Quando mi sono avvicinata alla lettura del libro di Mario Bortoletto, Da debitore a creditore nei confronti delle banche, l’interesse era determinato dalla curiosità di approcciare una tematica che mi sta molto a cuore, sin dai tempi della tesi di laurea in Giurisprudenza e del Dottorato di ricerca in diritto civile presso l’Università degli Studi di Torino, quello della tutela dei consumatori, tema epicamente evocato sin dalla copertina del libro (“Vittorie, riscatti e azioni da intraprendere contro il sistema bancario”).
Proseguendo nella lettura quello che mi ha, invero, profondamente colpito, è l’approccio dell’autore nei confronti del mondo dell’avvocatura, criticata o, nel migliore dei casi, come vedremo, completamente obliterata.
La critica che costantemente traspare, nelle testimonianze dell’autore, nei confronti dell’avvocato, è a dir poco feroce. In un caso l’avvocato, viene dipinto, niente meno, come “poco esperto della materia bancaria”, al punto da fare “… scena muta di fronte alle argomentazioni del legale della banca” (cfr. p. 20)
In questo quadro, il consiglio che l’autore ripete insistentemente all’imprenditore “incappato” in un contenzioso con la propria banca è di rivolgersi “esclusivamente a professionisti esperti in diritto e contenzioso bancario e soprattutto determinati” (p. 20), quelli che, in numerosi passaggi del libro, diventano, “Professionisti”, con la P maiuscola, “preparati in materia che possono far valere le vostre contestazioni” (p. 29).
Mi è sembrato, almeno inizialmente, un buon consiglio. In un mondo sempre più iper-specializzato, con una normativa di settore minuziosa, complessa e, almeno nella maggior parte dei settori, eccessiva, non si può pretendere dall’avvocato una competenza da “tuttologo”, dal civile al penale all’amministrativo.
Mi pare ugualmente corretto che l’avvocato lo si scelga non (o, almeno, non solo) sulla base dell’amicizia, della parentela, del passa parola, bensì della effettiva specializzazione. E ciò sarà senza dubbio ancora più facile allorché entrerà in vigore il Regolamento sulle specializzazioni degli avvocati che ha “incassato” il 19 dicembre 2019 il parere positivo del Consiglio di Stato.
Continuando nella lettura del libro, ho compreso però di aver (forse) frainteso il pensiero dell’autore.
I Professionisti con la P maiuscola, citati nel libro, non sono gli avvocati esperti in materia bancaria ma professionisti esperti nella redazione di perizie e nell’esecuzione di analisi tecniche e contabili in grado quindi di portare avanti, sulla base dei risultati delle indagini tecniche, una trattativa con le banche volta a definire stragiudizialmente la vertenza.
Nulla quaestio. Salva la difficoltà di valutare se quello con cui mi confronto è un professionista esperto in materia o meno, soprattutto se non iscritto ad alcun albo, certamente nel mare magnum del pre-contenzioso c’è spazio per tutti, avvocati, periti e consulenti vari, purché si tratti di soggetti competenti e preparati nella materia de qua.
Ciò che, invece, mi è apparso non condivisibile e criticabile è la rappresentazione che l’autore veicola del ruolo del consulente laddove l’accordo stragiudiziale non lo si trovi e si debba procedere con il contenzioso giudiziale civile e/o penale.
In alcuni passaggi l’avvocato è, a dir poco, totalmente obliterato a favore del Professionista con la P maiuscola, unico ed esclusivo punto di riferimento anche nel processo. E’ sufficiente leggere questi stralci per avere, a mio parere, conferma della conclusione di cui sopra.
“Il nostro protagonista riceve quindi il decreto ingiuntivo e si precipita da me disperato … se il decreto ingiuntivo non fosse infatti stato opposto, la sua casa sarebbe stata in pericolo… si procede quindi con l’opposizione presentando la nostra perizia che di fatto vanificava ogni richiesta della banca e il Giudice, non essendo giustamente un esperto contabile, incarica un C.T.U. (consulente tecnico d’ufficio) di fiducia del Tribunale per verificare la nostra perizia (consulenza tecnica di parte)” (p. 59).
Ed ancora in sede civile. “Il Giudice si è già espresso in tal senso, in quanto con un ricorso d’urgenza abbiamo provveduto alla Cancellazione della Segnalazione. Nel momento in cui scrivo, stiamo riepilogando i danni economici causati e non c’è alcun dubbio sul fatto che la maggior parte vadano riconosciuti” (p. 61).
“A questo punto il correntista si rivolge a noi e suggeriamo in primis di opporsi al decreto ingiuntivo, passaggio che bisogna fare sempre, ma per farlo ovviamente ci vogliono motivazioni valide ed elementi tali da giustificare l’opposizione. La perizia econometrica serve a questo” (p. 86).
Ed il Professionista opera anche in sede penale. “E quindi ora come procediamo?” mi chiede con un tono tra la gioia e l’arrabbiatura. “Come ci siamo detti predisponiamo subito la denuncia penale, perché ci sono quasi 70.000 euro di interessi usurari!… Chiusa la telefonata iniziamo subito a lavorare sulla querela…” (p. 79).
L’avvocato non viene neppure citato.
Nei rari casi, poi, in cui la figura dell’avvocato viene, invece, evocata, il suo coinvolgimento viene presentato come il frutto di una scelta autonoma del Professionista consulente e non, come prevederebbe il rapporto fiduciario, dell’assistito. Il rapporto con l’avvocato è delegato, a quanto pare, al Professionista sin dal momento della scelta, di talché il ruolo dell’avvocato si riduce ad un mero strumento tecnico, se non, addirittura, ad un orpello visto che le scelte strategiche di difesa sono, quantomeno nella narrazione contenuta nel libro, attribuite al (solo) Professionista.
Basti scorrere alcuni dei casi in cui l’autore ha prestato la propria consulenza ricostruiti a beneficio del lettore.
Cito un caso per tutti, A fronte dell’archiviazione di una denuncia penale predisposta dal Professionista, il sig. Antonio chiama immediatamente l’autore. Narra l’autore come “viste le motivazioni poco condivisibili del P.M., gli dico di opporsi all’archiviazione attraverso uno dei nostri legali” (p. 81).
Tale prospettazione disconosce, a mio parere, il ruolo dell’avvocato nel processo a garanzia del proprio assistito e svilisce la nostra professione presentando l’avvocato come una merce fungibile e massificata.
L’auspicio è che nessun Collega possa mai accettare di svolgere un tale ruolo di sudditanza.
Monica Togliatto