Adesso bisogna saperli spendere!
Sembrerà paradossale ma il problema dell’Italia è sempre stato e lo è ancora quello di non essere capace a valorizzare le risorse finanziarie potenzialmente a disposizione del nostro paese nel bilancio europeo.
Con il Recovery Plan, denominato poi in modo suggestivo e visionario New Generation Plan, il tema diventa ancora più sfidante.
Avremo a disposizione uno stock di risorse finanziarie mai visto prima e che probabilmente non avremo mai più in futuro.
Una parte a fondo perduto, una parte da restituire.
Ma… c’è un “Ma” grande come una casa, nel regolamento di questo straordinaria pacchetto economico-finanziario, approvato finalmente dopo tante polemiche e veri e propri scontri a Bruxelles nei giorni scorsi: bisogna (i) predisporre i progetti per l’utilizzo dei fondi entro due mesi; (ii) rimanere nel perimetro delle guide lines condivise a livello UE; (iii) spendere i soldi deliberati in stretta correlazione con i progetti approvati, rispettandone termini e condizioni.
Beh… ci mancherebbe! Potrebbe dire qualcuno.
Sono le condizioni standard da rispettare quando si usano denari non propri ma di una comunità più vasta che ce li regala o comunque impresta.
La sfida per l’Italia è quella di smentire i dubbiosi membri dell’UE, che non credono più al fatto che il nostro Paese rispetti gli accordi, usi davvero quell’enorme stock di risorse finanziarie per fare quelle riforme tante volte promesse e mai realizzate negli ultimi trent’anni, da tutti i governi che si sono succeduti nella “stanza dei bottoni”.
Fare le riforme, ridurre il debito, sbloccare i cantieri delle grandi opere, “digitalizzare” tutto il Paese, ridurre l’evasione fiscale, sono temi facili da individuare, complessi da risolvere … come ben sappiamo.
Ci giriamo intorno da anni, prendendoci in giro a vicenda (le riforme si fanno se tutti noi cittadini ne siamo convinti e consapevoli: significano sacrifici, rinunce, riduzioni di privilegi!) tutti noi pro quota dobbiamo far parte di questo programma, al di là delle sanzioni o delle penalizzazioni.
Se no, sarà l’ennesimo, forse l’ultimo bluff senza concludere nulla.
Peggiorando soltanto una situazione globale già deteriorata.
Personalmente non mi sono “simpatici” i “Paesi Frugali” ma non posso addebitargli tutti i torti.
Come si fa a fidarsi di un Paese, come il nostro, che da trent’anni non cresce, aumenta il debito, sperpera denaro pubblico, promette a ogni cambio di governo, di qualsiasi colore esso sia, di voler invertire la rotta e mettere mano finalmente alla grande riforma… ma poi si inchioda alla prima protesta di piazza di una delle tante corporazioni toccate dalla necessità di fare sacrifici e rinunce?
La vera sfida oggi, per l’Italia, è tutta qui!
Sarà la volta buona?
Lo speriamo tutti, credo. Nutro però dei dubbi e spero tanto di essere smentito.
Vorrei che Conte affrontasse fin da subito una priorità di metodo, un presupposto fondamentale per vincere questa sfida: costruire un team di specialisti, che al di là dell’indirizzo politico del programma di interventi che deve essere di esclusiva competenza della maggioranza parlamentare del momento (auspicabilmente la più larga possibile!), sappia scrivere prima i progetti, poi le misure di attuazione, in modo corretto, adeguato al lessico europeo e alle best practice in materia.
Il diavolo sta nei dettagli: il proverbio vale anche e soprattutto in questa occasione.
Il “freno a mano” e cioè la possibilità per la Commissione Europea di bloccare l’erogazione dei fondi, anche già deliberati, esiste e, giustamente, sarà utilizzata.
Questa volta non possiamo fallire: non dobbiamo fare i creativi, dobbiamo semplicemente scrivere i progetti, stare dentro il perimetro voluto da Bruxelles, individuare le misure di attuazione più efficienti e poi adottare delle condotte coerenti, facendo anche in modo che questo stock di risorse economico-finanziario mai visto, non finisca nelle tasche delle organizzazioni malavitose.
Riccardo Rossotto