La scorsa settimana abbiamo pubblicato il primo di una serie di articoli dedicati a quanto successe a Torino tra le settimane immediatamente precedenti la fine della guerra civile e gli ultimi giorni di aprile. Le vicende sono narrate da Riccardo Rossotto, che, oltre a essere il nostro editore, è un apprezzato storico. Il Corriere della Sera nell’edizione torinese pubblica ogni settimana un “capitolo” di questa tragica e fondamentale storia. L’incontro ne propone di volta in volta, una versione più ampia e completa. Buona lettura

Milo Goj

 

Nella scorsa puntata, attraverso la testimonianza diretta di uno dei più autorevoli comandanti partigiani che operavano nel torinese in quei primi mesi del 1945, Carlo Mussa Ivaldi, abbiamo potuto capire l’importanza della stampa clandestina per il supporto alla lotta armata e ai suoi ideali. I giornali dei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale, rigorosamente vietati e messi all’indice dal regime, costituivano infatti l’unico “microfono” aperto con i cittadini esterni all’organizzazione partigiana.

Erano l’unico strumento mediatico, da un lato, per tenere informata l’opinione pubblica che la lotta contro il nazifascismo era in atto e che comunque, nella complessità, l’organizzazione della resistenza era presente e proattiva nel combattere la polizia fascista e i tedeschi; dall’altro lato, i giornali e i volantini costituivano una vera e propria spina nel fianco per le autorità locali, mettendo in mostra le loro carenze, beffeggiando il loro autoritarismo velleitario, smontando quell’aura di sopraffazione vincente che i neofascisti tendevano ad attribuirsi. Vediamo dunque come era organizzata e soprattutto diffusa la stampa clandestina in quella Torino presidiata dai nemici e quali fossero le difficoltà e i rischi quotidiani che correvano i gestori di tale mezzo di informazione. Ci aiuta in questo compito uno dei protagonisti di quella cruciale ma rischiosissima attività editoriale, Franco Venturi. Nato a Roma nel 1914, Venturi è stato professore dell’università di Torino.

Durante la resistenza, fu uno dei membri del movimento Giustizia e Libertà che si ispirava ai valori del Partito d’Azione. Aveva iniziato la sua attività giornalistica nel 1933, collaborando al settimanale denominato proprio “Giustizia e Libertà” promosso e coordinato da Carlo Rosselli. Venturi vi teneva una rubrica dal titolo “Stampa amica e nemica” con dei commenti sia sulla stampa fascista sia su quella internazionale, con dure e accurate critiche contro la politica del regime e contro quella sostanziale collaborazione della Chiesa con tutte le dittature fasciste europee.

Allo scoppio della guerra, Franco Venturi cercò di raggiungere la famiglia che intanto si era trasferita negli Stati Uniti. Fu però arrestato in Spagna e detenuto in cella per quasi un anno. Fu poi consegnato alle autorità italiane nel marzo del 1941 e incarcerato alle Nuove di Torino. Qui rimase fino al 25 luglio del ‘43, alla caduta di Mussolini, quando poté rientrare a Torino ritrovando i vecchi compagni del Partito d’Azione, Giorgio Agosti, Dante Livio Bianco, i fratelli Alessandro e Carlo Galante Garrone.

Continuò la sua opera di editore e giornalista curando la redazione del giornale “L’Italia libera” occupandosi direttamente della distribuzione clandestina di quel foglio. Uscirono nove numeri di quella rivista dedicati soprattutto agli scioperi nelle fabbriche torinesi e alle iniziative dei partigiani in Piemonte e in città. In un libro edito a Torino in occasione del 30º anniversario della resistenza, il 25 aprile 1975, dal titolo “Torino contro il fascismo”, Venturi ci fornisce una fotografia completa e accurata dei protagonisti della stampa clandestina in città in quegli ultimi mesi del conflitto.

Venturi consiglia innanzitutto la rilettura di quei fogli: “Chi guarda oggi quei fogli ha ancora netta la sensazione di che cosa voglia dire voler vivere, pensare ed agire quando Torino era “sotto la forca”, per riprendere la dicitura di un disegno che sta al centro del numero d’agosto del 1944 della edizione piemontese dell’Italia libera… Una visione d’assieme della stampa torinese della Resistenza che voglia essere dunque qualcosa in più di un puro elenco o di una antologia, potrà aversi soltanto quando verranno evocate le iniziative e le realizzazioni di tutte le forze politiche che parteciparono alla lotta”.

Venturi sottolinea subito la ricca e diversificata stampa del Partito Comunista e delle formazioni garibaldine: uno sforzo organizzativo e una capacità di penetrazione che “Il partito seppe dimostrare in tutti i settori della guerra di liberazione”. Venturi cita anche “Il grido di Spartaco” una testata giornalistica torinese di estrazione comunista che già dal titolo evoca la ribellione degli schiavi nei confronti della Roma imperiale. Una testata che rappresentava il tentativo di dar vita ad un foglio che potesse tenere insieme le diverse generazioni dei comunisti, sia gli anziani sia i giovani che si stavano avvicinando alle brigate Garibaldi.

A Torino circolavano anche fogli degli altri partiti del CLN. Testate storiche, tipo L’ Avanti per i socialisti e L’Opinione per i liberali “Quasi a simboleggiare – scrive Venturi – l’intenzione di riannodarsi al mondo che aveva preceduto la dittatura. Ma questo sguardo verso il passato non era in realtà espressione di un desiderio di restaurazione. A ben guardare era evidente come la guerra di liberazione faceva sorgere nuovi fermenti e nuove impostazioni politiche e come ovunque si affermavano, con maggiore o minore energia e capacità, i valori di tutta la resistenza”.

Venturi, come detto, fu l’ispiratore e il gestore del rilancio, subito dopo l’8 settembre del ‘43, del supplemento regionale piemontese del “Italia libera” il foglio collegato al Partito d’Azione. Abbiamo visto che riuscì a realizzarne nove numeri e quello del gennaio del 1945 aveva un editoriale con il titolo “Guerra, rivoluzione e ricostruzione”, sintetizzando brillantemente i tre termini cruciali del problema italiano che si intrecciavano con continuità in tutta l’implementazione del pensiero politico del Partito d’Azione.

I nove numeri furono stampati in parte a Torino e in parte nelle zone occupate dai partigiani con un trasporto clandestino in città, malgrado i blocchi, il coprifuoco, le perquisizioni. I singoli numeri raggiunsero anche una tiratura di 10.000 copie, un miracolo in una città blindata dalle forze di polizia del nazifascismo. Proprio nell’ottica di far conoscere il proprio pensiero (il Partito d’Azione era stato costituito proprio in quegli anni della lotta antifascista ed era poco conosciuto ai più) gli editori di Italia libera realizzarono anche una serie di opuscoli denominati “I Quaderni dell’Italia libera” che approfondivano i temi fondamentali per l’Italia del futuro: la fine della guerra, il ruolo dello Stato, il socialismo, la libertà “di quel domani insomma che la resistenza stava creando giorno per giorno”.

L’esperienza di questi opuscoli monotematici fu estremamente positiva e riscontrò il consenso di un numero sempre maggiore di torinesi. Così si stamparono anche dei saggi che spiegavano cosa fosse il Comitato di Liberazione Nazionale, o cosa significasse organizzare la resistenza per ottenere una vittoria contro il regime. Venturi ricorda che uno dei quaderni portava il titolo di “Federalismo ed autonomia” ed era stato scritto da uno degli uomini simbolo della battaglia per le autonomie locali: Emilio Chanoux, torturato e ucciso proprio poche settimane dopo aver terminato quel saggio.

Oltre a Chanoux, le copertine dei Quaderni dell’Italia libera riportavano i nomi del “Pantheon” di riferimento del Partito d’Azione: Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Carlo Rosselli: “Non si volle soltanto ricordarli – scrisse Venturi – ma continuare a discutere con loro, ascoltando quello che essi, con il loro pensiero, il loro esempio, continuavano a dare ai combattenti per la libertà”. Questi quaderni costituirono sicuramente il maggior sforzo editoriale degli uomini del Partito d’Azione in Piemonte e a Torino. Il problema del trasporto di grossi quantitativi di stampa era enorme, a volte irrisolvibile. Eppure, si riuscì a fare arrivare in città anche le copie dei quaderni di Giustizia e Libertà, provocando a volte l’arresto e la morte dei trasportatori. C’era poi tutta una stampa di tipo militare che aveva il compito di informare i torinesi sugli scontri armati che si svolgevano nelle montagne e nelle colline del Piemonte, facendoli partecipare all’evento finale della liberazione.

Venturi ci racconta anche un aneddoto che vale la pena riportare: una staffetta fascista con un rapporto dello Stato Maggiore di Graziani fu bloccata e sequestrata da una formazione partigiana. Portava al comando tedesco l’ennesima richiesta di aiuto e allegava come prova del bisogno, un’analitica descrizione dell’attività, l’armamento, lo spirito aggressivo e le azioni dei combattenti della libertà. “Pensammo – ricorda Venturi – che sarebbe stato un peccato non far conoscere ai torinesi questo documento. Fu infatti stampato in città, in modo tale da farlo apparire come una pubblicazione ufficiale della Repubblica Sociale Italiana.… ovviamente si aggiunse in fondo al testo la dicitura ‘a cura delle formazioni G.L.!’.

Quella confessione di Graziani sulle sue preoccupazioni rispetto all’incrementarsi della forza delle brigate partigiane e della sua paura di non farcela ad arginarle scatenò entusiasmo e partecipazione da parte dei lettori. Le autorità furono costrette a darsi un gran d’affare per il resto della giornata nel cercare di rastrellare sistematicamente tutte le edicole per sequestrare quel documento esplosivo e molto significativo. “Un episodio tra mille della multiforme e variopinta vita della stampa clandestina durante i venti mesi” chiude così il suo ricordo Franco Venturi di un’epoca tragica e pericolosa ma probabilmente irripetibile per entusiasmo, sogni e possibilità di raggiungerli.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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