Volontariato, terzo settore, tempo, gratuità, solidarietà, utilità sociale, finalità civiche e solidaristiche, fundraising, crowdfunding… queste le parole che mi rimbalzano  per la testa quando incontro  “ManagerNoProfit”.  Un tuffo nell’oceano del terzo settore: 360 mila associazioni, 6 milioni di volontari, 860 mila dipendenti.  L’oceanico mondo del volontariato, una vera e propria spina dorsale del Paese, un terzo potere , questa volta soft, oltre allo Stato e all’altro stato (quello nascosto e impermeabile alle regole democratiche).

“Manager no profit “: fermiamoci ai fatti:  7 anni , 101 soci , più  di 150 associazioni assistite , 218 progetti completati, 5 sedi operative: Milano,Bergamo Bologna, Torino,Trento.  Obiettivo: aiutare e sostenere gli enti del terzo settore nel gestire la loro crescita e organizzazione. Queste risposte sono frutto di una conversazione in più tempi  con i “ragazzi” della sede di Torino , coordinati da Mario Botto Micca.  Se Manager si nasce, “ManagerNoProfit” si diventa, vediamo come.

1 – Cosa rappresenta “ManagerNoProfit” , qual è la vostra mission

MNoP è un’associazione di persone che hanno maturato significative esperienze manageriali e professionali in diversi ambiti lavorativi e che ora condividono il desiderio di offrire gratuitamente il proprio bagaglio di competenze ad Enti no profit, per aiutarli concretamente a risolvere problemi, o ad affrontare cambiamenti ed innovazioni, che da soli spesso non riescono a gestire proficuamente.  Il nostro slogan “aiutiamo chi aiuta gli altri” crediamo renda sinteticamente bene il senso del nostro impegno. Siamo volontari e la vocazione alla solidarietà che ci muove è del tutto analoga a quella che ispira gli Enti che aiutiamo.

 2 – Come si diventa “ManagerNoProfit “ ?

ManagerNoProfit, nata a Milano nel 2016,  conta oggi circa 100 soci suddivisi nelle sezioni di Milano, Torino, Bergamo, Trento e Bologna. È un numero in crescita, vi sono state numerose occasioni in cui media hanno “parlato di noi” e ciò pensiamo abbia contribuito ad attrarre l’attenzione di futuri possibili nuovi soci, oltre che di  Enti bisognosi di supporto.  L’iter associativo è piuttosto semplice: qualche colloquio per conoscersi meglio e per dare al candidato un’idea di massima di come interagiamo con gli Enti e di che impegno temporale mediamente ciò comporta.

Sotto quest’ultimo profilo non è ovviamente richiesto un impegno a tempo pieno,  molti di noi sono pensionati ma vi sono anche persone ancora impegnate lavorativamente,  cerchiamo di bilanciare volontariato e vita privata e, con buon senso e pragmatismo,  crediamo di riuscirci, in ciò aiutati anche dal fatto che agiamo come squadra e quindi con molte alternative e soluzioni. Il perché si diventa soci e volontari è domanda impegnativa e, per certi versi, personale.  Diversi di noi si occupavano singolarmente di temi legati alla solidarietà anche prima del loro ingresso in MNoP.  In generale pensiamo che, verosimilmente, il poter agire in MNoP, un ambiente strutturato, con molteplici professionalità disponibili, possa valorizzare e sfruttare al meglio ciò che ognuno di noi ha da dare.

 3 – Cosa fate in concreto, come è una collaborazione tipo ?

In genere sin dal primo contatto con l’Ente emerge una o più necessità di supporto. In questa fase, che noi chiamiamo check up, ci sediamo al fianco dei nostri interlocutori e con loro cerchiamo di mettere fuoco le cose da fare e le priorità.  Il primo obiettivo è “sintonizzarsi” con persone più abituate a ragionare in termini di solidarietà ed urgenze, che di organizzazione. Le iniziative e le aree su cui più sovente ci chiedono un aiuto riguardano gli aspetti per loro meno abituali, ad esempio l’impostazione di iniziative di Fund Raising, la redazione del bilancio sociale, la razionalizzazione dell’organizzazione interna,  etc…

Individuata nel modo più possibile puntuale l’iniziativa da avviare, costituiamo un team (due / tre nostri soci) che realizza il progetto insieme a risorse interne dell’Ente. Abbiamo un duplice obiettivo,  completare il progetto e, nel farlo,  trasferire, a personale dell’Ente, conoscenze e competente utili in futuro ad affrontare analoghe problematiche. Cerchiamo di “renderci inutili”.

4 – Un caso che volete ricordare

Fra i progetti che stiamo seguendo in questo periodo, uno che ci sta particolarmente a cuore è quello in corso con l’Unione Genitori Italiani (UGI).   Sono genitori che hanno bambini con problemi oncologici e che gravitano nell’ambito dell’Ospedale Regina Margherita di Torino. L’associazione (UGI) e composta da  una dozzina di dipendenti  e circa 200 volontari.  Lo scopo del progetto ( che richiede competenze in gestione risorse umane, organizzazione e comunicazione) è quello di riflettere sulla motivazione e la gestione organizzativa dei volontari, individuando possibili azioni di miglioramento.  Si tratta di una iniziativa che ci impegna molto per la complessità delle attività che UGI svolge ( alloggi transitori in prossimità dell’opedale,  sostegno delle famiglie durante i ricoveri,  trasporto in auto dei bambini in terapia, etc…) oltre che per qualche impatto emotivo che a volte le situazioni inducono.

Siamo tuttavia determinati a fare al meglio la nostra parte.  Torino ha dato e dà  numerose testimonianze di generosità a favore di UGI ma i fabbisogni sono sempre crescenti ed allora ci permettiamo in questa intervista di dare a questa bella iniziativa di solidarietà ulteriore visibilità.

5 – MNoP è anche luogo di confronto, il lavorare in squadra non è sempre facile oppure …

Il Team di Torino è una bella ed arricchente esperienza. Il fatto di essere persone con competenze a volte molto diverse tra loro implica molte buone cose: ci aiutiamo, diamo un senso concreto alla parola collaborazione, pratichiamo, forse più che in passato, la fiducia, il tutto avendo ben presente lo scopo finale del nostro impegno: aiutare un Ente.  Come sempre in un gruppo hanno rilievo anche gli aspetti caratteriali e questo può accadere anche di più nel nostro caso, essendo in larga prevalenza persone che hanno avuto responsabilità, e dunque comportamenti, manageriali.

Sin dall’inizio tuttavia abbiamo avuto ben presente che non avessimo avuto adeguate dosi di umiltà e semplicità sarebbe stato difficile parlare e soprattutto ascoltare gli Enti.  Questo “stile”  ha agevolato anche il nostro stare insieme:  siamo seduti tutti dalla stessa parte del tavolo e, non di poco conto,  abbiamo la giusta dose di autoironia.  Non tocca a me dirlo ma credo che la nostra squadra ( nome di battaglia “ Avanti Savoia”) sia una Buona Squadra.

6 – Entrare in una “altra realtà” che pur vi ha cercato, implica complessità di relazione , conoscenza rapida di culture di azienda sempre diverse: come è innestarsi in una struttura esistente e spesso sconosciuta ?

Questo aspetto è una criticità reale e ricorrente. Le realtà del terzo settore sono molto diverse dalle realtà profit in termini di cultura manageriale, ad esempio per l’approccio ai risultati . Solitamente la figura del manager è assimilata a quella del profitto ed è molto lontana dal mondo del volontariato, così come alcuni aspetti di una organizzazione, ad esempio il corretto controllo dei costi e dei ricavi, non hanno spesso l’attenzione che ormai anche per il mondo del volontariato è importante. Si pensi alla forte riduzione di contributi pubblici e quindi alla conseguente esigenza di riequilibrare il bilancio costi/ricavi.  Il tema alla fine è stato come riuscire a dialogare con un Ente su aspetti su cui non hanno una grande dimestichezza e che verosimilmente hanno considerato poco prioritari.

Nell’entrare in un’altra realtà noi siamo ospiti e quindi tocca a noi farsi carico della sintonia.  Abbiamo lasciato sullo sfondo le nostre abitudini manageriali, abbiamo utilizzato linguaggi adatti e abbiamo spesso semplificato molto le soluzioni e le scelte da condividere con gli Enti.  Questo ci permette nel breve periodo di promuovere iniziative adatte a risolvere il problema.  Il mantenimento poi nel tempo da parte dell’Ente della giusta  attenzione sulle questioni trattate fa maturare, nel medio periodo, una cultura, nella giusta misura, più ‘aziendale’.

7 – Un bilancio personale, una cosa che vi ha sorpresi, una delusione

Una sorpresa è stata capire e vivere da vicino una realtà, quella del volontariato, enorme, di cui non so se tutti hanno percezione. In Italia  (dati Istat) vi sono circa 360.000 organizzazioni non profit, per complessivi oltre 860.000 dipendenti, con un tasso di crescita annuo del 2%. Si stima poi che i volontari coinvolti siano oltre 6.000.000 di persone. La quantità di persone buone e concretamente generose è ben maggiore della comune percezione. Noi a Torino ne abbiamo incontrate tante.  Tutte schierate in campo su temi, quali ad esempio,  la marginalità sociale, l’assistenza, l’educazione, politiche attive del lavoro. Molti di noi sono pensionati, non abbiamo tempo per le delusioni, preferiamo vederne sempre il lato comunque positivo.  Il volontariato funziona così.

7a – E dietro la curva?

Un’altra curva ! Viviamo tempi in cui sono sempre meno frequenti i rilassanti rettilinei di una volta.  Per non rallentare troppo, e per viaggiare in sicurezza, tocca frenare, scalare marcia, accelerare.  In una parola: adattarsi.  Questa è la sfida.  Il mondo del terzo settore sta cambiando molto e molto in fretta, occorrerà quindi rileggere ed arricchire le nostre competenze per continuare a dare aiuti concretamente utili e finalizzati agli Enti che assistiamo, ad esempio in tema di Fund Raising, Bandi, nuovi principi di rendicontazione.

Inoltre, ragionando in termini di ampiezza del nostro operare più che di profondità delle nostre competenze, forse potremmo provare a dare un contributo non solo al singolo Ente, per un suo specifico bisogno, ma anche ad un insieme di Enti che magari hanno esigenze simili e che tuttavia,  circostanza molto diffusa nel terzo settore,  non ricercano sinergie o alleanze. Qui la sfida diventa anche più complessa: le curve diventano tornanti e si va in salita, tuttavia noi, sabaudamente,  ci proveremo. https://www.managernoprofit.org/come-aiutiamo/

Eraldo Mussa

eralmussa@gmail.com

 

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