Venerdì 8 settembre 2023 alle ore 22.45 una scossa di terremoto di magnitudine 6,8 della Scala Richter (massima 9) e di intensità X della Scala Mercalli (massima XIII ) della durata di 20 secondi seguita, dopo quattro minuti, da una seconda di magnitudine 5.7 , di intensità VIII e della durata di 15 secondi ha colpito il Marocco nord occidentale.

Una scossa che ha sconvolto il Paese

Il suo epicentro si trovava a una profondità di 18.5 km nella Provincia di Al Hazaouz a 70 km a sud ovest della città di Marrakesch, la più popolosa ( 960.000 abitanti) e più importante del Paese. Nella città fu colpita prevalentemente la zona della vecchia Medina, con il famoso minareto del XIII secolo, la Koutoubia, patrimonio dell’U.N.E.S.C.O., che tremò senza crollare. Il sisma causò nella zona oltre 50.000 morti (30.000 a Marrakesch) e 100.000 feriti ( 15.500 a Marrakesch). La causa del terremoto venne riferita alla frattura della faglia che da millenni si estende sotto la catena montuosa dell’Atlante. Il crollo della gran quantità di abitazioni fu dovuto alla loro costruzione avvenuta pressochè totalmente con pietre e fango, senza alcun rispetto delle norme antisismiche emanate dal Governo.

Il Marocco è uno Stato da sempre soggetto a terremoti

Il 10 settembre il re del Marocco Mohammed VI proclamò tre giorni di lutto nazionale in tutta la Nazione. Fra i terremoti più devastanti ricordiamo quelli avvenuti a Fez nel 1522 e nel 1624 e ad Agadir nel 1731 con migliaia di morti e quello del 22 febbraio 2004 a Al Hoceima sulla costa marocchina del nord est, di magnitudine 6.4 della scala Richter, dell’intensità di IX grado della scala Mercalli, della durata di 15 secondi con epicentro a Ait Kamara. Ma di tutti il più disastroso fu quello avvenuto il 29 febbraio 1960 sempre ad Agadir ( in arabo“granaio fortificato”, già fortezza portoghese, il Cabo de Guè, costruita nel XV secolo). La città si trova sulla costa meridionale del Marocco, affacciata sull’Oceano Atlantico, a circa 500 km a sud di Marrakesch, nella regione dello Souss-Massa ricca di giacimenti di cobalto, manganese e zinco. Attualmente risulta ricostruita dopo il sisma a 2 km a sud dell’epicentro del terremoto ed è il capoluogo della Provincia omonima.

Lo scontro fra le placche tettoniche africana e euroasiatica

Conta circa 400.000 abitanti ed è sede di una comunità ebraica con la più antica sinagoga e il più antico cimitero giudaico di tutta l’Africa. Vi prosperano una notevole attività e commercio agroalimentare, ma soprattutto vi sono fiorenti l’industria della pesca e il turismo. Quest’ultimo si basa oggi si ampie e moderne strutture ricettive con alberghi, ristoranti, bar, campi da golf e da tennis e sulla valorizzazione delle antiche tradizioni locali (Souk el Had, Hasbah, Medina, riserva naturale Crocapark). Assai interessante è l’”Agadir Ourfella Ruines” zona disastrata rimasta tale a ricordo dopo il terremoto del 1960. Questo si verificò il 29 febbraio 1960 con una prima scossa alle 22.50 e una seconda più forte alle 23.40 che durarono complessivamente 29 secondi, di magnitudo 5.7 (“moderata”) della Scala Richter e di intensità X di quella Mercalli. Anche in questo caso la causa fu lo scivolamento della faglia che corre sotto la catena dell’Atlante nel corso di uno scontro fra le placche tettoniche africana e euroasiatica.

Nel 1960 in alcune zone il 100% degli edifici crollarono

L’epicentro del sisma venne localizzato esattamente sotto il centro della città e ne vennero interessati soprattutto i quartieri cittadini di Founti, Yachech e della Kasbach ove fu distrutta la totalità (100%) degli edifici con la morte del 95 % della popolazione residente. Nel quartiere di Tallorjt la percentuale degli edifici crollati fu del 90% mentre in quelli del lungomare fu del 50%. Tutti questi quartieri (eccetto la Kasbach) non furono più ricostruiti. Su una popolazione allora di circa 45.000 abitanti, circa un terzo andò incontro alla morte e 18.000 furono i feriti accertati. Il 2 marzo il Re Mohammed V istituì una Commissione di soccorso presieduta da suo figlio Hassan II allo scopo di coordinare le operazioni di soccorso e il 4 marzo ebbe inizio l’evacuazione dei superstiti dalla città verso città risparmiate dal terremoto. Fu un disastro di assai gravi proporzioni, il quinto nella storia dei sismi (Ricordiamo nell’ordine i più disastrosi, quelli in Cina di Shaanxi del 1556 con 830.000 morti e quello di Tangshan del 1976 con 242.000 morti; quello di Sumatra del 2004 con 234.000 morti e quello di Haiti del 2010 con 230.000 morti).

Dalla Francia agli USA partirono solidarieta e aiuti

I soccorsi giunsero ad Agadir da tutto il mondo, primi fra tutti quelli dell’Italia, seguiti dagli U.S.A e dalla Francia. Gli Stati Uniti vi inviarono l’incrociatore pesante U.S.S. CA 134 “Des Moines” ( nome della capitale dello Stato dello Iowa) di 17.255 tonnellate con un equipaggio di 1779 marinai e 58 ufficiali ( di cui 3 lieutenant medici) al comando del Commander (Capitano di fregata) Robert B.Balsam. La nave era fornita anche di una “ Emergency zone” costituita da una piccola sala chirurgica e da un reparto degenza con 10 letti. Partito da Napoli, sede della Sesta Flotta U.S.A. nel Mediterraneo di cui faceva parte, il 2 marzo, il “Des Moines” giunse al largo di Agadir il giorno successivo alle ore 19.45 dando subito inizio alle operazioni di soccorso. Da Tolone, sede della Marina Nazionale francese nel Mediterraneo, partì, nello stesso giorno 2 marzo, la portaerei leggera R 96 “La Fayette” (ex “Langley” classe Indipendence U.S.A.) di 11.000 tonnellate con un equipaggio di 490 marinai e 21 ufficiali ( di cui 2 lieutenant medici) al comando del Capitaine de Frégate Louis Armand Huppert .Essa giunse nelle acque di Agadir alle ore 08.40 del giorno 4 marzo ed anche il suo equipaggio diede prontamente inizio agli aiuti ai terremotati.

Anche la marina italiana si diede da fare

La prima nave ad arrivare a Agadir fu però il cacciatorpediniere italiano D 559 “Indomito” di 2.585 tonnellate con 335 marinai di equipaggio, 19 ufficiali ( di cui 1 sottotenente medico, il sottoscritto) al comando del Capitano di vascello Claudio Bassani. Questa nave era impegnata nell’Alto Tirreno dal 20 febbraio nel corso di una esercitazione congiunta della N.A.T.O., allorchè alle ore 06.30 del giorno 1 marzo, venne improvvisamente richiamata nella sua sede di ormeggio a La Spezia per una “missione speciale urgente” e vi giunse alle 10.45. Il Governo italiano ( Presidente del Consiglio Amintore Fanfani) , venuto a canoscenza del grave fatto accaduto in Marocco, aveva dato ordine (Ministro della Difesa Giulio Andreotti) al Comando in Capo del Dipartimento Militare Marittimo Alto Tirreno di La Spezia di organizzare con estrema urgenza una missione di soccorso con la nave più veloce della nostra flotta e di inviarla in Marocco. L’Ammiraglio di Squadra Francesco Baslini, Comandante del Dipartimento, individuò, come nave in mare al momento più veloce, l’”Indomito” e ne dispose il richiamo dalla sua missione e l’immediato approntaggio per il nuovo compito.

Il grande apporto del Console generale italiano in Marocco Ernesto Littardi

Alle ore 13.00 dello stesso giorno la nave lasciò La Spezia e fece scalo al porto di Civitavecchia ove nel frattempo erano stati accumulati dalla Croce Rossa, in appositi imballaggi, medicinali e generi alimentari che vennero imbarcati sul cacciatorpediniere. Alle ore 20.00 l’”Indomito” riprese il mare e, alla velocità di 44 nodi/ora, giunse in Marocco al porto di Casablanca il 2 marzo alle ore 21. Quivi, con l’intervento del Console generale italiano in Marocco Ernesto Littardi, si provvide al rapido scarico in banchina di tutto il materiale di soccorso che, insieme ad altro raccolto dai cittadini di Casablanca, venne caricato su autocarri e inviato prontamente ad Agadir ove giunse all’alba del giorno dopo. Il cacciatorpediere italiano ripartì da Casablanca alle ore 24.00 e giunse nelle acque di Agadir all’alba del 3 marzo. Una scialuppa portò a terra 4 marinai agli ordini del Guardiamarina Francesco Grosso e il sottotenente medico. Istituita, sotto una coltre di polvere che durò su tutta la città per alcuni giorni, una prima postazione medica nella piazza Tamri del quartiere Talborjt , il medico cominciò a prestare le prime cure ai feriti che giungevano da ogni parte. Su disposizione del medico il G.M. Grosso richiese e ottenne dai dirigenti locali l’invio di autocarri e di carriaggi per il trasporto dei cadaveri sulla collina che sovrastava la città onde evitare il propagarsi di infezioni e di epidemie (colera).

Dearrate alimentari, materiale da soccorso e per la ricostruzione

Alle ore 19.45 giunse in rada l’incrociatore U.S.A. che inviò a terra notevole quantità di materiale di soccorso, 200 marinai, 6 ufficiali e 2 lieutenant medici. Alle ore 08.40 del giorno 4 marzo arrivò anche la portaerei francese che sbarcò, oltre anch’essa materiale medico e di soccorso, 100 marinai, 4 ufficiali e 2 lieutenant medici. Con il coordinamento dei 5 medici le operazioni di aiuto e soccorso migliorarono sensibilmente anche grazie all’arrivo di personale sanitario che giungeva da Fez, Tangeri ,Casablanca e Marrakesch. Furono approntate, in grande collaborazione internazionale,70 tende da campo, 15 delle quali ospitarono i feriti ai quali vennero praticate le cure d’urgenza. Le altre accolsero i cittadini le cui case erano andate completamente distrutte. I feriti e i lesionati più gravi vennero inviati ,con scialuppe militari, sulla portaerei U.S.A. ove si trovava un reparto per la chirurgia d’urgenza e le degenze gravi. Queste operazioni durarono alcuni giorni dopodiche la nave U.S.A. ripartì da Agadir il mattino del 15 marzo e quella francese il 16 a sera.

Riconoscimenti per L’Indomito e il suo equipaggio per la ‘missione urgente’

L’”Indomito” aveva lasciato la rada alle 17.30 del giorno 10 e fece scalo nuovamente a Casablanca ove giunse nella notte. Quivi il Comandante Bassani e i suoi ufficiali furono ricevuti dall’Ambasciatore italiano in Marocco, on Michele Lanza, l’11 marzo e il giorno successivo dal Re Mohammed V nella sua residenza nella capitale Rabat. Ripreso il mare il giorno 12 alle 22.00, il cacciatorpediniere raggiunse il porto di La Spezia a sera del giorno 14 : la “missione urgente” era stata lodevolmente condotta a termine. A tutto l’equipaggio vennero concessi 15 giorni di licenza premio. Un ringraziamento ufficiale e un encomio solenne per il personale della nave e per il suo comandante (con annessa onorificenza) giunsero al Governo italiano da parte del Re del Marocco nel mese di maggio.

Gustavo Ottolenghi

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