Alla fine degli anni ’50 /inizi ’60 si assiste ad una vera e propria rivoluzione in Africa, nel senso che i fermenti indipendentisti, già emersi alla fine della seconda guerra mondiale, trovano il loro sbocco immediato in una serie di Stati che ottengono l’indipendenza o che la otterranno a breve. È la fine del colonialismo, così come inteso almeno dalla seconda metà dell’800, tanto è vero che il titolo di un articolo de L’Incontro del settembre 1959 è appunto “L’Africa si emancipa”. Che cosa ci può dire?
Una delle caratteristiche fondanti de L’Incontro è sempre stata quella dell’anticolonialismo e quindi non si poteva all’epoca che salutare con favore questo nuovo vento dell’Africa, dopo anni di guerre, massacri, occupazioni, da parte degli Stati europei, di territori poveri e/o scarsamente abitati, ma con grandi ricchezze naturali.
Purtroppo per molti di questi Stati la liberazione è avvenuta solo in seguito ad ulteriori lutti e guerre cruentissime dapprima con lo Stato coloniale (basti pensare all’Algeria), e poi, negli anni successivi, con contrasti anche all’interno del Paese liberato: le lotte tra gli abitanti di uno stesso Paese sono spesso sfociate in stragi organizzate, a causa di contrasti etnici e/o religiosi (basti, anche in questo caso, ricordare quanto avvenuto tra tutsi ed hutsi in Uganda).
È ovvio che non possiamo ripercorre la storia di tutti gli Stati africani, che sarebbe comunque molto istruttiva per chi oggi continua a non capire che i “disperati” che varcano il mare non sono altro che la diretta conseguenza di anni di soprusi e di ruberie, non solo materiali, da parte degli Stati europei, a danno della stessa dignità dei popoli africani. Ci limiteremo quindi ad alcuni casi eclatanti che riguardano i Paesi delle ex-colonie italiane e l’Algeria, ex colonia francese. Iniziamo quindi dalle ex colonie italiane.
La vicenda, durata decenni, delle conquiste italiane per ottenere in Africa “un posto al sole”, come avevano già le altre nazioni occidentali, è una delle più vergognose del nostro Stato, spesso ad arte occultata e dimenticata.
Dalla fine dell’800 sino al 1943 non si contano i massacri compiuti dai nostri militari per conquistare terre inospitali, abitate da fiere popolazioni che si sono opposte al nostro dominio.
Basti pensare alle disumane operazioni compiute in Libia e poi in Etiopia da Graziani, del quale abbiamo già parlato in un nostro precedente colloquio.
Il castello di carte costruito dal fascismo in Africa e pomposamente denominato Impero, crollò poi abbastanza in fretta nel corso della seconda guerra mondiale, a causa delle nostre reiterate sconfitte, inflitte sia da parte dei nativi, sia da parte degli inglesi.
Ancor oggi paghiamo, come Stato, quella dura lezione della Storia, tanto è vero che da allora in poi il nostro ruolo in Africa diverrà del tutto irrilevante, come è ancor oggi.
In altri casi i tentativi di ottenere la libertà dai colonizzatori condussero a lotte per l’indipendenza che durarono anni, con dure repressioni da parte degli Stati coloniali, concluse nel sangue: paradigmatica è la vicenda dell’Algeria.
Che cosa avvenne?
La Francia aveva importanti basi in Africa, su buona parte delle coste che si affacciano sul Mediterraneo e su parte dell’Oceano Atlantico: per intenderci dalla Tunisia sino al Marocco, e poi sino al Senegal.
Anche l’Algeria faceva parte di questo dominio d’oltremare, ma a partire dal 1954 iniziò un conflitto tra l’esercito francese di occupazione e gli indipendentisti algerini, guidati dal Fronte di Liberazione Nazionale.
Il conflitto negli anni successivi si acuì al punto che da entrambe le parti, non si esitò a fare ricorso a torture, attentati, rappresaglie, uso di gas.
I ribelli per aumentare la posta, portarono il terrore nella stessa Francia, compiendo in varie città numerosi attentati.
Solo il 5 luglio 1962 gli algerini conquistarono l’indipendenza, con la perdita di rilevanti territori, in Africa, da parte della Francia che proprio in quegli anni aveva già dovuto subire gravi sconfitte militari nell’area del Vietnam, con la perdita delle colonie indocinesi.
Si può dire che gli anni 50/60 rappresentarono per gran parte dei Paesi africani l’alba di una sofferta libertà?
Certo ed è sorprendente, in positivo, come imperi coloniali di lunga durata crollarono in tempi rapidissimi, trasformando in modo irreversibile il continente africano, come risulta evidenziato dalla cartina riportata nella prima pagina de L’Incontro del settembre 1960, che recava le date di raggiungimento dell’indipendenza per i vari Paesi.
Il 1960 è stato davvero per molti di quei Paesi l’anno della liberazione da domini coloniali gretti e violenti, tanto è vero che, come ricordavo nell’articolo citato del settembre 1960, “in pochi anni la geografia politica dell’Africa è profondamente mutata” e l’elenco dei Paesi che avevano già ottenuto l’indipendenza era lunghissimo, mentre numerosi altri l’avrebbero ottenuta di lì a poco.
Va precisato che alla conquista dell’indipendenza non ha purtroppo fatto seguito, in alcuni Stati, un pari progresso economico e sociale, tanto è vero che tuttora persistono rilevanti sacche di povertà e di degrado, ma il colonialismo, nei suoi aspetti più brutali di dominio dell’uomo sull’uomo, è stato definitivamente debellato proprio in quegli anni.