Una delle imprese più interessanti compiute dal “MOSSAD” (Istituto per l’intelligence e i Servizi speciali) di Israele fu quella effettuata in più riprese tra il 1984 e il 1991 per portare a salvamento in Israele gli “ebrei neri” dell’Etiopia che erano confinati nei campi profughi del Sudan.
Uno scambio tra uomini e bombe
L’impresa si svolse attraverso cinque operazioni successive che permisero la liberazione di oltre 20.000 di questi ebrei, noti come “Falasha”, “0lim” o “Beta Israel”, Casa di Israele. Per comprenderne la motivazione, occorre ricordare il contesto storico nel quale esse ebbero a verificarsi. In Etiopia, dal 1930 era al potere l’Imperatore Hailé Selassié, che venne deposto nel 1974 a seguito di una rivolta popolare. Questa era stata sostenuta da militari dell’esercito ma soprattutto da componenti del “Derg” (“Consiglio”) di ispirazione marxista-leninista. Nel 1977 ne divenne Presidente il capo del Derg, Mariam Menghistu, che instaurò nel Paese un violento regime dittatoriale (“Terrore rosso”) caratterizzato da una feroce repressione dei suoi oppositori, ebrei compresi. Il Governo di Israele in quella circostanza riuscì a ottenere da Menghistu, nel 1981, clemenza per il suo popolo e il permesso del suo trasferimento nel Sudan in compenso di una fornitura di armi che servivano all’Etiopia impegnata al momento in una guerra contro la Somalia per il possesso della regione dell’ Ogaden.
Il trasferimento dei Fratelli
All’epoca vivevano in Etiopia circa 25.000 “falashà”, 5.000 dei quali passarono in Sudan e vennero confinati in campi profughi di Gerdaef e di Cassala nel sud del Paese. E’ da questi campi che, nel 1982, ebbe inizio la prima operazione per il trasferimento di quei “falasha” in Israele che ebbe nome in codice “BROTHERS” (fratelli). In precedenza e in previsione della necessità di dover provvedere al trasferimento di quegli ebrei in Israele, nel 1980 il “Mossad” aveva affittato nel villaggio di Arous nel sud del Sudan un vecchio albergo dismesso, affacciato sul Mar Rosso e l’aveva trasformato in un Hotel di lusso chiamandolo “Red Sea Diving Hotel” per ospiti danarosi.
Veloci, efficienti e silenziosi
Di giorno nell’hotel si svolgevano attività ludico sportive per i clienti e, di notte, vi giungevano, in camion coperti, i “falashà” provenienti dai campi profughi. Di qui essi erano portati a un punto di imbarco sulla costa, con la motivazione di esercitazioni di clienti alla pesca notturna. Imbarcati su gommoni della Flottiglia di incursori della Marina militare israeliana “Shayetet 13” giunti in loco nascostamente,i “falashà” erano portati all’aereoporto di Port Sudan da dove partivano per Israele con aerei C 130 della Compagnia aerea israeliana EL AL che vi facevano scalo regolare. Complessivamente l’0perazione “Brothers” riuscì a portare in patria 2.100 “falashà” con 11 voli.
In collaborazione con gli USA
La seconda operazione di evacuazione di “Beta Israel” etiopici dal Sudan verso Israele (nome in codice “MOSES” (“Mitza Moshe”) si svolse tra il novembre 1984 e il gennaio 1985. In quegi anni una tremenda carestia aveva colpito l’Etiopia, così che 9.000 “falashà” locali cercarono riparo nel vicino Sudan che li accolse confinandoli in campi profughi. Gli stati arabi chiesero subito al Governo sudanese di respingere i “Beta Israel” dal suo territorio. Per questo motivo il “Mossad”, prese contatto con l’Ambasciata U.S.A. a Khartoum (capitale del Sudan) e con una Compagnia aerea belga (T.E.A. Trans European Airways) che aveva voli diretti settimanali Bruxelles/ Khartoum. Questi voli erano stati istituiti nel 1980 per consentire agli arabi dell’Europa di raggiungere facilmente la Mecca per i loro pellegrinaggi. Furono 8.000 i “falashà” che lasciarono i campi profughi col tacito permesso del Governo sudanese e, giunti nella capitale, vennero nottetempo imbarcati a scaglioni su un aereo Boeing 737 della T .E.A. che, in 4 settimane, con 30 voli successivi, li portò in Israele con scalo intermedio a Bruxelles.
Hercules in the night
La terza operazione evacuativa (nome convenzionale “JOSHUA” Giosuè o “SHEBA” Saba) venne condotta a termine dagli israeliani in una sola notte, il 22 agosto 1985. Entro le ore 22 sei aerei da trasporto Hercules 190 della I.A.F. (Israeli Air Force) atterrarono in stretta successione all’aereoporto sudanese Al Qadarif ove erano stati fatti segretamente confluire nei giorni precedenti i 1.000 “falashà” etiopici che non era stato possibile far partire con l’operazione “MOSES”. Tutti i sei aerei decollarono rapidamente uno dopo l’altro entro le ore 06 del giorno successivo e giunsero tutti all’aereoporto israeliano di Ovda, 60 km a nord di Eilat entro le ore 15.00.
Una sorpresa per tutti
Restavano in Etiopia ancora 14.500 “olim” ed essi vennero prelevati nel 1991 con una quarta operazione nominata convenzionalmente “SOLOMON” (Salomone). Questa ebbe luogo in considerazione della situazione politica che era venuta a determinarsi all’epoca in Etiopia. Nel mese di maggio di quell’anno, il Presidente Mobutu era stato esautorato da una rivolta sostenuta da ribelli eritrei che avevano preso il potere nello Stato. Nel timore che gli eritrei si rifacessero contro i “falashà” ancora presenti in Etiopia, per l’aiuto che il Governo israeliano aveva fornito a Mobutu nel 1981, il Mossad si attivò per evacuarli. Nella sera del 24 maggio 24 aerei C 130 della I.A.F. e 10 aerei cargo della EL AL, atterrarono uno dopo l’altro all’aereoporto di Bole ad Addis Abeba (capitale dell’Etiopia) sorprendendo le Autorità etiopiche che non intervennero. Nel giro di 36 ore questi aerei imbarcarono tutti i “falashà” che, nei giorni precedenti, erano stati fatti confluire discretamente nelle vicinanze dell’aereoporto, e li portarono a quello Sde Dov di Tel Aviv entro le ore 15 del giorno successivo. Fu una operazione eccezionale. In un certo momento della notte fra il 24 e il 25 maggio si trovarono in volo contemporaneamente 28 aerei che si incrociarono in rotte di andata e ritorno da e per i due aereoporti. Durante questi voli , a bordo di due aerei si verificarono anche due parti.
Nulla è lasciato al caso
Nel mese di dicembre 2020 una nuova Operazione (denominata “TZUR ISRAEL”, ”La roccia di Israele) completò le precedenti portando in Israele dall’Etiopia i famigliari dei “falashà” che già vi erano giunti. Questa operazione venne supportata ufficialmente dal Governo israeliano tramite la Ministra dell’immigrazione e dell’integrazione Pnina Tanara-Shata e l’Agenzia ebraica (Direttore Doron Almoy) previ accordi non ufficiali con il Governo di Addis Abeba. Il 10 dicembre 2020 un aereo Boeing 727 della Compagnia aerea Ethiopian Airlines partì dall’aereoporto etiopico di Gondar ove si erano radunati 2.000 “falashà olim” e ne portò 220 a quello di Sde Dov di Tel Aviv. Da quel giorno il Boeing compì altri nove voli Gondar/Tel Aviv e ritorno portando tutti i restanti “olim” in Israele entro il 6 marzo dell’anno successivo. L’Operazione “TZUR” si concluse il 13 marzo 2921 allorchè, con un unico volo Gondar/Tel Aviv di un Boeing 727 della Ethiopian Aerlines vennero portati dalla Etiopia in Israele gli ultimi 300“falashà olim” etiopici.
Gustavo Ottolenghi