“L’evoluzione della società sarà trainata dalla tecnologia. Saranno le innovazioni a stabilire il futuro del mondo”. Non ho trovato fonti certe che attribuiscono questa frase, come circola in rete, a Elon Musk. Ma anche se Mr X non l’ha pronunciata alla lettera, rientra nella sua filosofia.
Questa visione tecnocratica non rappresenta comunque una novità. Già nel 1974 Valery Giscard D’Estaing aveva vinto le presidenziali francesi presentando la mitica École Polytechnique (che lui stesso aveva frequentato) come il motore di sviluppo ideale per la Francia che aveva in mente. E la sua venne chiamata “La Présidence technocratique”. Almeno nei primi anni, prima che scoppiasse lo scandalo Bokassa, l’imperatore centrafricano con cui Giscard avrebbe coltivato relazioni pericolose.
Sicuramente 50 anni fa la tecnologia era meno invasiva e la rivoluzione del web ancora doveva venire. Personalmente trovo difficoltà a conciliare tecnocrazia e democrazia, visto che il potere apparterrebbe agli scienziati (e a chi li finanzia) e non al Popolo. Però a parte queste considerazioni “politiche”, il dibattito appare interessante. Da sempre i sociologi si interrogano se sia la società a condizionare la tecnologia o viceversa. Tendenzialmente propendo per la prima ipotesi.
La Storia è piena di esempi che mostrano come una tecnologia, per quanto innovativa, non cambia da sola il corso della Storia. I mezzi per raggiungere dall’Europa le coste americane esistevano già da almeno 400 anni prima di Cristoforo Colombo. I vichinghi avevano stabilito, prima della piccola era glaciale, basi commerciali sulla East Coast, da cui andavano e venivano.
Ma la società europea non era pronta a questa apertura geografica, e la scoperta dell’America restò una non scoperta. Mentre nel 1492, l’Europa era ormai pronta ad allargare i propri orizzonti e si entusiasmò per il nuovo continente. Che bloccava la “via occidentale per le Indie”, ricercata da Colombo, ma che offriva enormi prospettive.
Spostandoci sulla comunicazione mediatica e avvicinandoci alle tematiche attuali, basta ricordare che la tecnologia per il Telefax risale addirittura al 1843 (o agli anni Venti del Novecento se consideriamo il concetto moderno di fax), ma che l’uso è esploso, diventando di uso comune, solo decenni dopo, quando la Società richiese uno strumento simile. Con la digitalizzazione probabilmente qualcosa è cambiato e a volte si ha l’impressione che, indipendentemente dal punto di partenza, lo sviluppo tecnologico vada quasi avanti da solo.
Risposte oggettive non ce ne sono. Del resto, la sociologia è per sua natura interpretativa. E, riguardo al celeberrimo dibatto sulla nascita del Capitalismo nei Paesi protestanti, hanno pari dignità le due interpretazioni opposte di Max Weber e di Karl Marx.
Semplificando in modo un po’ rozzo (lo ammetto), il primo sosteneva che il Capitalismo moderno si era affermato nei Paesi della Riforma in quanto questa, a differenza del Cattolicesimo, non considerava il danaro “sterco del diavolo”. Anzi, il successo negli affari era segno di favore divino. Marx, al contrario, affermava che i Paesi culla del capitalismo avevano adottato la religione protestante proprio per darsi una giustificazione etica.
Milo Goj