Le Lofoten, “piede di lince” in lingua locale, sono un arcipelago della Norvegia, con oltre 24 mila abitanti, che si trova a circa 200 km dal circolo polare artico, con un clima caratterizzato da temperature relativamente miti grazie all’implacabile corrente del Golfo. Sono considerate un ottimo punto di osservazione per le aurore boreali e per ammirare il fenomeno del sole di mezzanotte. Nel caso nostro, tutto è cominciato il 21 agosto, grazie a una fotografia scattata qui da Roberto Tosetti. E partendo da questa immagine, inviata in una sorta di bottiglia nell’oceano digitale, ci sono state restituite 15 brevi, affascinanti e diversissime storie di amici scrittori.

Oggi ultima tappa!

I doverosi ringraziamenti vanno a:
Ago per la sorpresa del dialogo tra due scaricatori,
Cristiana per il bilancio condiviso di una vita -la sua-,
Nick per un racconto giallo tra servizi segreti, Libia, Svizzera e uccisioni varie ( e chissà se la mia traduzione è stata all’altezza),
Claudio per la sorpresa di una polenta servita lassù,
Franco per lo stoccafisso alla ligure, ma rigorosamente con le olive taggiasche,
Arturo che ci ricorda la storia e il legame tra le Lofoten e il Veneto, dove è arrivato lo stoccafisso ( a Sandrigo per l’esattezza, citato recentemente anche dal Financial Times in un articolo). E infine un grazie sincero ai 9 amici delle puntate precedenti ! Buona lettura, e buon appetito !

Ps. Oggi naturalmente polenta e stoccafisso !

1 – Isole Lofoten, lunedì 21 agosto, ore 22:35…

(un dialogo tra due ragazzini scaricatori di barche da pesca, negli anni precedenti la seconda guerra mondiale )

Mi fa male la schiena.
Ci credo, su e giù tutto il giorno sul moletto a scaricare kveite e torsk.
Mi hanno detto che il freddo gli tagliava le mani, che quando Eskil è caduto in mare Jakob e Kåre non riuscivano a tenere la corda, le dita non reagivano, che lo vedevano sempre più lontano ma le loro mani non erano in grado di aiutarlo.
Che senso di impotenza.
Ora sembra tutto così calmo.
Vuoi una tazza di te?
Grazie, è buono.

Mi piace quando il lavoro finisce. Rimane nell’aria il suono dei gabbiani e la puzza degli stoccafissi che si seccano al sole.
Gli uomini tornano a casa.
Jørgen ha un figlio nuovo.
Suo?
Smettila…

L’anno prossimo mi imbarco anche io.
Io ho ancora un anno, poi tocca anche a me.
Infondo siamo come contadini del mare, quando arriva la stagione si parte, si pesca, sangue alcol bestemmie, buio, si torna.
Ogni anno qualcuno muore, piangiamo poi ricominciamo.
Ci troviamo una donna, che abbia pazienza, che diventerà vedova giovane, che si risposerà.

Questo è un posto feroce.
Bello però.
Come fai a dirlo, non sei mai stato lontano da qui.
A me piacciono quelle rocce, Pål e Morten mi hanno detto che le cercavano con gli occhi, in mezzo a onde gigantesche, che a volte si immaginavano di scorgerle, che così stavano tranquilli, pensando che erano vicino a casa.

(Ago Panini)

2 – Isole Lofoten, lunedì 21 agosto, ore 22:35…

Sono sempre stata attratta dal mondo, da bambina abitavo in un piccolo paese, ho imparato a leggere sulle targhe delle automobili, poche, che passavano davanti a casa mia. Seduta, sola, sul muretto consultavo un’agenda con le sigle delle province italiane. Allora le targhe iniziavano con TO, MI, PA, VE…
Il trasferimento in città, in un appartamento, mi tolse la gioia di girovagare in libertà e mi buttai a fantasticare sul mappamondo.
Mi appassionai alla geografia e amai da subito lo studio delle lingue straniere.
Ho avuto una bella vita, piena, soddisfacente, ricca.
Ho avuto molto doni.
Sono nata nella buona parte del mondo, in una famiglia giusta, ho avuto intelligenza e bellezza, ho studiato, lavorato, viaggiato.
Ho conosciuto il mondo e ogni esperienza che ho vissuto ha contribuito a formare il mio carattere e la mia personalità.
Sono stata protagonista entusiasta della mia vita e della vita intorno a me.
Ho cambiato casa e vita e amore molte volte.
Ora so che il mio tempo è passato, non mi sento più protagonista ma spettatrice della mia vita e del mondo.
Basto a me stessa, non ho più bisogno di nulla.
Vivo sola in una piccola casa isolata sul fiordo.
Leggo, rifletto, medito, assaporo la gioia della vecchiaia, della solitudine, della ricchezza delle esperienze e dei pensieri accumulati negli anni, di tutte le persone che ho incontrato che hanno contribuito al mio divenire quella che sono.
Qui la luce in casa è spesso accesa, mi affaccio nel blu e mi conforta la luce della casa dall’altra parte del fiordo.
So che all’occorrenza Ingrid e Olaf sapranno cosa fare.
Morirò felice.

(Cristiana Gatto)

3 – Isole Lofoten, lunedì 21 agosto, ore 22:35…

Lasciava sempre la porta aperta per sentire il silenzio.
L’odore del nulla.
Lo aveva apprezzato fin dai primi giorni da quando lo avevano portato lì.
Sapeva che sarebbe stato il momento di partire quando di notte le luci nella cabina dall’altra parte sarebbero state accese.
Era davvero lì da 44 giorni ormai?
Il suo riflesso nello specchio ha mostrato un miglioramento dei lividi e dei tagli sul viso e sul corpo.
Non poteva nascondere il vuoto nei suoi occhi.
Il vuoto che lo aveva portato lì.
Il vuoto che arrivò nel momento in cui se ne andò.
Si allontanò con disprezzo dallo specchio.

Uscì dal bagno, attraversò il salotto e raggiunse la terrazza, poi lentamente si avvicinò al bordo e si sedette.
Si era abituato al freddo dell’acqua.
Si era allenato per gli estremi.
Era l’oscurità a turbarlo.
Riusciva a malapena a distinguere il suo riflesso nell’oscurità.
Bastava solo un po’ di luce proveniente dalla sua stanza per aiutarlo a distinguere le forme dell’isola intorno a lui.
Alto, imponente, impenetrabile, meditabondo.
Caratteristiche con cui potrebbero averlo etichettato.
Non oggi. Mai più. Non da…

Si era trattato di un unico proiettile alla testa.
Solo un rivolo di sangue che le era scorso lungo il viso.
Assassinata il giorno del loro matrimonio.
Lo sapeva l’assassino . Sapeva che lui avrebbe cercato vendetta.
Sapeva che non avrebbe avuto pace finché non fosse stata vendicata.
Gli ci erano voluti tre anni.
Tre anni della sua vita. Le finte dimissioni dal Servizio. Tre anni di omicidi per conquistare la fiducia nell’ombra, portandolo da lui.
Era riuscito a raggiungere Damasco per via diplomatica.
I tecnici l’avevano chiamato in un altro modo, ma in pratica era arrivato dentro un maledetto sacco in un baule.
È stato lasciato nel rifugio dei ribelli. Ha dato loro la bomba.
Loro dovevano semplicemente metterla nella stanza.
Mentre lui era nell’edificio di fronte con il fucile.
Aveva bisogno di un colpo perfetto per distruggere lo spesso scudo della bomba, a prova di proiettile.
In precedenza era stato un freddo esecutore.
Ma quel giorno c’era solo odio in lui .
È stata questa rabbia a fargli perdere di vista l’allarme perimetrale.
La luce rossa d’allarme era nel suo campo visivo, raggiungibile con il suo sguardo.
Ma la sua vista era offuscata dalle lacrime, mentre guardava il corpo dilaniato dalle munizioni del fucile di grosso calibro.

Ricordava solo il colpo alla nuca. Svegliarsi in una cella.
Funzionari della sicurezza siriana gli hanno urlato contro, lo hanno picchiato e usato macchinari di tortura .
Ancora adesso poteva sentire la punta del trapano penetrargli nella spalla.
Tre giorni di interrogatori estremi.
Ha detto loro perché.
Non aveva nulla e nessuno da proteggere.
Non gli credevano.
Tre giorni finché l’esplosione del drone distrusse l’edificio.
Una detonazione precisa, per colpire la parte superiore dell’edificio ma lasciare intatta la parte sotterranea.
Poi è stato caricato nel baule di una berlina.
Di nuovo dentro un altro maledetto sacco .
Si svegliò giorni dopo in Svizzera. Tubi ovunque.
E poi sono arrivati qui in barca.
Lo hanno lasciato solo a riprendersi.
Aveva ottenuto la sua vendetta ma non sentiva nulla.
La sua vita era finita con lei.

Si versò un bicchiere di vodka.
La bevve liscia.
Si alzò, fece una pausa momentanea.
Poi si è tuffato.
Appena entrò nelle acque gelide e scure vide la luce dell’altra stanza entrare nel suo campo visivo.

(Nick Gill)

4 – Isole Lofoten, lunedì 21 agosto, ore 22:35…

La polenta è la polenta.
Lui ovunque andasse si portava un sacchetto di farina di mais macinata a pietra, un po grezza e grossa che comprava in una valle dove gli piaceva passare.
Lei sapeva che lui era fatto così.
Un po coi suoi riti, le sue ombre leggere dietro e sotto uno sguardo senza fine .
Ma sempre con molti fini.
E quindi figuriamoci quando si è messo a far bollire l’acqua anche lì, ha ricavato un mestolo da un ramo e pazientemente ha iniziato il rito. La polenta. La più lenta.
Un mescolare metodico .
Lento e inesorabile.
Anche lì.
Su quell’isola che il mais non l’ha mai visto.
Prima in senso orario,quando nel paiolo tutto ribolle come in un vulcano.
Poi da sopra a sotto e da sotto a sopra man mano che prende consistenza.
Guarda fuori.
Quelle montagne si tuffano nel mare ma per lui è come se scendessero in una valle.
Il fuoco deve essere vivace.
Lei gli si avvicinava.
Lo lambiva.
Si faceva lambire da quel movimento che non era solo di braccio.
Era di tutto.
Era tutto un annuncio.
Annuncio di attenzione .
Metodo. Cura. Desiderio.
Presto si sarebbero stretti nel volo fino al lungo sospiro.

(Claudio Zucchellini)

5 – Isole Lofoten, lunedì 21 agosto, ore 22:35…

Una luce alle Lofoten.

Più che alle Lofoten, calde isole nel nord del mondo, pareva di passeggiare sulla luna.
«Vieni, andiamo a fare due passi» aveva detto l’amica norvegese, l’atmosfera è magica e tra poco dovrebbe esserci l’aurora boreale. Vedrai che bello: c’è la grande montagna che domina il golfo, il paesaggio è già seminascosto dall’imbrunire e le luci vivide delle case rompono la prima oscurità.
C’era un silenzio totale, incrinato soltanto dal rumore dei nostri passi sul tavolato, come si fosse sulla tolda di una nave.
Poi, avvicinandosi a una casupola, rossa come tutte, cominciarono ad arrivare delle voci.
Due, di un uomo e di una donna. L’amica norvegese sorrise, poi cominciò a tradurre.
«È un maleducato. Prendere l’impegno e poi annullarlo all’ultimo momento» diceva la donna.
«Che cosa vuoi farci?
Sono artisti…» rispose consolatoria la voce maschile.
«Ma quali artisti. Sono sicura che Edward Hopper sarebbe venuto. Abbiamo preparato tutto così bene. Il quadro è perfetto!».
«Vorrei ben vedere. Con quello che ci è costato l’architetto delle luci…».
«Ma non è un fatto di soldi».
«Non lo sarà, ma l’architetto e l’elettricista le corone le hanno volute. Anche in svart betaling… in nero. E noi le abbiamo pagate».
«Non c’entra. È la mancanza di rispetto. Avevamo concordato tutto, l’immagine, la luce, l’ispirazione a Hopper. Tutto. E lui fa il difficile, arriva fino al pontile e fa dietro front. È un maleducato. E poi la motivazione: “perché non sopporto l’odore – lui ha detto puzza – di stoccafisso…
Ma si può?
Per il tempo di fare qualche fotografia, ben pagata, non può sopportarlo?».
«Dài, non te la prendere. A noi piace, e vedrai che piacerà anche agli ospiti della nostra isola».
«Sì, è vero. Meno male che ci sono loro. Gli italiani, specialmente».
«Loro amano molto i nostri paesaggi».
«È incredibile. Hanno il bello dentro. Con tutto quello che hanno in Italia, dal Colosseo al Rinascimento, da Verdi a Puccini…» elencava la voce femminile, interrotta dall’uomo.
«…dalla Ferrari alla Maserati, da Fellini a Sorrentino…».
«Sì, anche loro. Con tutto il bello che hanno vanno a cercare le altre bellezze del mondo. Come le nostre tiepide Lofoten».
«È vero. Hanno buon gusto. Anche se poi litigano sul mettere o no le olive nello stoccafisso…» concluse la voce maschile.
Si sentirono le voci ridere tacendosi.
Mentre ci allontanavamo, con l’amica norvegese sorridemmo. Giusto in tempo per sentire ancora la flebile voce della donna.
«Tu lo preferisci con le olive?».
«Ja, men bare med Taggiasca-oliven»
Sì, ma soltanto con le olive taggiasche.

(Franco Fiorucci)

6 – Isole Lofoten, lunedì 21 agosto, ore 22.35…

Arriviamo a Rost, oltre il circolo polare Artico, che è giusto l’ora di coricarsi ma al mattino seguente, al momento della colazione, si può chiacchierare.
Ci chiedono da dove veniamo e raccontiamo che siamo delle parti del festival di Sanremo e del principato di Monaco.
Quelli dell’albergo sono curiosi sul Veneto, non tanto su Venezia che conoscono bene ma soprattutto per la zona di Vicenza visto che tra un paio di settimane, tra il 14 e il 25 di settembre, andranno a Sandrigo a ricambiare la visita alla pro loco.
Alla reception c’è affissa una locandina che annuncia la festa del baccalà che si svolgerà nelle piazze di Sandrigo, città gemellata con Rost; tra noi turisti italiani, nessuno ha notizie precise di questo paese.
Ci vuole tutta la giornata a mettere insieme i pezzi di questa storia, aiutandoci con gli smartphone per tradurre e cercare informazioni.
Dopo un giro sull’isola di Rostlandet e dintorni, a pranzo continuiamo a parlare; Io che sono nato e cresciuto nell’osteria della nonna racconto la ricetta ligure dello stoccafisso e bacilli che era tra i piatti più facili, assieme al coniglio da uccidere al momento, quando non avevamo il frigorifero.
Poi parte il coro stonato della canzone genovese dei Trilli:” t’ho dito che t’a prepari / o stocchefisce e bacilli / a gorgonzola co-i grilli / e un bottigion de vin bon.”
Arrivati alla sera sappiamo quasi tutto di quella storia romanzesca.
Siamo nel 1431 e Venezia, che è la regina del Mediterraneo, percorre i mari con le sue navi.
Un armatore carica la nave Querina di vino malvasia e spezie e parte da Creta verso le Fiandre.
Il viaggio dei sessantotto uomini di equipaggio a causa del maltempo diventa drammatico e la nave subisce gravi danni che la fanno vagare alla deriva appena uscita da Gibilterra.
Il viaggio si allunga, le scorte diventano insufficienti, la nave è ingovernabile, finisce a nord dell’Irlanda, con le vele strappate e disalberata.
Dopo dodici giorni, c’erano già ventisei morti, “sepolti” in mare con zavorra perché non tornassero a galla.
I superstiti proseguirono divisi su due scialuppe di salvataggio.
Toccarono terra in Norvegia si gettarono a mangiare la neve che sembrò manna per i naufraghi.
Ai primi di gennaio del 1432 gli ultimi sedici marinai dell’equipaggio finiscono sugli scogli delle Lofoten dove li accolgono i pescatori di Rost che li ospitano per circa quattro mesi nelle loro case in legno come fossero di famiglia.
Quando, dopo più di un anno dalla partenza, i superstiti tornarono a Venezia, portarono con sé il primo carico di stoccafisso che avevano “scoperto” nelle isole Lofoten che diventerà uno dei cibi prediletti dei Veneziani.
Adesso il gemellaggio tra Rost e Sandrigo si spiega.
Finita la vacanza, oltre a questa storia, mi porterò a casa l’immagine di una roccia a forma di panettone, di un piccolo Corcovado, che sta alle spalle di Rost e che è la prima terra che i superstiti della Querina probabilmente videro dopo molti giorni alla deriva, nel loro viaggio di sei secoli fa.

(Arturo Viale)

Fine

Eraldo Mussa

eralmussa@gmail.com

 

Discussione

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *