No, no, io l’orso non l’ho visto. Solo una bella nitida impronta nel fango il secondo giorno.
Ma andiamo con ordine
Il Monte Peller appare come l’ultima propaggine a Nord del gruppo delle Dolomiti di Brenta. Dopo di che la montagna scende con pascoli e boschi, dividendo la Val di Non dalla Val di Sole. A occidente in Val di Sole c’è Caldes, il paese dov’è avvenuta la tragedia di Andrea Papi. A oriente, in Val di Non, c’è Cles, il paese dove sono nato. Il primo giorno siamo stati in una valle di pascoli meravigliosi e fioriti, abbiamo compiuto un giro ad anello intorno al Monte Peller. Ero con due miei cugini, Alberto e Walter, che queste montagne le conoscono palmo a palmo. Ne sono assidui frequentatori fin da bambini e sanno tutto.
Perfette guide complementari
La Val de la Nana è uno spettacolo. Tutta fiorita si spiega dietro il Monte Peller verso sud. In mezzo al pascolo un colpo d’occhio: svetta fra la moltitudine degli altri fiori una rara orchidea purpurea. Sì, come quelle che fioriscono prodigiosamente tra i vigneti del Forteto de la Luja, dove sono stato con Giancarlo Scaglione. La vista verso la Val di Tovel (ho fatto in tempo da bambino a vedere il famoso “lago rosso”) dà sulla zona più impervia e selvaggia dell’intero gruppo montuoso. Aggirato il Monte Peller, abbiamo pranzato al Rifugio. Il gestore, affabile, ci ha mostrato orgoglioso alcuni congegni da lui stesso ideati a supporto dell’attività di cucina. Ci ha raccontato quanto sia importante per la sopravvivenza in termini di economicità dei rifugi che il gestore sappia fare di tutto. Cuoco, idraulico, falegname, elettricista. Il giorno dopo, con il solo Walter, abbiamo fatto un giro diverso.
L’antica strada ormai in disuso che porta alla Malga Clésera
Al Pra’ del Termen abbiamo imboccato l’antica strada ormai in disuso che porta alla Malga Clésera (accento sulla prima “e”, da pronunciare stretta), la malga di Cles.Qui la n itida impronta di un giovane orso. Un bivio a destra porta alla Malga Grum, in prossimità della quale si è verificato il dramma di Andrea Papi. Tornerò sull’argomento non appena vi saranno sviluppi decisivi: questa storia degli orsi ha assunto aspetti che meritano qualche riflessione. Attraversato il pascolo ridente, siamo arrivati alla malga di Cles. Entriamo e sentiamo come un vivace cinguettare: uno stormo di bambini debitamente equipaggiati osserva e commenta la produzione del formaggio. Un sorriso allegro: “Oggi abbiamo i piccoli casari!”. Vorrei fare due chiacchiere e quindi aspetto che la magia sia compiuta. Da anni la malga è gestita da Erika e Fabrizio. Lei ha una laurea in Lettere nel cassetto con tesi in dialettologia; lui è una ex promessa del ciclismo e di cognome fa Visintainer.
È un cognome classico della Val di Non, come Fondriest
Un po’ come quando si sente Orsingher o Kinspergher. Si va sul sicuro, Valle di Primiero. Erika è minuta e luminosa; Fabrizio ha un fisico asciutto e atletico, cappello da pastore e volto incorniciato da folta barba nera. Scelta di vita radicale la loro: le vacche, le estati qui all’alpeggio da oltre dieci anni, una piccola produzione di formaggi, yogurt, ricotta con metodi del tutto naturali. L’attività è denominata “Mini caseificio Fratta Cucola”, dal toponimo del luogo dove risiedono nel restante corso dell’anno. È appena fuori Cles, lungo la strada che viene “sul mont”. La casa, la stalla, un appezzamento di terreno con alberi da frutto e coltivazioni di sussistenza. Raccontano con divertito orgoglio che vanno di aratro e cavallo da tiro. Ecco, io penso che sarebbe straordinario un seminario di dialettologia sui tavoloni all’aperto.
Ma ci pensate?
Se guardiamo di là, a est, Val di Non, si parla così; se guardiamo dall’altra parte, a ovest, Val di Sole, si parla cosà. E poi paese per paese, le pronunce che cambiano, i modi di dire. La saggezza contadina. L’abrasività valligiana. Raccontano mentre guardiamo le loro vacche al pascolo, poco sotto. I problemi della montagna, della conservazione e del presidio delle terre alte: la fatica di arginare l’avanzata del bosco e conservare i pascoli. Poche centinaia di metri al di là dei sentieri e delle strade forestali il bosco è inestricabile, nessuno più lo cura, si dice. “Per questo gli orsi vengono sulle strade e sui sentieri”, si ride anche. Assaggio formaggio e yogurt ottimi. Vorrei acquistare qualcosa, ma la giornata è calda e andiamo verso le trincee, il cammino è ancora lunghetto. I prodotti freschi ne soffrirebbero. Andrò a trovarli in paese in un’altra occasione. Arrivano due persone in mountain bike. Uno di loro è proprio l’animatore dell’iniziativa di recupero delle trincee. Il mondo è piccolo.
Proseguiamo il cammino e arriviamo alle trincee di terza linea austroungariche recentemente ripristinate
Lunga e faticosa opera meritoria di badile e piccone di un gruppo di giovani di Ville d’Anaunia e della Scuola di ciclismo fuoristrada delle Valli del Noce. Oltre un chilometro di trincee con panorama a 360 gradi. Giunti al Pra’ del Termen il giro ad anello è concluso. Recuperiamo l’auto e scendiamo a valle. Walter ha visto l’orso due volte negli ultimi dieci giorni: proprio sulla strada. Oggi però niente orsi. Sorridiamo, saranno a fare la posta ai cassonetti anti orso che anti orso non sono: il loro supermercato.
Claudio Zucchellini