Forse il mito della tregua olimpica, per cui nella Grecia antica durante le Olimpiadi si interrompeva ogni guerra, almeno all’interno dell’Ellade, è appunto solo un mito. Probabilmente il tutto si riduceva alla libertà di passaggio per gli atleti che si recavano ai giochi e a una sorta di immunità per le città che li ospitavano.
Lontani dalle brutture quotidiane della vita
Però se il fascino di questa leggenda si perpetua da secoli, un motivo ci sarà. L’uomo è attratto dal pensiero che esista un mondo, quello dello sport, che vive di una vita propria, impostato sui valori della lealtà e della correttezza, estraneo alle brutture quotidiane. Lo stesso termine “sportività” è sinonimo di comportamento onorevole. Ho sempre giudicato snob (nel significato di “sine nobilitate”) chi ironizza sulla passione dei tifosi. Astrarsi per qualche ora dalla cruda (per non dire crudele) realtà è una necessità umana. Soprattutto per chi non trascorre una vita privilegiata.
Ma il marcio aleggia ovunque
E lo sport assolve perfettamente questo compito. Certo, campionati e gare di molte discipline non sono esenti da critiche. Il marcio aleggia anche lì, ma senz’altro meno che nella politica o nella finanza. Del resto, la perfezione non è di questo mondo. “C’è persino corruzione dove c’è lo sport”, cantava già nel 1969 Adriano Celentano (Il mondo in Mi 7a). E l’avverbio “persino” stava appunto a significare che è sorprendente trovare la corruzione nello sport.
Mentre non sorprende nessuno se la si trova nei Palazzi del potere. Poi nella politica e nel business raccomandazioni e relazioni possono essere decisive. Non dico che contino poco nello sport. Però se un beota ben appoggiato può diventare presidente di una banca o ministro, non riuscirà mai a correre i 100 metri in meno di 10 secondi o a stoppare un pallone con il tacco sinistro, passarselo sul destro e segnare da 30 metri con un tiro all’incrocio dei pali. E sono proprio queste imprese, sia pure aiutate a volte da un po’ di chimica, ma riservate a pochi eroi, a rendere lo sport un mondo mitico.
Non mi sento assolutamente di negare che a volte ci sia un rapporto tra politica e sport. Ma il mondo in cui viviamo non è composto da monadi. Tutto è correlato a tutto. Seguendo questa logica, allora, da Cleopatra a Ruby, passando per la Contessa di Castiglione e Mata Hari, possiamo dire che anche il sesso è sempre politica.
Lo sport unisce le persone, ma si tratta solo di una favola?
Da sportivo sentimentale mi piace chiudere ricordando la storia di Bartali e dell’attentato a Palmiro Togliatti. Quando nell’estate del 1948, a pochi mesi dallo storico trionfo della diga democristiana, il capo del PCI venne ferito dallo studente Antonio Pallante, i Comunisti, ancora furibondi per la cocente sconfitta stavano per scatenare la guerra civile. La vittoria del grande Gino al Tour creò un clima di festa, di unità nazionale, che contribuì a rasserenare gli animi. Lo sport, insomma, si dimostrò più forte della politica e mise tutti d’accordo. È solo una favola? Può darsi, ma è una gran bella favola.
Milo Goj