Qui a Bruxelles incominciano a crederci sul serio. Dallo scetticismo si sta passando alla fase dell’attenzione. Dopo la prima riunione a Copenaghen, con solo 15 Stati presenti, il progetto sembrava fallito prima di partire: invece dopo la conclusione del summit a Gedda, con la presenza di 42 Paesi, compresi quasi tutti quelli che sinora si erano schierati sul fronte della neutralità del conflitto ucraino, le speranze di una pace possibile sono in aumento. La Peace Formula, così è stato denominato il piano di pace proposto da Zelensky, inizia a riscuotere i primi consensi a livello delle diplomazie internazionali. Si è concluso nella serata di domenica il vertice di Gedda, in Arabia Saudita, dove sono stati fatti dei passi in avanti importanti per una soluzione della crisi russo-ucraina.
La grande novità, secondo le indiscrezioni che trapelano da ambienti diplomatici europei, consiste nell’aver superato, almeno in linea di principio, l’indisponibilità di Kiev ad iniziare una negoziazione con la Russia fino a quando non si fosse completata la liberazione dei territori occupati dagli eserciti di Putin. La Russia, unico grande Paese assente al summit, sin da quando Zelensky presentò al G20 in Indonesia, nel novembre del 2022, il suo documento per la pace, manifestò il suo totale dissenso, respingendo al mittente la proposta ucraina. Kiev – disse pubblicamente il Ministro degli Esteri russo, Lavrov – deve prima accettare l’annessione russa delle regioni del Luhansk e del Donetsk a est e quelle di Kherson e Zaporizhia a sud.
Non se ne fece nulla, ma oggi la situazione “sul campo” è diversa. E, soprattutto, e qui sta a nostro avviso la vera novità di questo momento, il promotore del tavolo negoziale è un certo Mohamed bin Salman, il primo ministro arabo che, come ha dimostrato negli ultimi tempi, vuole a tutti i costi accreditarsi e accreditare all’Arabia Saudita un ruolo centrale nelle nuove geo-mappe mondiali. Avevamo, provocatoriamente, definito, in un precedente contributo su questa testata, MbS il Talleyrand del terzo millennio in quanto il trentasettenne figlio primogenito del re Salman, a capo del governo di Riyad dal 28 settembre 2022, pur accusato in un rapporto dell’ONU del 2019 di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, negli ultimi mesi aveva dimostrato un attivismo diplomatico inusuale, di grande rilievo mondiale. Aveva, soprattutto, pubblicizzato il suo piano strategico per l’Arabia Saudita (Saudi Vision 2030) con la costituzione di un fondo sovrano da duemila miliardi di dollari americani e con il lancio di progetti di investimento nel settore petrolifero, nel turismo e nell’intrattenimento, soprattutto sportivo.
L’Arabia di MbS si è, poi, recentemente candidata al prossimo Expo, dove sta gareggiando con Roma; ha, inoltre, in programma importanti candidature anche a livello sportivo per le prossime Olimpiadi e i Mondiali di calcio. Al di là delle sue risorse economiche praticamente “illimitate” (basta vedere come stia creando una vera e propria bolla nel mercato dei calciatori attratti da ingaggi “a cui non si può resistere”!), l’Arabia di MbS mira a diventare una superpotenza anche politica. MbS ha ufficialmente sdoganato, nel silenzio generale, la figura del dittatore siriano Assad, denominato “il massacratore dei siriani”, riammettendolo nella comunità internazionale con un solenne invito a partecipare, dopo oltre dieci anni di esclusione, all’ultimo summit dei paesi musulmani organizzato proprio in Arabia alcuni mesi fa. La prima uscita pubblica internazionale del dittatore di Damasco.
Nell’ultimo weekend, a Gedda, MbS è riuscito a portare tutto il mondo che conta: gli occidentali, i Brics e l’Ucraina, proprio per dare un ulteriore segnale di centralità del ruolo dell’Arabia nel mondo post-guerra. Unico grande assente, come detto, Putin. Mbs ha dunque offerto l’opportunità a Zelensky di presentare a un consenso di altissimo livello la sua Formula per la Pace e la platea, ampia e diversificata, stanca del conflitto e desiderosa per mille motivi di trovare una soluzione al conflitto in corso, ha mostrato attenzione, interesse e fiducia nel piano di pace ucraino.
Ripercorriamo, seppur in sintesi, i dieci punti del piano Zelensky, così come sono riportati nel suo playbook in rete. La premessa del documento è dettata dal suo scopo: “Garantire una pace completa, giusta e sostenibile in Ucraina e assicurare la sicurezza globale”. Nel contenuto si chiede la ricostituzione nell’integrità territoriale dell’Ucraina, con il ritiro delle truppe russe, la totale cessazione delle ostilità e il ripristino della giustizia. Un punto del percorso immaginato da Zelensky è quello di individuare misure mirate ad evitare o arginare una possibile futura aggressione. Si richiede, inoltre, il rilascio dei prigionieri di guerra e delle persone espulse, inclusi i bambini deportati in Russia come ormai accertato dallo stesso Consiglio Europeo. Uno dei punti principali della Peace Formula è dedicato al tema della sicurezza nucleare puntando alla rimessa in sicurezza della centrale di Zaporizhia. Il paper ucraino dedica anche uno spazio alla questione ambientale con particolare riferimento allo sminamento del territorio e al ripristino degli impianti di trattamento delle acque. Si prevede, infine, la garanzia delle esportazioni di grano dell’Ucraina nel mondo
La pregiudiziale posta da Zelensky sull’inizio di una trattativa di pace soltanto al momento della liberazione da parte dei russi dei territori occupati militarmente, sembrerebbe, al momento, superata. Ed è proprio su questa constatazione-speranza che Bruxelles inizia a credere nella possibilità di riuscita del piano di Zelensky. Non si tratta più di un velleitario sogno di un paese vittima di un’aggressione illecita ma di un percorso condiviso da oltre 40 Paesi del mondo “che conta” verso la pace. Il lavoro sarà lungo e irto di difficoltà ma da Gedda, per la prima volta, esce una speranza concreta e condivisa per proseguire il dialogo sulla base del Peace Formula del presidente ucraino. Da oggi iniziano a lavorare gli sherpa della diplomazia mondiale per “mettere le gambe” ai principi del documento elaborato dal presidente ucraino.
Zelensky ha immaginato tre tappe: la prima, quella già svolta a Copenaghen, che doveva tracciare il perimetro delle varie questioni in ballo. La seconda, quella conclusasi da poche ore a Gedda, che doveva servire a capire il possibile consenso di un numero rilevante di Paesi del mondo. La terza, con il compito di “mettere a terra” i principi condivisi a Gedda, da tenersi prima della fine di quest’anno in un luogo accettato da tutti i partecipanti. E su questo punto, MbS si è già candidato ad essere l’organizzatore di questo terzo, fondamentale summit. I prossimi sei mesi saranno dunque decisivi per capire se stiamo sognando o se, invece, stiamo avvicinandoci alla pace. Nelle foto ufficiali MbS sorride sornionamente. Sogna di far diventare Gedda e l’Arabia Saudita il simbolo di una possibile pacificazione che lo renderebbe definitivamente il principale protagonista del nuovo mondo.