Nell’eterna discussione, mai risolta in modo definitivo, sul tema del “Come” e sul tema del “Quando” si costruisca la nostra personalità, ci sono alcuni elementi condivisi anche a livello scientifico. Al di là del DNA che ci viene trasferito dai nostri genitori e che contiene i geni del nostro carattere, il periodo che incide, inconsapevolmente, di più sulla nostra successiva formazione è lo “0-3”. I primi trentasei mesi di vita. Un periodo che nella stragrande maggioranza dei casi non riusciamo a ricordare ma che ci plasma, ci segna, ci resterà dentro per tutta la vita.
Come affrontare la vita dopo i primi 36 mesi
In quei tre anni, iniziamo anche solo istintivamente, la nostra vita di relazione, interagiamo per la prima volta con persone, cose, immagini e suoni. Per la prima volta nella nostra esistenza affrontiamo la realtà nella quale “nuoteremo tutta la vita”. In funzione di come viviamo, sia fisicamente sia psicologicamente, quel periodo della nostra prima infanzia, assumeremo poi certe posture caratteriali, fisiche, psicologiche. Dunque, stiamo parlando di uno “slot” temporale decisivo per il nostro futuro. Poi, l’educazione, il contesto naturale e sociale, la formazione scolastica completeranno la costruzione della nostra personalità, del “chi siamo” come esseri umani.
Una ferita sociale conosciuta e sottovalutata
Perché siamo di fronte, noi spettatori distratti, a uno scandalo che deve finire. Sul quale dobbiamo eticamente, e non solo, gridare il nostro malessere, la nostra rabbia, il nostro dolore, la nostra volontà che si ponga fine ad una tragedia già scritta. In questo agosto del 2022, nelle nostre devastate carceri, ci sono 27 minori, da 0 ai 3 anni, reclusi con le proprie madri. Senza alcuna colpa, salvo quella di essere figli di una mamma carcerata. La proposta di legge per porre fine a questa tragedia era finalmente pronta e condivisa. Mancava solo l’approvazione finale del Senato, dopo il parere favorevole della Camera. Sia la destra sia la sinistra erano pronte a votare favorevolmente ma, poche ore prima, la caduta del Governo Draghi ha interrotto il percorso legislativo.
Bimbi prigionieri delle nostre prigioni
“Gli innocenti assoluti”, come li ha denominati Luigi Manconi, il primo a denunciare sui media questo scandalo, stanno pagando un prezzo altissimo in termini di costruzione del loro futuro, per questioni burocratiche-amministrative. Questi bimbi rimangono prigionieri nelle celle delle nostre prigioni contaminando, senza alcuna colpa, per sempre la formazione della loro vita. Nel corso dell’ultimo ventennio, dall’inizio del terzo millennio, il numero di questi bimbi “prigionieri” è sempre stato superiore alle 10 unità, talvolta ha raggiunto addirittura quota 50. “Una cifra in apparenza modesta ma una grande infamia, forse la più oltraggiosa per la nostra civiltà giuridica tra quante se ne consumano quotidianamente nei luoghi di privazione della libertà personale”. Così ha scritto Manconi.
Una proposta di legge che va portata avanti
Il mandato al dimissionario Governo Draghi è stato definito di ordinaria amministrazione, in senso “ampio”, proprio per non compromettere i vari dossier aperti sul PNRR, sulla lotta alla pandemia, suoi provvedimenti economici causati e conseguenti alla guerra in Ucraina. Ebbene, l’augurio/invito che lanciamo dalle colonne di questa testata che si è sempre battuta per i diritti civili degli italiani, negati o messi in dubbio, è proprio quello che il Governo con i capigruppo parlamentari, trovi, al più presto, una soluzione tecnico-giuridica che permetta la calendarizzazione del completamento dell’iter normativo di questa proposta di legge. Anche, magari, utilizzando lo strumento del decreto legge, motivato, in questo caso, dall’urgenza umanitaria.
Se 27 bambini vi sembran pochi…
Dobbiamo, come scrive Manconi, far sì che la politica, proprio durante una campagna elettorale importante per il futuro del Paese, sia capace di risolvere la sofferenza di quei 27 bambini e si occupi responsabilmente della loro sorte futura “condizionata in profondità dall’esperienza attuale”. In caso contrario, non stupiamoci poi troppo dell’astensionismo o dei fenomeni di anti-politica, ormai sempre più dilaganti in tutto il mondo.
Riccardo Rossotto