Bisogna ammetterlo: dopo l’ansia e l’emozione della serata alle OGR di Torino, l’attesa per la presentazione di Milano era di tono minore. La solennità, l’adrenalina, il “senso del momento” non potevano essere gli stessi. Ed in più non c’era l’effetto sorpresa: il velo coprente era già stato tolto dalla statua; l’Incontro era già tornato ed era già live ed on line da giorni.
L’orario prescelto era non proprio adatto alla calvinista Milano: le ore 12 di una tipica giornata milanese tutta frenesia, appuntamenti, riunioni. E come se non bastasse, c’era pure il “salone dei pagamenti” una coincidenza quasi comica se si pensa alla vocazione “free press” de L’Incontro.
Insomma, il rischio del flop aleggiava ed il numero dei partecipanti registrati non aiutava con l’ottimismo. “Speriamo che la sala sia piena…. In fondo sono solo ottanta i posti da occupare!”
La giornata era comunque bella, un bel cielo azzurro, ma non azzurrissimo: forse un segnale di cauto ottimismo, subito frustrato da un segnale opposto. Gli addetti al ricevimento delle persone al piano terra parevano non essere stati istruiti sull’evento. “Oddio, stiamo a posto”. In realtà c’era stato solo un momento di défaillance iniziale.
Certo, come primo impatto pare comunque esserci un’organizzazione ben diversa dalla presentazione di Torino, dove era schierata la migliore cultura militare sabauda: addetti ben istruiti, regole ferree di registrazione, educazione alle file, nessuna eccezione per chi non è in orario e per chi non ha seguito il programma. Chi non era registrato e non era in orario non è entrato, addirittura è rimasta fuori una troupe televisiva.
Alle 11,30 ancora poche persone; sarà colpa del traffico e della caotica Milano.
Il posto scelto è, però, magnifico, è emozione pura: luminoso, con una piramide di libri, intimo ed allo stesso tempo maestoso, come deve essere una libreria. Pensateci: anche la più grande e monumentale libreria diventa intimità, perché leggere è intimo ed i libri, le riviste sono intimi. Solo tu e loro.
Arriva il fondatore Bruno Segre, con il suo passo determinato ed il suo sguardo vivace e scrutatore.
Iniziano ad arrivare un po’ di persone e, per fortuna, anche degli amici…. ma la sala stenta a riempirsi. Allora, iniziamo a occupare le sedie davanti. Non bisogna lasciare spazi vuoti visibili. C’è Segre, c’è Gad Lerner, sono attese altre personalità, altre “star del pensiero”. Riccardo Rossotto è stranamente rilassato ed è comprensibile: il successo della presentazione di Torino è un antistress naturale. Stranamente non ha neppure pianificato sorprese o partiture, ma non bisogna illudersi: l’improvvisazione è dietro l’angolo.
La sala si è riempita, ma forse non del tutto.
Bene, si inizia ed inizia il “Miracolo a Milano”. Perché questa è una città che esprime magia, con il suo senso di accoglienza e di diversità: una città dove puoi vivere tutta la tua vita senza che nessuno ti chieda chi è tuo padre, ma che considera importante cosa fai. Fin troppo è importante cosa fai; la domanda più frequente è: “che lavoro fai” e diventa un problema se un lavoro non ce l’hai oppure hai deciso di fare un lavoro non remunerato come il “genitore”. Una città che vive sul “fare”, ma che ha voglia e bisogno anche di “pensiero” e di “pensare”.
La magia inizia perché con il racconto di Massimiliano Tarantino (il segretario generale della Fondazione Feltrinelli che ci ospita) ti accorgi che quell’edificio è una cripta del sapere, delle idee, della passione per la libertà e per il confronto, con tutti quei chilometri di libri e raccolte di Giangiacomo.
L’emozione cresce come una febbre tropicale. I racconti rapiscono l’attenzione dei presenti, la storia raccontata e divulgata da Riccardo crea il patos. I pensieri e le ragioni del perché “L’incontro” scaldano gli animi: senti che è qualcosa di importante, molto più importante di quanto pensassi e rinnovi l’orgoglio che hai sentito a Torino, qualche giorno addietro. Anche la replica milanese riesce ad esprimere il “senso del momento”.
Poi ti giri e ti accorgi che la sala è stracolma di gente, persone le più diverse, persone che non si conoscono tra loro, ma che sono state tutte attratte dalla voglia di avere “una nuova speranza”, “una nuova voce” e di “incontrarsi”.
Ed anche qui Milano continua nel suo miracolo: nella stessa sala ci sono “giri” (si tratta di un’evoluzione adulta, intellettuale e socioeconomiche delle “compagnie” dei tempi dell’adolescenza) diversi tra loro, tutti accomunati dall’essere borghesi e “radical chic”, in cerca di esserne anche orgogliosi. A proposito, grazie Gad Lerner per averci ricordato come quel termine non deve essere considerato un disonore, ma una responsabilità sociale. In quella sala c’è la ragione del “coraggio di una follia”. È una sala piena di incontri.
Ma non è finita: il “gigante” (Bruno Segre) chiede la parola e arringa la sala e fa il più bel discorso politico, di avvertimento e monito pronunciato negli ultimi anni, facendo alzare tutti in piedi in uno scrociante e spontaneo applauso. Il signor cento anni ha suonato la carica ed ha dato la più motivata ragione per esserci.
Insomma, anche Milano si è fatta contagiare ed ha saputo cogliere la sfida; una sfida di un paese che non si vuole arrendere a sé stesso.
Claudio Elestici