L’Incontro del novembre 2012 celebrava le elezioni presidenziali degli U.S.A. con il titolo: “La vittoria di Obama – Garanzia di progresso”. Prima di esaminare il risultato ottenuto vorrei ripercorrere con Lei le ragioni di questo successo, che veniva a confermare quello della precedente elezione del 2008.
In effetti è opportuno partire da quella fondamentale elezione del 2008, nella quale, dopo otto anni di presidenza del repubblicano Bush, i democratici furono in grado di primeggiare, eleggendo un senatore di colore, divenuto così il primo Presidentre afroamericano.
Va notato che tutto il Partito democratico si era espresso in modo favorevole alla sua rielezione e non vi erano stati quindi contrasti interni sulla sua candidatura (come poi avverrà nel 2016 con la candidatura di Hillary Clinton).
E cosa ci può dire sul suo rivale, lo sconfitto repubblicano Mitt Romney?
Il Partito Repubblicano confidava molto in questo mormone che aveva coagulato attorno a sé (anche grazie ad una raccolta fondi straordinaria) i classici elettori repubblicani e cioè i maschi bianchi, mentre le donne, gli asiatici, gli ispanici e gli afroamericani hanno confermato il loro voto al candidato democratico.
Come riferiva L’Incontro “nonostante avesse raccolto un sacco di donazioni finanziarie, nonostante la disoccupazione dell’8%, la ripresa economica lenta, la politica estera insoddisfacente, la maggior povertà del Paese rispetto a quattro anni fa, la diminuita affluenza alle urne, il mormone Romney non ha vinto. Le sue “gaffes”, le sue posizioni a favore della classe ricca, i suoi motti di cattivo gusto (“Non vogliamo finire come l’Italia”), la sua opposizione alla riforma sanitaria ed alle altre innovazioni e manovre economiche promosse da Obama lo hanno isolato“.
Orbene, nel suo primo discorso, Obama ha comunque mostrato rispetto per lo sconfitto e per i suoi elettori, “evocando anzitutto la figura del Presidente Abramo Lincoln quando disse che bisognava “perfezionare l’Unione” cioè chiedere all’America, ferita da schiavitù e guerra di secessione, di “costruire la casa comune”.
La rivincita dei “maschi bianchi” non si sarebbe fatta attendere e sarebbe arrivata con la successiva elezione, nel 2016, di Donald Trump. Che cosa ne pensa?
L’elezione a sorpresa di Trump è assimilabile al successo che ebbe a riportare anni fa, nel nostro Paese, Berlusconi, un “outsider” senza alcuna precedente esperienza politica.
Nonostante Trump fosse il campione del sessismo e del razzismo, oltre che di un successo imprenditoriale basato su rilevanti dubbi in merito alla sua onestà fiscale, i cittadini preferirono lui ad una donna, Hillary Clinton, moglie dell’ex Presidente Clinton e persona di grande competenza, in quanto Segretario di Stato durante la presidenza Obama.
Le sue posizioni reazionarie su temi sensibili quali le armi, l’ambiente, la lotta all’ISIS, la sanità e soprattutto sui migranti, vennero premiate dai cittadini, nonostante queste parole incredibili: “Costruirò un grande muro sul nostro confine meridionale e farò sì che sia il Messico a pagare per quel muro”. La sua rimarrà nella Storia come una delle peggiori presidenze degli USA e il mancato riconoscimento della propria sconfitta elettorale, alle successive elezioni del 2020, addirittura con la rivolta dei suoi elettori più estremisti, e l’assalto al Campidoglio, rappresenta una ferita nella vita democratica degli USA difficile da rimargin