge obbliga alla trasparenza nelle condivisioni di contenuti elettorali. E quella è mancata totalmente”. In più, e questo è il paradosso di questa storia, Georgescu si è vantato di non aver speso un euro per la sua campagna elettorale. È poi emerso il “perché” e il “come” sia stato possibile: è venuto fuori che i Tiktoker “che pompavano la sua campagna” erano pagati da Mosca, ha commentato Muresan.

Insomma, si è verificata una strana alleanza tra gruppi di estrema destra rumeni e il Cremlino per destabilizzare la Romania e secondo alcuni per trasformarla in una nuova Bielorussia.  Cosa che è avvenuto e che soltanto grazie all’intervento della Corte Costituzionale si è finora arginata. Georgescu, da parte sua, dopo lo stop a sorpresa delle elezioni, è stato tra i primi a gridare al “colpo di Stato”, accusando le istituzioni rumene di aver “calpestato la democrazia”.  Non era mai successo che in un paese dell’Unione Europea, membro della Nato, un voto fosse cancellato in extremis a causa di provate “azioni ibride e aggressive di un paese straniero”.

La speranza è che il precedente rumeno metta sul chi-va-là le varie autorità di controllo dei paesi membri dell’Unione Europea soprattutto con riferimento alla trasparenza delle transazioni finanziarie in qualche modo riconducibili alla campagna elettorale di qualche candidato antisistema. Inoltre, sarebbe auspicabile, a mio avviso, che in tutti i paesi europei gli editori dei vari social network si accordassero per un sistema autodisciplinare mirato a tutelare gli elettori di fronte a contenuti politici originati da interferenze non lecite, a maggior ragione se provenienti da stati esteri.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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