L’editoriale del nostro Direttore mi sollecita alcune ulteriori riflessioni. Non esiste una legge elettorale ideale, la migliore in assoluto. In relazione agli obiettivi che si pone il Parlamento di ogni paese democratico e che quindi viene eletto dalla maggioranza degli elettori aventi diritto, lo stesso Parlamento sceglie la legge elettorale… O meglio, dovrebbe scegliere la legge elettorale che meglio rappresenta la cultura, le tradizioni, la storia di un Paese, privilegiando alternativamente o anche in modo concorrente, la rappresentanza ovvero la stabilità ovvero l’efficienza decisionale.

In ogni caso, la legge elettorale prescelta non dovrebbe mai, come invece, spesso accade, essere pensata e scritta soltanto da una parte politica che la disciplina nell’ottica di proteggere l’auspicato successo del proprio partito o della propria coalizione. Il Parlamento dovrebbe con maggioranze qualificate, non per obbligo ma per opportunità e scelta politica, votare il modello di legge elettorale che meglio rappresenti l’obiettivo posto.

Nella nostra storia italiana del dopoguerra, abbiamo sperimentato fino agli anni ’90 i pregi e i difetti del sistema proporzionale: massima rappresentanza di tutti i partiti, delicati problemi di stabilità ed efficienza dell’esecutivo. Dagli anni ’90, dopo Tangentopoli, abbiamo provato l’altro sistema, quello maggioritario, quello cioè meno rappresentativo ma che dà luogo a maggioranze ragionevolmente più stabili e più efficienti.

Sicuramente negli ultimi trent’anni abbiamo avuto un Paese governato da una politica bi-partitica e cioè un Centro Destra e un Centro Sinistra con tutte le altre sigle a rischio di estinzione o con l’obbligo di coalizzarsi. Tutto ha funzionato più o meno bene fino a quando lo scenario politico non si è modificato facendo emergere una terza forza, il Movimento Cinque Stelle, che ha evidenziato tutte le criticità (proprio come sta succedendo in Francia) di un modello fondato sul maggioritario che però, al termine della consultazione elettorale, presenta tre forze politiche sostanzialmente alla pari, con tutte le conseguenti difficoltà di individuare una coalizione tra le tre forze dominanti.

Con il rischio, come abbiamo sperimentato anche nel nostro Paese, di governi che alternano alleati diversi con una delle tre forze che essendo l’ago della bilancia, rimane il perno della maggioranza governativa (i Cinque Stelle alleati prima con la Lega e poi con il PD): i risultati non mi sembrano siano stati così eccitanti!

Credo, personalmente, che proprio alla luce di cosa è accaduto in Inghilterra e in Francia in quest’ultimo weekend (pensate che a leggi elettorali invertite probabilmente i Laburisti non avrebbero vinto e sicuramente Marine Le Pen avrebbe raggiunto il suo sogno di avere la maggioranza del Paese) il tema italiano non sia tanto quello del Premierato (per ora portato avanti con un testo di legge che presenta diverse criticità sia costituzionali sia proprio di efficienza del sistema) sia quella di studiare una legge elettorale che da un lato rappresenti in maniera adeguata la diversificazione storica e ideologica della cultura ed educazione di noi italiani e dall’altro valorizzi soprattutto le esperienze negative di tutti i vari modelli elettorali scelti nell’ultimo trentennio non nell’ottica di fare gli interessi del Paese, ma con l’obiettivo di fare gli interessi di un partito o di una coalizione.

Un’ultima considerazione comunque: un bel problema quello della legge elettorale, è vero! Però significa che la democrazia funziona, vive, permette a tutti anche nel dopo elezioni (pensiamo alle immagini stupende delle varie piazze di Parigi che rappresentavano le tre forze vincenti… O perdenti di questa anomala tornata elettorale, tutte festanti e tutte grate di poter esprimere le proprie diverse e a volte opposte opinioni) di esercitare il diritto di voto, di manifestare la propria opinione, di contestare dialetticamente le idee degli altri… Dopo averle ascoltate, senza violenza, senza minacce, senza pressioni … soltanto con il confronto politico.

Non dimentichiamoci mai, nella complessità della nostra attualità, come sia molto meglio vivere le difficoltà di una democrazia come stiamo vedendo nella nostra zoppicante Europa che non la linearità, senza contrasti e senza discussioni delle autarchie come la Russia, la Corea del Nord, la Cina e l’Iran. Godiamocela questa democrazia che non ci fa sicuramente invidiare la vita che conducono i russi, i coreani del nord, i cinesi e gli iraniani. Probabilmente, come diceva Churchill, la democrazia non è il miglior sistema in assoluto … “Ma non ne conosco uno migliore”.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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