Ritorniamo a esaminare le vicende del nostro Paese che nei primi anni ‘90 ha subito una serie di trasformazioni profonde. Trasformazioni che ancora oggi forse sono sottovalutate. Mi riferisco alla fine della Prima Repubblica e del suo sistema di potere basato sui Partiti che sono stati tutti, chi prima chi dopo, travolti dai colpi della lotta alla corruzione.
Il titolo, a tutta pagina, del n. 2 de L’Incontro del 1993 recava il titolo “Tangentopoli: una rivoluzione”. Con il seguente sottotitolo. “L’Italia inquinata dalla corruzione di pubblici amministratori, politici e imprenditori. Inquisiti per le tangenti ministri, segretari di Partito, deputati, senatori. Danneggiata dagli illeciti l’economia nazionale. La magistratura punendo i responsabili ripristina lo Stato di diritto e la fiducia nella democrazia. Occorrono riforme istituzionali per risolvere la grave crisi della Repubblica”. Ce ne vuole parlare?
Il ‘repulisti’ di Milano si estese a macchia d’olio
In effetti, a partire dalle indagini su un sistema di tangenti che vedeva quale suo capo Mario Chiesa, socialista, Presidente del “Pio Albergo Trivulzio” di Milano, si è assistito ogni giorno ad arresti “eccellenti” . E inoltre al coinvolgimento di imprenditori, uomini politici, di vario livello, dai semplici portaborse. Sino alle più alte cariche dello Stato ed addirittura di magistrati. Furono coinvolte tutte le istituzioni. Dai Comuni alle Province, dalle Regioni agli organi dello Stato, nonché le più importanti società pubbliche e private.
Le indagini si estesero addirittura all’estero. “In quanto dietro il paravento degli aiuti di emergenza al Terzo Mondo, sottratti alle normali procedure di controllo, si verificarono accordi (e pagamenti di tangenti) tra i vertici del Ministero degli Esteri e le imprese che provvedevano alle forniture o effettuavano lavori all’estero“.
L’Incontro sopracitato proseguiva così. “Un sistema di potere corrotto viene demolito in tutto il Paese perché il “repulisti” di Milano si è ora esteso in ogni regione e non passa giorno senza che TV e giornali non annuncino arresti clamorosi e svelino vergognose speculazioni dei “comitati di affari” fra leaders dei Partiti per dividersi le tangenti. Il potere, radicato da 40 anni in un regime che non ha avuto ricambi. Si è disgregato dall’interno, senza risparmiare i personaggi più illustri dalle accuse di corruzione, concussione, finanziamento illecito di Partiti o addirittura di concorso in attività di stampo mafioso”.
E quale fù la reazione dei cittadini?
Il sistema, forse, si era retto per molti anni proprio perché larghi strati di cittadini, direttamente o indirettamente, erano beneficiati da questo sistema di corruzione. Che non significava solo denaro, ma anche posti di lavoro mercanteggiati, assunzioni di personale chiaramente incompetente ma “disponibile” a farsi guidare nella direzione e nell’amministrazione di pubbliche istituzioni, ma anche di società private?
Crollo la fiducia nei partiti e nelle istituzioni
La fiducia dei cittadini nei confronti dei Partiti e delle istituzioni pubbliche crollò in pochissimo tempo poiché vi era la prova che i rappresentanti eletti dal popolo erano assai più interessati a farsi gli affari propri e/o del Partito, che quelli degli italiani.
L’Incontro riferiva che “si è calcolato, nel corso di varie inchieste documentatissime, che il fatturato di Tangentopoli si aggiri sinora sui 150 mila miliardi negli ultimi 10 anni; dunque una media di 15 mila miliardi all’anno finiti nelle casse dei Partiti”. Oltre al puro danno diretto dello Stato c’erano danni rilevantissimi a carico di imprese pubbliche o controllate dal settore pubblico per ottenere appalti o altri benefici.
E infine tangenti agli amministratori di Comuni, Province, Regioni o di aziende private per ottenere licenze edilizie, concessioni abusive o favori di ogni genere. L’opinione pubblica, già scossa da questi avvenimenti, non ha quindi esitato a far sentire la propria voce allorchè il Governo ha proposto di evitare il carcere a chi aveva preso soldi illegalmente per finanziare i Partiti. Tanto è vero che il Presidente della Repubblica Scalfaro si rifiutò di firmare il Decreto Legge che avrebbe consentito tale ingiustificato trattamento di favore.
Nonostante tutto, la chiusura dell’articolo de L’Incontro era improntata al mantenimento della fiducia, da parte dei cittadini, nel futuro. ”Se dopo questa bufera di scandali vi sarà la volontà politica di risalire la china, sicuramente il Paese potrà salvarsi come è avvenuto dopo l’8 settembre 1943. Non mancano gli onesti, disposti a lavorare insieme, nella fiducia e nella solidarietà, per il bene comune, per un’Italia libera e democratica”.
Alessandro Re