L’arte richiama da sempre i sentimenti più reconditi dell’uomo, essendo portavoce delle grandi questioni del nostro tempo e portando in auge realtà, il più delle volte, dimenticate. Se indietreggiamo nel passato, le opere più significative riproducono le vicissitudini della quotidianità, con crudo disincanto e feroce ironia. Dignità, parità di diritti e libertà sono valori che hanno ispirato i più grandi artisti. Un esempio lo troviamo in Francisco Goya, pittore spagnolo e precursore dell’arte moderna, nel dipinto ‘3 maggio 1808’, nel quale ha voluto mettere in scena gli orrori perpetrati dai soldati francesi ai danni della popolazione spagnola, durante l’ascesa napoleonica. Ciò che colpisce è il sorprendente realismo che l’artista fa abilmente rivivere nei volti e nei vestiti lacerati degli insurrezionalisti.
Anche Eugène Delacroix attraverso il pennello è testimone del suo tempo. Siamo nella Parigi della prima metà del diciannovesimo secolo ed il governo, guidato da Jules de Polignac, adotta una politica strettamente autoritaria per difendere i privilegi dell’aristocrazia terriera. Nel quadro ‘La Libertà che guida il popolo’, considerato il primo dipinto politico della storia della pittura moderna, Delacroix descrive e rende omaggio alle tre giornate della rivoluzione di Parigi del 1830. Una giovane donna dal seno scoperto, personificazione della Francia e della Libertà, mostra trionfante la bandiera tricolore; sullo sfondo si evincono cadaveri di molti rivoluzionari, mentre altri sono impegnati a debellare il tiranno.
Nei secoli, attraverso l’estro creativo, i pittori omaggiano la realtà. A tal proposito, nel 1997, negli Stati Uniti, venne coniato un neologismo ‘artivismo’, proprio a sottolineare l’impegno politico e sociale dell’arte. I messaggi politici, dunque, passano attraverso l’egida dell’arte e ‘Manifesta 14’ ne è la prova. Ad oggi, la biennale europea itinerante d’Arte Contemporanea creata nel 1996, accoglie la sfida della difesa dei diritti e dell’uguaglianza morale. L’ultima edizione, svoltasi lo scorso anno, ha visto una location particolare, la città di Pristina in Kosovo. Una scelta alquanto azzardata se si pensa allo scenario geopolitico dell’Europa contemporanea. Il Kosovo, nonostante abbia dichiarato da ben ventiquattro anni la propria indipendenza dalla Serbia, continua ad essere l’unico paese dei Balcani Occidentali ad essere emarginato dal continente europeo. Tra gli Stati che ancora non ne riconoscono completa autonomia figurano la Serbia, la Russia, la Cina e cinque stati dell’Unione Europea: la Spagna, Cipro, la Grecia, la Slovacchia e la Romania.
In forza di ciò, il mondo dell’arte ha voluto esprimere vicinanza ad una Nazione con una mostra dall’afflato internazionale. La capitale kossovara è mutata in un laboratorio d’arte a cielo aperto, valorizzando gli spazi pubblici e mettendoli a disposizione della cittadinanza. L’edizione numero 14, intitolata ‘It matters what worlds world worlds: how to tell stories otherwise’, ha visto 100 artisti, provenienti da 30 Paesi, occuparsi di tematiche relative alla transizione, alla migrazione, all’acqua, al capitale, all’amore, all’ecologia ed alla speculazione.
Una kermesse artistica quindi che si preoccupa delle tre dimensioni temporali: passato, presente e futuro. Nel 2020, infatti, a Marsiglia, la prima città in Europa a maggioranza musulmana, ‘Manifesta’ è andata in scena ponendo l’accento sui legami di solidarietà e coesistenza all’interno delle società. Riprendendo il concetto di continuità, nel 2024 a Barcellona, la biennale d’arte rifletterà sugli attuali fenomeni sociopolitici, in considerazione anche dell’acerrima disputa tra la regione della Catalogna e la Spagna. È necessario, pertanto, osservare come determinati progetti artistici accendano barlumi e riflettori di speranza, permettendo di immaginare ad ampio raggio un futuro di dialogo tra le molteplici culture. Una mostra quella di ‘Manifesta’ che si consolida con il passare degli anni e che promuove nuove forme di cittadinanza attiva, attenta alle esigenze anche dei più fragili.