Morire per Kiev per non morire per Taiwan? Il dubbio si fa strada nei nostri cervelli.
Secondo gli ultimi sondaggi la maggioranza degli italiani auspica una soluzione diplomatica per la crisi Ucraina. Soltanto un terzo sarebbe favorevole ad un intervento militare.
Vista la bolletta energetica schizzare a livelli mai raggiunti negli ultimi decenni, molti di noi si pongono un interrogativo inquietante: vale davvero la pena difendere l’autonomia e l’indipendenza dell’Ucraina con il rischio di una crisi militare ed economica di proporzioni epocali?
In fondo, sostengono provocatoriamente anche degli autorevoli storici, quei territori sono russi da oltre tre secoli, da Pietro il Grande in avanti. Perché dobbiamo essere noi europei a difendere un’indipendenza che lo stesso popolo ucraino non ha difeso o comunque non ha avuto negli ultimi 300 anni?
Insomma il cinismo della ragione e degli interessi economici sta rischiando di prevalere sulla difesa di valori alti e prioritari quali la libertà, l’indipendenza, la sovranità di un popolo e di una nazione di fronte alle mire espansionistiche di un vicino non democratico.
Ma la questione si riduce soltanto a questi termini?
Pensiamo di no e cerchiamo di spiegarvi il perché. Vi abbiamo aggiornato recentemente sulla decisione di Bruxelles di mettere sul tavolo quasi 50 miliardi di euro nei prossimi otto anni per riportare l’Europa al centro della produzione industriale di semiconduttori. Quei piccoli microchip fondamentali per il nostro modello economico e che ormai ci siamo ridotti ad importare dai Paesi asiatici (soprattutto da Taiwan) per quasi l’80% del nostro fabbisogno.
Cosa c’entra Taiwan con il rischio dell’invasione dell’Ucraina?
C’entra, care amiche e cari amici, c’entra eccome! Come ha giustamente evidenziato nei giorni scorsi il sito americano Bloomberg, la crisi Ucraina è un test che serve anche alla Cina per capire il grado di compattezza della Nato e degli alleati occidentali di fronte ad un pericolo di invasione di un proprio territorio.
“Se l’Europa e gli Stati Uniti dovessero cedere sull’Ucraina, cadrà anche Taiwan!” ha profetizzato un noto analista americano che scrive appunto sul sito di Bloomberg. Kiev rappresenta quindi un test per capire come Biden si comporterebbe qualora Pechino dovesse attaccare l’isola dei nazionalisti cinesi filo occidentali.
L’asse Putin-Jinping fa paura agli Usa
E d’altronde, proprio in questi giorni, il segretario di Stato americano Blinken, invece di correre in Europa, ha fatto il giro gli alleati del sud-est asiatico. Ha dimostrato che la priorità per l’amministrazione Biden è quella di capire se il serrato dialogo tra Putin e il primo ministro cinese Jinping , sia la prova di una reciproca intenzione di forzare la mano agli avversari, misurandoli sulle loro reazioni in Occidente a Kiev in Oriente a Taiwan.
Proprio in occasione dei giochi olimpici invernali a Pechino, Putin è volato nella capitale cinese e i due leader si sono parlati a lungo. Siamo convinti quindi che, nella loro strategia, il dossier Kiev abbia avuto una diretta connessione con il dossier Taiwan.
Nel nostro pezzo sull’European Chips Act , lanciato da Bruxelles la scorsa settimana, avevamo segnalato che una crisi militare che colpisce l’isola cinese, bloccandone la produzione industriale, nel giro di due-tre settimane causerebbe un black out totale delle produzioni in Europa. Una tragedia dai contorni imprevedibili!
Tornando dunque al quesito iniziale, se valga la pena Morire per Kiev, saremmo propensi a rispondere di sì. Per evitare poi una drammatica replica militare, a catena, anche a Taiwan con le note e catastrofiche conseguenze economiche e quindi sociali in Europa.
Riccardo Rossotto