Lo scorso 12 gennaio la Camera dei Deputati ha approvato, e inviato al Senato, una Proposta di legge, dal titolo “Disciplina dell’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi”, con l’obiettivo di regolamentare l’attività di lobbing in Italia.  L’attività di lobbing è svolta da portatori di precisi interesse per partecipare – più spesso influenzare – l’elaborazione delle politiche e i processi decisionali in generale. Quindi da una parte c’è un lobbista, ovvero colui che per conto proprio e/o soprattutto per conto di terzi, esercita l’attività di lobbing. Dall’altra parte c’è il decisore pubblico che ha la titolarità delle decisioni pubbliche.  Negli USA come negli 80 Paesi che adottano un Sistema di common law, è ritenuta una prassi normale che la rappresentanza degli interessi particolari nel procedimento decisionale concorra alla formazione dell’interesse generale. Nei Sistemi di civil law – a cui appartiene l’Italia in compagnia di circa 150 altri Paesi, invece, predominano gli statuti codificati. Si tratta di divisioni non così nette come potrebbero sembrare. Molti Paesi, infatti, utilizzano un mix di caratteristiche dei sistemi di common law e civil law.

Normative diverse in Europa e nel mondo

Nel testo realizzato Paolo Polidori e Francesco Sestili, “La regolamentazione delle attività delle attività di lobbing: esperienze internazionali a confronto” i due autori affrontano le diverse normative (o proposte), sulla base di elementi omogenei che ne consentono un confronto. Tre i gruppi evidenziati: Paesi UE common law, Paesi extra UE common law e Paesi UE civil law. I due autori concordano sul fatto che “pensare di azzerare l’attività di lobbing è una pura illusione, l’unica operazione sensata è tentare di gestirla ed organizzarla in forma e modi che ne enfatizzino il lato virtuoso comprimendone le derive distorsive […] in assenza di queste regole vi è il rischio che le attività di lobbying si svolgano costituendo un esercizio di potere e di privilegio contrario ai principi democratici”.

Il Sistema di lobbing in Europa

I due autori inoltre citano uno studio promosso da Transparency International sulla qualità del Sistema di lobbing in 27 Paesi membri dell’Unione Europea e 3 Istituzioni comunitarie. Classificando l’attività di regolamentazione attraverso 65 indicatori raggruppati nelle tre variabili: grado di trasparenza, integrità e pari opportunità d’accesso. Per i 27 Paesi dello studio europeo il punteggio medio è di 31/100, calcolato rispetto agli standard internazionali di riferimento. Il nostro Paese in Europa è al 17° posto, mentre a livello mondiale è al 42° posto.

In EU è operativo il Registro dei rappresentati di interesse

L’alternativa alla regolamentazione dell’attività di lobbing, quindi, è la mancanza di trasparenza nei processi decisionali, tenendo conto che questa attività è comunque necessaria. A livello Europeo l’art. 11 del Trattato UE prevede che le Istituzioni mantengono un dialogo trasparente e regolare con le Associazioni rappresentative di interessi e con la società civile. L’UE adotta una normativa soft, con un Registro dei rappresentanti di interesse a base volontaria, comune per la Commissione Europea e il Parlamento Europeo, e con codici di condotta. Sempre in Europa esiste un “Registro per la Trasparenza” per coloro (persone fisiche, giuridiche e organizzazioni) impegnati nell’elaborazione e nell’attuazione delle politiche europee. L’accordo Inter-istituzionale tra il Parlamento Europeo e la Commissione Europea firmato nel 2011 (aggiornato nel 2014), regola le modalità di partecipazione dei gruppi di pressione. Si tratta di una adesione volontaria. Parlamento e Commissione assicurano lo stesso trattamento a tutti i lobbisti. L’ambito di applicazione è molto ampio, facendovi rientrare tutte le attività che, direttamente o indirettamente, hanno lo scopo di influenzare i processi decisionali.

Iscrizione volontaria

I lobbisti devono fornire informazioni generali, specifiche sulle loro attività e finanziarie. Inoltre, devono impegnarsi a rispettare un Codice di condotta. In cambio dell’iscrizione hanno dei benefit come la possibilità di essere informati dell’apertura delle consultazioni sui provvedimenti di loro interesse e la possibilità di avere un pass speciale per l’accesso alle sedi delle Istituzioni europee. Nel 2014 è stato istituito il Segretariato congiunto del Registro per la trasparenza, con il compito di sovraintendere alla sua attuazione. Inoltre, sono stati aumentati i benefit al fine di favorire l’iscrizione dei lobbisti. Nel 2016 la Commissione ha condotto una consultazione pubblica per monitorare l’efficacia della regolamentazione promuovendo un registro obbligatorio, superando così il principio di volontarietà.

Qual è la situazione in Italia ?

Nel nostro Paese non esiste ancora un quadro normativo unitario. Hanno previsto regolamentazioni la Camera dei Deputati, alcuni Ministeri, l’Anac, e alcune Regioni. Servirebbe quindi delimitare un quadro unitario cui tutti possano ispirarsi. A parte alcuni elementi in comune come la previsione di un “registro”, la trasparenza sugli incontri e l’applicazione di sanzioni, ci sono differenze su alcuni aspetti. Occorrerebbe una precisa definizione dell’attività di lobbing che comprenda, sia gli interessi diffusi, sia quelli particolari. Così come l’obbligatorietà dell’iscrizione a un Registro unico nazionale gestito da un’Autorità indipendente, che abbia anche poteri di controllo sulla veridicità dei dati e sanzionatori. Il Registro dovrebbe contenere tutte le informazioni relative ai lobbisti, alle materie di loro interesse, alle loro fonti di finanziamento. Inoltre occorrerebbe la piena trasparenza delle attività rendendo disponibili i documenti prodotti e gli incontri effettuati.

Come contrastare ed evitare il revolving door

Questo anche per contrastare il revolving door, cioè lo scambio di ruoli tra lobbista e decisore pubblico e viceversa. Infine servirebbe approvare un Sistema sanzionatorio e premiante per i lobbisti, ma anche un Sistema sanzionatorio per i decisori pubblici che non rispettino gli obblighi previsti per loro. Tra i principali contenuti della Proposta di legge approvata dalla Camera dei Deputati viene istituito, presso l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, il Registro pubblico, unico, in quanto sostituisce ogni altro Registro già istituito, cui i lobbisti devono iscriversi. Il Registro, tenuto in forma digitale, è articolato distintamente in una parte riservata ai soggetti iscritti e alle Amministrazioni pubbliche e in una parte ad accesso pubblico, consultabile per via telematica.

Nel Registro dovranno essere indicati:

I dati anagrafici o la denominazione sociale e il domicilio professionale della persona fisica o dell’Ente, Società, Associazione o altro soggetto che svolge l’attività di rappresentanza di interessi.

I dati identificativi del soggetto titolare degli interessi per conto del quale è svolta l’attività di relazione

Le risorse umane ed economiche delle quali il rappresentante di interessi dispone per lo svolgimento dell’attività.

Nel Registro il rappresentante di interessi inserisce e aggiorna settimanalmente l’agenda dei propri incontri con i decisori pubblici. Le informazioni contenute nell’agenda, devono essere in formato aperto e riutilizzabile nella parte accessibile al pubblico. Per ciascun incontro, il rappresentante di interessi fornirà anche la documentazione contenente proposte, ricerche e analisi eventualmente trasmessa in occasione dell’incontro o successivamente ad esso. È prevista una procedura attraverso la quale i decisori pubblici possono presentare un’istanza di opposizione all’inserimento delle informazioni che ritengono integralmente o parzialmente non veritiere nella parte del Registro ad accesso pubblico.

Domenico Megali

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