In un editoriale pubblicato lo scorso maggio avevo raccontato la vicenda di un’insegnante inglese, prima sottoposta a procedimento disciplinare, poi lasciata a casa, per aver salutato la sua classe, totalmente femminile, dicendo “Buongiorno ragazze”. Alcune allieve si erano sentite discriminate, in quanto si consideravano di sesso maschile e pretendevano che chi si rivolgeva alla classe dovesse usare termini neutri. La scuola ha dato loro ragione e la docente è stata punita. L’UK, del resto, è in prima linea nell’evitare, anche a livello semantico, ogni riferimento al sesso biologico.
Il Servizio sanitario di Sua Maestà, ad esempio, nelle sue linee guida, evita, quando tratta di forme di cancro all’apparato femminile, di dire che è una patologia che colpisce le donne. Questo, fondamentalmente, per non offendere chi si sente di sesso femminile, senza esserlo a livello biologico. Si parla così, ad esempio, di pericolo oncologico non “per le donne”, ma per chi “è titolare di collo uterino”. Nel cosiddetto “Occidente allargato” (che supera la connotazione strettamente geografica e comprende anche Paesi come Giappone e Australia), si sta affermando dunque il principio che ognuno è libero di decidere a che sesso appartiene, indipendentemente da quello biologico. Recentemente due casi hanno attirato l’attenzione, suscitando accese discussioni. Rikkie Valerie Kollé, nato Rik, transgender, ha vinto l’ultima edizione di Miss Olanda. Ancora più polemiche ha scatenato la partecipazione di Valentina Petrillo, precedentemente Fabrizio, alle Paraolimpiadi di Parigi, dove ha vinto la medaglia di bronzo nei 400 metri femminili.
Se la biografia della 22enne Rikkie riporta che già a 11 anni aveva pensato a un percorso di transizione e a 16 aveva iniziato la terapia ormonale, cui sarebbe seguito un intervento chirurgico, i tempi per la 50enne Valentina sono stati più dilatati. Dopo aver iniziato a praticare sport agonistico in campo maschile, ed essere stata condizionata dalla Sindrome di Stargardt, che la portò a una condizione di ipovisione, sospese la pratica sportiva per un lungo periodo. A 41 anni ritornò in pista, vincendo 11 titoli nazionali maschili di atletica paralimpica. Nel 2019, a 46 anni, iniziò un percorso di transizione sessuale che la portò a partecipare a gare femminili, sino ad arrivare, appunto, al bronzo parigino.
A contestare pesantemente la presenza di Petrillo in gare femminili sono diverse atlete, che sostengono che, per la sua struttura fisica e biologica ancora maschile, ha capacità di prestazioni obiettivamente superiori rispetto alle donne. Una tesi sostanzialmente avallata dalla World Athletics, la federazione internazionale dell’atletica leggera. In un comunicato stampa del 23 marzo, il Consiglio della federazione ha comunicato di escludere, dal 31 marzo 2023, tutte le atlete trans che hanno vissuto uno sviluppo sessuale, cioè la pubertà, come maschi, lasciando la possibilità di partecipare alle competizioni sportive, invece, alle atlete che hanno cominciato la transizione in età infantile.
C’è da dire che World Athletics non ha giurisdizione sui giochi paratletici. Per questo Valentina può gareggiare con le donne. Questi episodi, a mio avviso legati da un fil rouge, portano a un interrogativo: siamo di fronte a un auspicabile passo in avanti verso i diritti della persona o abbiamo intrapreso una deriva neroniana? È corretto che ogni distinzione tra uomo e donna venga abolita, o questo porta al tramonto dell’Occidente? Al Palazzo dell’imperatore, soprattutto alla fine del suo regno, quando l’influsso moderatore di Seneca si era dissolto, valeva tutto. Ad esempio, Nerone, intristito per la morte di Poppea, cercò qualcuno che le somigliasse, indifferentemente se maschio o femmina. Lo trovò nel liberto Sporo e lo sposò. Alcuni storici raccontano che, con il suo consenso, Sporo venne castrato. Si tratterebbe della prima operazione di cambiamento di sesso documentata storicamente.
Come sempre non prendo posizione, a maggior ragione trattandosi di un tema così delicato. Invito caldamente i lettori ad aprire un dibattito. Non posso però evitare di far notare come, mentre il sessismo, inteso nel suo senso più ampio, è sempre di stretta attualità, un’altra odiosa forma di discriminazione, l’ageismo, cioè quella rivolta all’età, viene praticata abitualmente, nonostante sia vietata anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Solo pochi giorni fa, Beppe Grillo ha dichiarato che bisognerebbe togliere il diritto di voto agli over 80 (tra cui, vi è anche il Presidente Mattarella). Un’affermazione, per me profondamente razzista, che ha suscitato soltanto pochi e distratti commenti. Cosa sarebbe successo se avesse affermato che i transgender non possono votare?
Milo Goj