In vista del voto delle prossime elezioni Europee (23-26 maggio) la bottega di Big Data analysis del progetto #Unito4Europe ha messo in moto le macchine iniziando ad analizzare le conversazioni reperibili pubblicamente in Rete.
Allo scopo di fotografare l’agenda del dibattito pubblico europeo, i nostri strumenti di indagine hanno monitorato le principali testate giornalistiche nazionali – Il Giornale, Il Secolo XIX, Il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, Il Sole 24 ore, La Stampa, La Repubblica, Libero – e le corrispettive pagine Facebook.
Il risultato di questa operazione di web e social listening è un’analisi di 242 articoli, pubblicati tra settembre 2018 e marzo 2019, e 49.500 commenti di utenti Facebook.
Quali sono, dunque, i temi e i protagonisti che hanno popolato la narrazione in questi mesi, stimolando il popolo attivo online a parlare di Europa?
In generale, l’incognita sulle performance delle forze politiche euroscettiche e sovraniste rappresenta la più popolare tematica attorno alla quale si sviluppa il dibattito europeo: il successo raggiunto da partiti come la Lega in Italia, il Front National in Francia, Fidesz in Ungheria e Diritto e Giustizia in Polonia rende, infatti, sempre più probabile un’escalation del populismo di destra con la conseguente nomina del nuovo Presidente della Commissione Europea tra le fila dei partiti più euroscettici. Non sorprende, quindi, che fra i termini più rappresentativi dei temi individuati emergano i nomi di personaggi di spicco del fronte sovranista europeo – Orban e Weber in primis – i quali – scrivono alcuni – potrebbero succedere all’attuale Presidente Juncker.
Il consenso che il populismo di destra ha raccolto in gran parte del continente europeo impone, inoltre, una riflessione su un effetto tutt’altro che secondario per l’Unione Europea: la sopravvivenza delle sue istituzioni di fronte allo tsunami delle forze euroscettiche. Molti commentatori online, infatti, sono consapevoli e discutono del “paradosso del no”, per cui un eventuale successo della coalizione “anti-europa” porterebbe al timone del piroscafo Europa “comandanti kamikaze”, che più volte si sono espressi per il dissolvimento del soggetto transnazionale.
Contribuisce a una narrazione nel complesso allarmistica la diffusione di sondaggi non particolarmente incoraggianti per il fronte dei pro-Europa: per la prima volta dall’elezione diretta del Parlamento europeo (1979), infatti, il Partito popolare e il Partito socialista – le due forze politiche più dichiaratamente europeiste – potrebbero non raggiungere la maggioranza necessaria per governare, a causa del calo di consensi che li ha investiti (frutto, tra le altre cose, del crescente sentimento di sfiducia maturato nei confronti delle istituzioni europee e di cui si trovano abbondanti tracce online).
La corsa al voto del 26 maggio si configura, dunque, come una sfida campale, combattuta tra forze politiche contrapposte lungo il nuovo asse sovranazionalismo-sovranismo che ha sostituito il più tradizionale assetto destra-sinistra. A rendere ancora più incerto l’esito delle prossime elezioni è l’incognita Brexit: l’incapacità di prevedere gli effetti dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea solleva, infatti, un grosso interrogativo sugli scenari futuri e si configura come un potente strumento narrativo – in ottica di spettacolarizzazione mediatica – sfruttato dalla stampa per creare suspense attorno all’appuntamento elettorale di fine maggio. Non è un caso, dunque, che la narrazione giornalistica si focalizzi in modo particolare sugli aspetti più problematici e incerti della vicenda Brexit e sintetizzati dai termini presenti nella grafica sottostante: il disaccordo sui negoziati per l’uscita e il ruolo del Regno Unito nelle prossime elezioni europee.
Nel primo caso, gli articoli tendono ad enfatizzare le difficoltà incontrate dalla premier Theresa May che ha visto respingere per ben due volte (ormai sappiamo che sono tre i no) dal Parlamento britannico l’accordo raggiunto con le istituzioni europee. Il percorso sempre più in salita spinge, quindi, a paventare, come un fantasma minaccioso, l’opzione del “No Deal”, l’uscita senza accordo, che provocherebbe – a detta dei quotidiani – conseguenze catastrofiche sull’economia del Regno Unito.
Oltre a ciò, l’incognita Brexit solleva non poche perplessità in merito al ruolo svolto dagli elettori britannici il prossimo 26 maggio e apre a due ipotetici scenari: da un lato, il raggiungimento di un’intesa soddisfacente per entrambe le parti in causa – il governo di Theresa May e l’Unione Europea – porterebbe ad una riduzione del numero di europarlamentari privando il PPE del contributo strategico dei Tories, in un contesto geopolitico nel quale le forze euroscettiche risultano in forte crescita; dall’altro lato, l’eventuale estensione della deadline a luglio costringerebbe le istituzioni europee e britanniche ad affrontare la questione “voto”, aprendo ad uno scenario per certi versi paradossale nel quale i nuovi parlamentari europei inglesi verrebbero eletti per essere “cacciati” non appena definito l’accordo sull’uscita.
Se, quindi, l’imprevedibilità e l’incertezza si configurano come ingredienti peculiari dell’agenda del dibattito europeo, come reagiscono i lettori di fronte ad una narrazione che fa della spettacolarizzazione e del registro emotivo i suoi cavalli di battaglia?
L’analisi dei commenti ai post pubblicati dalle testate giornalistiche sulle pagine Facebook in merito al tema Brexit ha messo in luce un’evidente polarità di opinioni, che si estende oltre i confini della specifica questione e investe più in generale l’Europa intesa come istituzione. Da un lato, infatti, i commenti degli utenti delineano una corrente populista che punta il dito contro l’UE, dichiarandosi favorevole a referendum come quello della Brexit, e sostiene con forza la necessità di rispettare la preferenza di voto espressa dai cittadini britannici.
Dall’altro lato, vi è un fronte “europeista” che giudica la scelta del “leave” un grave errore da parte del Regno Unito e auspica un ripensamento da parte del governo britannico o, quanto meno, una rapida conclusione dell’accordo per l’uscita.
Volgendo, invece, lo sguardo al contesto politico italiano, come si muovono i partiti nazionali?
L’analisi dei commenti Facebook delle testate giornalistiche nazionali consente di delineare un sentiment generale attorno ai temi della politica interna e alle mosse degli attori politici e delle forze che li sostengono: le divisioni interne al governo giallo-verde sulla TAV, così come le recenti elezioni regionali in Abruzzo e Sardegna e i risultati delle primarie del Partito Democratico, assumono un peso rilevante in vista del prossimo appuntamento elettorale. In particolare, la nomina di Nicola Zingaretti alla segreteria del PD, lo svolgimento delle Europarlamentarie del M5S e la consacrazione della Lega come primo partito nazionale sollevano alcuni punti interrogativi riguardo l’esito delle future elezioni europee e il ruolo che i singoli partiti italiani potranno giocare all’interno dello scacchiere europeo.
L’attuale governo, identificato nel tandem Lega-M5S, è attraversato da due sentimenti contrastanti: da un lato chi critica aspramente l’operato del governo gialloverde, giudicato come inadeguato e in grado solo di peggiorare la difficile situazione in cui l’Italia versava prima della nomina, dall’altro chi giustifica alcune decisioni dell’attuale governo come necessarie a risanare gravi lacune degli esecutivi precedenti. Inoltre trovano spazio delle invettive rivolte ad alcuni giornali, accusati di aver sistematizzato delle campagne per screditare l’attuale governo.
La figura di Salvini è certamente quella su cui si concentra maggiormente l’attenzione del dibattito politico, rafforzata dai sondaggi e dalle proiezioni che vedono la Lega al primo posto nei consensi degli italiani. Il rapporto con il centrodestra, e in particolar modo con Berlusconi, emerge come uno dei temi ricorrenti. Ed è proprio in un contesto politico caratterizzato dalla faida gialloverde, che si fa strada Forza Italia, che dopo 25 anni non solo ritorna in pista ma si candida alle elezioni europee. Si configura come partito pro-Europa di centrodestra, il Cavaliere lo dice forte e chiaro “Per cambiare l’Europa il Ppe deve abbandonare l’alleanza storica con i socialisti e aprirsi ai conservatori e a quei sovranisti che bisogna educare e convincere”. La novità di questo partito è il discreto successo riscosso tra giovani leghisti delusi dall’alleanza di governo con i pentastellati.
Sicuramente in salita anche la strada per il Partito Democratico e per il neo segretario Nicola Zingaretti, chiamati a ricucire lo strappo creatosi con gli italiani dopo i fallimenti e le contraddizioni delle precedenti segreterie e a confermare i piccoli segnali di ripresa registrati durante le recenti elezioni regionali. Nonostante il “cambiamento” apportato al simbolo presentato per le Europee, il pubblico di Facebook non riconosce un reale rinnovamento nelle liste dei candidati e nell’indole del partito, constatando la mancanza di figure giovani e considerando il PD come un partito oramai agli sgoccioli che rappresenta solo gli interessi dei ricchi e non più della gente comune.
Intorno al Movimento 5 Stelle invece ha avuto grande rilievo il meccanismo di voto delle Europarlamentarie per selezionare i candidati alle elezioni. Se per i sostenitori dei pentastellati tale procedura rappresenta un modo per escludere “i soliti ladri e mafiosi a cui ci hanno abituato da sempre” e la massima espressione di democrazia diretta, dall’altro, una nutrita schiera di detrattori definisce il tutto una “pagliacciata” orchestrata “dalla premiata ditta Grillo Casaleggio”, gettando delle ombre sulla regolarità delle votazioni e sulla trasparenza della piattaforma.
Fin qui, una sintesi ragionata del percorso di avvicinamento alle Europee 2019.
Dal prossimo appuntamento, entreremo nel vivo di questa campagna elettorale, che si appresta a entrare nella sua fase clou.
Giuseppe Tipaldo e i 3 team di #Unito4Europe