La Camera, con 253 voti a favore, 117 contrari e un’astensione, ha dato il via libera al testo sulle “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita“. La legge sul fine vita ora passerà al Senato.
Avviato il 13 dicembre 2021 dalla Camera, l’iter della legge è stato difficoltoso e contrastato dall’opposizione del centrodestra e una parte del mondo cattolico. Il testo dispone le norme per la facoltà di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita. In presenza di specifici presupposti e condizioni, individuando i requisiti e la forma della richiesta. Nonché le modalità con le quali deve avvenire la morte volontaria medicalmente assistita.
Esclusione della punibilità per chiunque agevoli la morte assistita
La legge prevede inoltre l’esclusione della punibilità per il medico, il personale sanitario e amministrativo. Nonché per chiunque abbia agevolato il malato nell’esecuzione della procedura di morte volontaria medicalmente assistita.
Un aspetto regolato anche dall’articolo 6 che riconosce il diritto all’obiezione di coscienza del personale sanitario e istituisce i Comitati per la valutazione clinica presso le Aziende Sanitarie territoriali. Questo il dato attraverso il quale io credo ci si debba misurare perché finalmente il Parlamento sta facendo quello per cui i cittadini lo eleggono. Emanare leggi ponderate e con grande senso di responsabilità per normare ciò che non è più differibile.
Una legge per una società magmatica
Parto da lontano nella mia riflessione e precisamente dall’approvazione della L. n. 219/2017 che si inserisce all’interno di un contesto culturale, sociale e giuridico in continuo movimento sulla materia che stiamo considerando. E’ opportuno tenerne conto quando si ragiona sullo specifico della nuova normativa italiana.
In primo luogo dobbiamo registrare un crescente consenso anche internazionale sulla opportunità di regolare la materia attraverso leggi specifiche. E non solo attraverso norme più generali o facendo affidamento alla deontologia della professione medica, che già prevedono sia l’esclusione dell’eutanasia e dell’ostinazione terapeutica, sia la considerazione da parte del medico delle preferenze che il paziente esprime (anche anticipatamente) quanto ai trattamenti e alla loro limitazione.
Un passo in avanti rispetto a chi è a favore e a chi è contro
La nuova normativa potrebbe quindi apparire superflua. Tuttavia da una parte le norme deontologiche non hanno valore di legge. Dall’altra la dispersione delle norme in fonti diverse non ne permette l’articolazione organica. Per avvalorare la mia posizione mi ispiro ad una approfondita riflessione del gesuita padre Carlo Casalone. Sulle pagine di Civiltà Cattolica il padre gesuita fa un passo in avanti rispetto alle posizioni di contrapposizione tra i favorevoli all’eutanasia e ai fortemente contrari. Padre Casalone svolge la sua dettagliata analisi, per arrivare alla conclusione già anticipata, seguendo alcune direttrici.
In Italia esiste una legislazione sul “fine vita” che ha due importanti cardini, cioè la legge del 2017 sul “consenso informato” che permette di sospendere i trattamenti quando sono ritenuti “sproporzionati” (il che è accettato anche dalla morale cattolica tradizionale). E la legge del 2010 che promuove le cure palliative come via concreta per rispondere alla domanda di assistenza del malato e dei suoi familiari.
Lasciare morire o fare morire?
Sebbene poco conosciute e poco applicate – “disattese” è il termine usato da Casalone – le due normative mettono al centro dell’attenzione una importante questione etica e giuridica. La differenza tra “lasciar morire” e “far morire”.
In altri termini, le norme attuali accettano che in determinati casi, a determinate condizioni, si possa decidere di non lottare più contro il decorso fatale della malattia. Questa posizione è sostenuta con grande acume anche dal già presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick che ritiene che Chi si oppone a una legge condivisa, che limiti il suicidio assistito ai casi indicati dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2019 rischia di ottenere l’effetto contrario a quello desiderato, spianando la strada all’eutanasia attraverso il referendum.
Luca Rolandi