Archiviato, con le tradizionali e surreali contrapposizioni tra i partiti su chi abbia vinto e chi perso, il week end elettorale, mi auguro che la nostra Politica (con la P maiuscola) torni ad occuparsi “sul serio” delle priorità che abbiamo sul tavolo.
Sul “serio” perché auspico che, non essendo a breve programmata alcuna scadenza elettorale, il governo e le opposizioni pensino al futuro del Paese e non agli interessi di bottega.
Abbiamo e hanno una grande opportunità, offerta finalmente da Bruxelles: per una volta, diventino davvero gli statisti visionari di cui abbiamo bisogno, non i mediocri e miopi politicanti del breve termine.
Due precisazioni sono, a mio avviso, necessarie preliminarmente prima di ogni altra discussione, per chiarire due punti che sono passati mediaticamente in modo sbagliato e ci fanno vivere questa straordinaria opportunità con ansie e con un lessico inappropriati.
1. Mi riferisco, innanzitutto, alla denominazione del programma di aiuti deliberato dall’Unione Europea (e ancora da ratificare da parte di tutti i paesi membri: un passaggio questo da non sottovalutare!).
Sembra una formalità ma invece la mia preoccupazione è che rappresenti un approccio culturale sbagliato e irresponsabile.
Il programma di aiuti è stato denominato Next Generation UE, volendo sottolineare ed enfatizzare che i fondi sarebbero stati erogati per progetti futuri aventi finalità strategiche dentro il perimetro delle guide line condivise dalla Commissione Europea.
Trattandosi di miliardi di euro che solo in parte sono a fondo perduto ma che in parte sono a debito, la denominazione del programma ci ricorda che saranno i nostri figli e i nostri nipoti a dover rimborsare il debito che oggi noi sottoscriviamo.
Sicuramente un “debito buono” per citare la brillante definizione di Mario Draghi, ma in ogni caso un debito che dovrà essere restituito.
Allora quando si procederà all’analisi dei progetti presentati ci si ricordi che gli effetti di quegli investimenti dovranno responsabilmente ricadere a vantaggio di quei cittadini italiani che si ritroveranno “sulle spalle” quel debito da rimborsare.
In altre parole, non continuiamo una politica economica miope ed egoista che continua a privilegiare erogazioni di fondi e di sussidi alle nostre generazioni e non si occupa di curare e privilegiare i giovani e cioé coloro che si troveranno a dover rimborsare le rate del Next Generation UE.
Mettiamo nel cassetto quindi, come hanno fatto tutti gli altri paesi membri, la denominazione Recovery Fund (sigla di una cultura mirata a investimenti che sanino esclusivamente i danni causati dalla pandemia mondiale) e usiamo quella corretta di Next Generation UE che certo dovrà aiutare i settori più colpiti dal disastro sanitario ma, nello stesso tempo, dovrà individuare anche delle linee di investimento strategico mirate ad una riforma strutturale di alcuni settori pubblici e privati del nostro Paese.
2. Per tutta l’estate si è discusso, con più o meno leggerezza e con più o meno contaminazione partitica, dei progetti da presentare a Bruxelles per la miglior utilizzazione degli oltre 200 miliardi di euro che il nostro governo è riuscito ad ottenere per l’Italia.
Credo che per motivi politici ed elettorali, molti esponenti di partito abbiano enfatizzato l’urgenza di presentare la lista dei nostri progetti entro il 15 ottobre 2020, apparentemente cioè la data di scadenza della validità delle proposte.
Nulla di più falso!
Il 15 di ottobre, come si può leggere nel documento che regolamenta il Next Generation UE, costituisce la data di inizio per il deposito e la presentazione dei progetti dei singoli stati membri.
La finestra temporale si chiuderà soltanto il 30 aprile 2021 e quindi sei mesi e mezzo dopo l’apertura.
Esaurita la sbornia elettorale e la manifesta intenzione dei partiti di enfatizzare l’opportunità dei fondi europei ma anche l’urgenza di definire i progetti, adesso si torni, per favore, alla realtà e quindi alla corretta interpretazione ed esecuzione del regolamento europeo.
Non facciamoci prendere dalla fretta, dall’urgenza, dall’angoscia di dover fare le cose in fretta e male: abbiamo tutto il tempo di confrontarci, approfondire le proposte pervenute dai vari ministeri, sentire anche altre realtà economiche e sociali del nostro Paese che invocano il diritto di poter presentare a loro volta delle proposte di investimento, e poi, soprattutto, creiamo dei team di esperti in grado di scrivere in maniera corretta e conforme al lessico utilizzato da Bruxelles, per questo genere di programmi, le nostre istanze progettuali.
L’ho già scritto diverse volte sulle colonne de L’Incontro: non sprechiamo questa straordinaria opportunità conquistata dal governo Conte al termine di una lunga e difficile negoziazione, disperdendola in migliaia di piccole progettualità con uno stillicidio di erogazione dei fondi a noi attribuiti, mirato soltanto a risolvere delle criticità nel breve termine.
Costringiamoci a pensare (e qui ritorna il “perché” della denominazione Next Generation UE) a progettualità che ci aiutino a risolvere problemi strutturali del nostro Paese e che avranno un impatto sulla qualità della vita delle generazioni che dovranno rimborsare il debito che noi stiamo per accendere.
Questa è una responsabilità dalla quale la nostra classe dirigente non può prescindere.
Riccardo Rossotto