L’Archivio Storico della Città di Torino gode di un meritato prestigio per la ricchezza delle collezioni e del materiale documentario sulla storia subalpina, nonché per la esemplare organizzazione di mostre interne su varie tematiche locali.

Sino all’inizio del prossimo maggio sarà visitabile la mostra dedicata alla guerra, alla persecuzione antisemita e alla Resistenza. Manifesti murali, fotografie di palazzi bombardati e di eventi pubblici, oggetti d’uso comune durante gli anni di guerra, la vita quotidiana nelle scuole e nelle famiglie, bacheche sovrastate da video a colori, materiali superstiti alle rovine belliche offrono un quadro realistico dell’epoca fascista, dei costumi popolari e delle vicende urbanistiche.

Il 12 aprile, nella cosiddetta “Notte degli Archivi” (aperti a fini culturali quelli del Polo del 900, del Museo del Risorgimento, del Museo di Antropologia criminale, dell’Accademia di agricoltura, dell’Armeria Reale, dell’Università di Torino, del Politecnico, della Fondazione della Compagnia di San Paolo, della Reale Mutua, del Centro Studi Sereno Regis, del Museo del Risparmio, del Centro di Produzione della RAI-TV, dei Tram storici) l’Archivio Storico della Città di Torino ha organizzato dalle 18,30 alle 23 una serie di incontri cominciati con un dibattito fra il prof. Borsa (Archivio Cinematografico della Resistenza), la prof. Acciarini, l’avv. Segre e il dott. Servadio alla presenza di un foltissimo pubblico di studenti, alcuni dei quali sono intervenuti per illustrare ricerche scolastiche sul nazifascismo. Poi è stato proiettato il documentario sull’edificazione degli stabilimenti FIAT Mirafiori (regia di Mario Gromo) e infine, ad esemplificare le musiche vietate dalle dittature nazifasciste, l’esecuzione di un concerto dedicato a Mendelssohn.

Precedendo queste iniziative, l’Archivio Storico della Città di Torino ha pubblicato il corposo volume (285 pagine): “Torino tra leggi razziali e Resistenza Civile” a cura di Maura Baima, Luciana Manzo, Fulvio Peirone, che documenta la persecuzione fascista degli ebrei inserendo contributi di Primo Levi, Carlo Angela, Bruno Segre, Lucio Servadio, il testo del “Manifesto della razza”, il censimento degli ebrei, l’espulsione dalla scuola, l’esclusione dalla società, la precettazione al lavoro, i registri dello Stato Civile del Comune che contengono i dati anagrafici degli ebrei (generalità personali, ascendenti, luogo e data di nascita, professione, stato civile, residenza, familiari, coniuge e figli se ebrei o misti non ebrei, eventuale “discriminazione”).

L’interesse principale del volume si concentra nella pubblicazione per la prima volta degli “elenchi della vergogna”. Sono grossi registri comunali che contengono in cinque rubriche, parte manoscritta e parte dattiloscritta, gli elementi anagrafici relativi agli ebrei residenti.

Il censimento della popolazione italiana iniziò nel 1861 proseguendo con un ritmo decennale. Orbene per la prima volta nella Storia d’Italia il Ministero dispose, attraverso la neonata Direzione Generale per la Demografia e la Razza (definita comunemente “Demorazza”) un censimento straordinario limitato alla popolazione ebraica residente in Italia. I lavori per il censimento cominciarono il 22 agosto 1938, partendo dal presupposto che gli ebrei fossero diversi dai connazionali.

La Demorazza inviò a tutti gli ebrei presenti, italiani e stranieri, altrettante schede in cui venivano minuziosamente elencati i quesiti per una completa identificazione. Il censimento si basava sui registri disponibili presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma e presso altri Archivi locali. La registrazione centralizzata mediante schede personali fu accompagnata da richieste di informazioni formulate con stupefacente pedanteria dalle stazioni di Polizia locale.

 

Analizzando la composizione del censimento si distinguono tre elenchi: quello degli ebrei, quello degli ebrei figli di matrimonio misto non ebrei, quello degli ebrei residenti occasionali.

Da questi elenchi si ricava che a Torino gli appartenenti alla “razza ebraica” erano 4.124 e 625 discriminati, gli ebrei misti non ebrei 1.190, i residenti occasionali 44 e quelli provenienti da altri Comuni 1.097.

Il loro valore storico è importante perché la documentazione della Comunità ebraica torinese è andata in buona parte perduta a causa del bombardamento aereo effettuato dagli Alleati il 20 novembre 1942 (che danneggiò anche la sinagoga).

Questi tre volumi, consultati durante gli anni di guerra dai gerarchi fascisti per allontanare dalla vita civile ogni ebreo, servirono sino al 25 luglio 1943 per destinare i giovani ebrei a lavori stradali in sostituzione del servizio militare e, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, per consentire alla Polizia tedesca di catturare e deportare gli ebrei nei lager della morte.

Negli elenchi del censimento figurano alcuni dei cognomi più famosi della Torino dell’epoca quali lo scrittore Primo Levi, la scienziata Rita Levi Montalcini, il chirurgo fondatore del CTO Simone Teich Alasia, lo scrittore Dino Segre (Pitigrilli).

A dimostrare l’assurdità del mito razzista esiste il caso di una famiglia (Segre) in cui da padre ebreo e madre cattolica nacquero due figli, già iscritti alla Comunità ebraica, ma poi battezzati e quindi dichiarati ariani ed un terzo figlio mai iscritto alla Comunità ebraica e senza religione, qualificato ebreo!

Il libro è ricchissimo di materiale iconografico: fotografie, manifesti, lettere, copertine della rivista “Difesa della razza”, diploma di “Giusto fra le Nazioni”, schede microfilmate, elenchi elettorali, cartoline, circolari della Prefettura e dell’Intendenza di Finanza, vignette satiriche antisemite, cronache giornalistiche, ecc., costituiscono un’antologia di immagini significative, un repertorio che illumina il percorso della persecuzione conclusa con la deportazione nei lager (7.171 le vittime italiane dello sterminio e di esse circa 700 quelle provenienti da Torino). Perciò il libro risulta veramente degno di essere letto e meditato.

Bruno Segre

Bruno Segre

Avvocato e giornalista. Fondatore nel 1949 de L'Incontro

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